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R Recensione

7/10

Ulver

Messe I.X-VI.X

Un lavoro commissionato dalla Casa della Cultura di Tromsø, con la cooperazione di importanti istituzioni nazionali come l’Artic Opera e la Philarmonic Orchestra, e già portato in scena dagli Ulver con il supporto della Tromsø Chamber Orchestra nel Settembre 2012: questo è ciò che ascoltiamo in “Messe I.X-VI.X”, ad un anno di distanza da quella performance, dopo lunghi mesi di rimaneggiamenti in studio. Molti sono gli elementi che sono stati convogliati in questa incredibile, straniante, immanente esperienza di ascolto. La band ha dichiaratamente esposto i punti cardinali della propria ispirazione in questa nuova avventura: “La Sinfonia N.3 di Gorécki, la Sinfonia dei Canti Lamentosi, Gustav Mahler e Gustav Holst, i collage sonori di band come When e Nurse with Wound, il krautrock e i sintetizzatori degli anni '70, Ash Ra Tempel e “Autobahn”, le colonne sonore pop degli Eighties, John Carpenter e “Tin Drum”, Terry Riley, San Giovanni della Croce”. Insomma, ce n’è di carne al fuoco.

L’amore per Gorécki è fortemente condiviso anche dai Godspeed You! Black Emperor, che nel brano Moya tributano un evidente omaggio alla Terza Sinfonia. E già che ci siamo, anche se cambiano le coordinate geografiche, ricordiamo i Lamb che intitolarono con il nome del compositore polacco uno dei loro singoli di maggior successo (era il 1997 e l’album era quello di debutto).

Ole Alexander Halstensgård, Kristoffer Rygg, Jørn H. Sværen e Tore Ylwizaker hanno espanso i confini della propria formazione fino a renderla un vero e proprio ensemble, incorporando Martin Romberg che ha arrangiato la musica per i 21 strumentisti della Tromsø Chamber Orchestra e i talentuosi musicisti Ole-Henrik Moe (piano) e Kari Rønnekleiv (violino). Con questi numeri ci rammarichiamo un po’ meno per l’assenza di Daniel O’Sullivan (anche deus ex machina dei Mothlite) e Christian Fennesz.

Sappiamo come agli Ulver stia a cuore la sola coerenza che si rivela attraverso la volontà di dare discontinuità ai manifesti sonori, cercando di evolvere linguaggi musicali sempre nuovi, o quantomeno differenti, ad ogni capitolo della propria discografia. Avanguardia, elettronica, metal, ambient, psichedelia, progressive, folk, drone, trip-hop sono solo alcune delle tante etichette con le quali si è provato ad inquadrare la strana creatura artistica che risponde al nome di Ulver.

Pur fedeli al loro ostinato procedere, in questo nuovo opus si rinvengono tematiche espressive in qualche modo già emerse, con pieno vigore, lungo il percorso della loro storia. Sono gli scenari ad essere mutati.

Glamour Box sembra una strana alchimia fra Terry Riley e Hans Zimmer (viene addirittura in mente la colonna sonora de “Il Codice Da Vinci”). Alcune tracce (Son Of Man e Mother Of Mercy) paiono invece ricollegarsi – nelle loro sezioni più minimali – alle diafane sinfonie di “Shadows Of The Sun” (2007) e a quanto sviluppato in “Wars Of The Roses” (2011): la voce oscura ed evocatrice di Rygg si staglia solenne sulla densa matassa emotiva che lenta scorre come un fiume sotterraneo: Mother Of Mercy sa fa vibrare – con toccante intensità – corde profondissime, mentre Son Of Man con la sua suggestiva coda orchestrale, scandita da rintocchi di synth, sa invece regalare prolungati fremiti dell’anima. Le rappresentazioni sacre della Cristianità si sposano alla perfezione con le dolenti epifanie proprie delle ambientazioni alle quali gli Ulver si richiamano: forse in passato non l’avremmo mai detto, ma oggi il lessico “avanguardistico-contemporaneo” scelto per “Messe I.X-VI.X” getta una luce inattesa - seppur sempre fuggevole e ombrosa –  su territori che fino a ieri avevamo differentemente codificato come parte integrante dell’ancestrale paganesimo sonoro dei Norvegesi. Noche Oscura del Alma – il titolo è quello dell’opera del grande poeta e mistico cristiano Giovanni della Croce, al secolo Juan de Yepes Álvarez – è un disturbante astratto quadro monocromatico che rimanda tanto agli esperimenti dello Scott Walker più “scomodo”, quanto agli arazzi ascetici di David Sylvian e Holger Czukay. L’iniziale As Syrians Pour In Lebanon Grapples With Ghosts Of A Bloody Past ha il suo principale riferimento proprio in Henryk Górecki, caratterizzandosi come la composizione più accostabile alla Musica Colta del XX Secolo mai ideata dagli Ulver. In Shri Schneider il verbo prescelto è quello di quel krautrock siderale e sintetico di Cluster, Brian Eno e Harmonia. In più parti gli Ulver ripercorrono le drammatiche tonalità che solcano le partiture di Arvo Pärt.

Messe I.X-VI.X” è un album difforme, eterogeneo, aperto e claustrofobico allo stesso tempo, che getta sguardi sin troppo diversi fra loro e ha intrinsecamente impresso nel proprio DNA il sapore della transitorietà. E già immaginiamo che, mentre lo ascoltiamo, Rygg & soci staranno architettando qualcosa di completamente antitetico.

 

[Gli Ulver suoneranno per  l’unica data italiana del loro tour al Teatro Regio di Parma, il 16 Novembre 2013]

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Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 2 voti.
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KSoda 8/10

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