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7,5/10

Kiasmos

Kiasmos

Tra le uscite discografiche più interessanti di quest’ultimo periodo c’è sicuramente l’omonimo album di debutto dei Kiasmos.

La band formata dall’Islandese Ólafur Arnalds  e dal compositore Faroese Janus Rasmussen , propone un progetto di elettro-dance minimale di rara bellezza.

Ólafur Arnalds è tra gli esponenti  più eminenti del filone ambient modern classical, mentre Janus Rasmussen, già membro dei Bloodgroup, fa dell’elettronica il suo cavallo di battaglia.

L’album presenta pertanto due anime, quella più intimista e passionale di Ólafur e quella più razionale e dance di Janus, che riescono però a fondersi perfettamente in un lavoro solido e armonioso.

Quando ho ascoltato il disco per la prima volta sono stato letteralmente rapito dalle sonorità d’avanguardia dai tratti eterei ed ipnotici, iniziando  un viaggio tra paesaggi artici e lande desolate.

Si parte con la raffinata Lit, che mescola in modo esemplare atmosfere cosmiche e rarefatte con battiti techno dance.

Ovattata e sensuale risulta invece Held, che grazie  ad una lenta e delicata prova pianistica di Ólafur Arnalds e ad un violoncello in grado di creare un pathos davvero commovente risulta uno dei pezzi migliori dell’album. A seguire troviamo Looped, che al solito pianoforte magistralmente accennato da Arnalds fa da contraltare un’elaborata base elettronica per un risultato che difficilmente potrà lasciare indifferenti.

Notturna e visionaria risulta Thrown, che parte lenta e ipnotica per sfociare, in un crescendo di intensità, in un trionfo di archi e tastiere sublime e coinvolgente.

La traccia che più mi ha entusiasmato però è la decadente Bent,  che grazie a riff ripetitivi e graffianti  e ad un ritmo potente e pulsato fatto di sintetizzatori e drum machine sembra provenire da una discoteca oramai in rovina.

Dello stesso tenore è la nevrotica Burnt, distorta techno dai risvolti  post-industriali che chiude col botto questo lavoro sorprendente.

L’album nel complesso risulta raffinato, gelido e caratterizzato dal fascino nordico; alcuni passaggi riescono a trasmettere un senso di purezza e armonia mentre altri restituiscono una forte irrequietezza e malinconica rassegnazione. 

La tensione emotiva che si avverte per l’intera durata del disco deriva dall’abilità dei nostri per aver saputo immortalare ed esprimere in musica attimi fugaci ed irripetibili di pura poesia, come un fotografo che solo dopo innumerevoli tentativi riesce a catturare lo scatto perfetto.

Se l’obiettivo dei nostri era quello di riuscire a dare un’anima alla solitamente fredda e razionale elettronica, beh devo dire che grazie alla loro sensibilità fuori dal comune hanno davvero colto nel segno, riuscendo nella difficile impresa di trovare la perfetta alchimia tra passione e razionalità.

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Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
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rubiset 7,5/10
creep 7,5/10
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