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R Recensione

6/10

Agent Side Grinder

Alkimia

Che gli anni ottanta siano tornati prepotentemente di moda è sotto gli occhi di tutti, le città sono piene di ragazzi vestiti come dei punk londinesi, giubbini di jeans e Dr. Martens ai piedi , abbigliamento e trucchi eccessivi, accostamenti di colore esagerati; per alcuni questo stile è ritenuto molto kitch e trash, per altri invece un bagliore di energia e vitalità.

Il fascino degli anni ottanta non ha risparmiato nemmeno la sfera musicale con tanti gruppi che stanno riportando in auge suoni fatti di sintetizzatori e drum machine, come ad esempio i Trust, i Bear in heaven e appunto gli Svedesi Agent Side Grinder.

Con Alkimia, uscito da pochi giorni per l’etichetta Progress Productions, i nostri propongono una miscela di sonorità post punk e sinth pop con venature wave e kraut rock. Suoni campionati e sintetizzatori creano ritmiche metalliche e compulsive che a volte prendono derive industrial come in Last rites, in altri derive più propriamente pop come in New dance.

Il pezzo che da l’avvio all’album è Into the wild, un potente giro di basso in stile Cure dell’album Faith fa da contraltare a tastiere elettroniche che producono scenari labirintici e spigolosi.

Riff accattivanti e coinvolgenti accanto a suoni sinth-pop, a metà strada tra gli A-ha e i New Order, caratterizzano Giants Fall per il pezzo più mainstream dell’album.

In alcuni brani scimmiottano spudoratamente i Depeche Mode, come in Void, sensuale e delicata ballad arricchita dalla voce baritonale di Kristoffer Grip, in alucni momenti sembra di ascoltare Dave Gahan in persona.

Un effetto sonoro simile ad un registratore di cassa, quasi come in money dei Pink Floyd, scandisce For the young. Atmosfere decadenti e malinconiche rendono questo pezzo uno dei migliori di Alkimia.

Ritmi ossessivi e trascinanti che lambiscono la techno caratterizzano Hexagon, mentre In This is us le tastiere disegnano visioni eteree alla Joy Division per un pezzo nel complesso convincente, non a caso è stato scelto per il lancio di Alkimia.

Nonostante avesse tutte le carte in regola per far breccia nel mio cuore, il post punk è tra i generi che più adoro, questo lavoro non mi ha convinto pienamente; troppi scopiazzamenti e rimandi eclatanti a pietre miliari del genere, senza una sufficiente rivisitazione in chiave personale, non rendono Alkimia un lavoro da annoverare tra le migliori uscite del momento.

Il lavoro risulta eccessivamente manieristico a discapito di una maggiore creatività e libertà compositiva. Dopo i primi ascolti che affascinano per un immediato impatto sonoro poi non rimane molto, così come accade per quei film che vedi con grandi aspettative ma che dopo qualche giorno non ricordi più nemmeno il titolo.

Forse davvero non si esce vivi dagli anni ottanta.

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