R Recensione

9/10

Mercury Rev

Yerself Is Steam

Siamo nei primi anni Novanta. I Sonic Youth e i Fugazi hanno dato alle stampe da pochi anni due dischi spartiacque come "Daydream Nation" e "Repeater", battezzando di fatto l'indie rock tout court, gli Slint di lì a poco segneranno un'altra epocale svolta con il post-rock fratturato di "Spiderland" e l'epopea noise sta esprimendo i suoi ultimi vagiti grazie a band come Flaming Lips e Pixies. Dall'altra parte dell'oceano, si assiste ad un rinnovamento della scena psichedelica che rapidamente va incanalandosi sempre più nei neonati territori dello shoegazing.

E' in mezzo a questo complesso scenario (altre ancora sono, per la verità, le innovazioni che compaiono a cavallo tra le due decadi, come ad esempio la nascita del grunge) che i Mercury Rev di Jonathan Donahue, provenienti da Buffalo, NY, danno alle stampe il loro esordio, "Yerself Is Steam". Un esordio pazzesco, intriso di tutte le sperimentazioni ardite che la facevano da padrone nei dischi di quegli anni, in cui una fitta coltre di rumore riesce a andare meravigliosamente a nozze con dolcissime melodie dal sapore zuccherino e trasognato.

Si ha la consapevolezza di essere trasportati a forza all'interno di un sogno, e che sogno! I desideri più reconditi, le speranze più forti e le inquietudini più opprimenti sfociano tutte all' interno di questo meraviglioso poema della psiche, che si prefigura come il tentativo maggiormente riuscito di calare tra le mura delle sette note le opere freudiane.

Basta accendere il lettore e lasciar partire la prima traccia, "Chasing A Bee" per essere introdotti in questo meraviglioso universo musicale dipinto dal gruppo, un universo infestato di feedback lanciati a livelli inumani e da colate torrenziali di puro noise, in mezzo alle quali, però, si fa strada timidamente una cantilena dal sapore infantile, che sembra a fatica trovare un equlibrio di registro. Pochi secondi ancora, e il ritornello sfocia quasi all' improvviso, investito anch'esso da devastanti esplosioni di magma psichedelico (immaginate i Velvet Underground di "Sister Ray"  che hanno un incedere estatico e rallentato simile al Robert Wyatt di "Rock Bottom"). Inutile girarci tanto intorno: siamo totalmente all'interno di un'allucinazione vera e propria.

Con la successiva "Syringe Mouth", invece, si ha a che fare con una trance minimale dal battito cadenzato e dall'incedere martellante, simile ad un mantra onirico in cui la chitarra stile Lou Reed assume però connotati vicini al glam, al punto che sembra un pezzo "rubato" a "Transformer". La voce di Donahue è semplicemente spaventosa in quanto ad abilità: riesce a passare rapidamente dal tono trasognato al quasi falsetto, dal timbro predicatorio da sciamano (come vedremo), allo stile più sardonico e svagato di un David Thomas. E' superfluo aggiungere che essa è uno dei valori aggiunti innegabili dell'album.

Si passa a "Coney Island Cyclone", in cui le divagazioni noise si avvicinano chiaramente alle atmosfere shoegazing (sentire i Ride di "Nowhere" per credere) e il cantato e l'impianto sonoro anticipano di due anni buoni la nascita del brit-pop (e siamo in America!). Ritornello contagioso, loop batteristico da infarto e puro non-sense lirico ("andiamo fuori stanotte e troviamo un posto soleggiato" recita il ritornello) sono gli ingredienti di questa magnifica torta psichedelica di tre minuti.

"Blue And Black" vede entrare in azione il Donahue "sciamano" citato in precedenza. Per la prima volta all'interno del disco si ha il piacere di ascoltare una traccia cupa, quasi sofferta, vera e propria linea di demarcazione tra sogno e incubo, figlia di un certo gusto new wave (ma della new wave più oscura e gelida).

I sette minuti e passa di "Sweet Odysee Of A Cancer" sono l'esatto compimento di questa parte centrale "nebbiosa" del disco; echi e riverberi alla Pink Floyd si protraggono quasi sfiniti su di una base in cui ancora più forti si fanno le ascendenze shoegazing e gli effetti dei droni di chitarra, che vanno a collocarsi in una terra di nessuno tra Slowdive e Roy Montgomery. Sembra la fine di ogni illusione, non a caso lo scenario prefigurato appare come quello di una scogliera oceanica, in cui un mare burrascoso e in tempesta, simboleggiante il mare di speranze quotidiane, si infrange contro gli scogli massicci dell'altrettanto quotidiana realtà disillusoria. E' la traccia che fa capire meglio di tutte perchè, nonostante il tono giocoso e quasi bambinesco di buona parte della produzione dell'ensemble, non si possano definire i Mercury Rev come un gruppo "allegro e spensierato".

Giunge dunque il capolavoro: "Frittering". Per sei, interminabili minuti, un cantato dal sapore nostalgico e rassegnato, che sembra provenire da lontanissimi lidi, viene dolcemente cullato da ondate di echi sonori incarnanti pura perdizione e progressiva perdita di coscienza. L'incedere mantrico del brano è davvero l'elemento più azzeccato: sembra non esserci mai fine al conflitto interiore, al desiderio di catarsi; è il canto di un naufrago, di uno sconfitto, al quale non resta che trasmettere il proprio mesaggio ad un'umanità che, geograficamente ed idealmente, è sin troppo lontana.

Dopo il caotico  brevissimo intermezzo di Continous Trucks and Thunder Under a Mother’s Smile", la folle corsa ha il suo termine con "Very Sleepy Rivers",Donahue vicinissimo ai Pere Ubu più sghembi e pessimisti, incastonati in un giro di basso che ricorda ancora una volta i Floyd.

Oltre che per la sua bellezza intrinseca innegabile, "Yerself Is Steam" è un album da ricordare anche per l'influenza spaventosa che ha avuto sui generi più prossimi. Interminabile la lista di gruppi che presero nota: dalle band facenti parte del collettivo "Elephant 6" (Neutral Milk Hotel, Essex Green, Ladybug Transistor,...), al post-rock più "poppeggiante" di Flying Saucer Attack e Stereolab, all'ultima tornata di gruppi indie del nuovo millennio, come Grandaddy e Animal Collective.

Senza ombra di dubbio si può affermare che "Yerself Is Steam" rappresenta la nascita dell' indie-pop così come "Daydream Nation" rappresenta quella dell' indie-rock.

V Voti

Voto degli utenti: 9/10 in media su 25 voti.
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Lux 9/10
loson 10/10
deepblue 10/10
lev 8/10
bart 9/10
alekk 9,5/10
NDP88 9/10
Lepo 10/10
ThirdEye 9,5/10

C Commenti

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loson (ha votato 10 questo disco) alle 8:56 del 25 settembre 2007 ha scritto:

un traguardo storico per tutta la musica rock

e, come al solito, una recensione impeccabile!

Lux (ha votato 9 questo disco) alle 12:23 del 10 aprile 2008 ha scritto:

Chasing A Bee fatela ascoltare a scuola!

Un disco clamorosamente criticato e non apprezzato da alcuni...e non se ne comprende il motivo. Sarebbe un 8.5 ma arrotondo per eccesso

dark-side-90 (ha votato 8 questo disco) alle 19:56 del 13 ottobre 2008 ha scritto:

un disco eccezionale....però devo dire sinceramente che preferisco deserter' s song

4AS (ha votato 10 questo disco) alle 12:23 del 27 novembre 2008 ha scritto:

Assoluto capolavoro della psichedelia moderna. P.S. Complimenti al recensore scrive benissimo e recensisce (quasi) sempre i miei dischi preferiti!

Paranoidguitar (ha votato 10 questo disco) alle 12:54 del 27 novembre 2008 ha scritto:

non so se sia più bella la recensione o il disco. Soprattutto l'inquadramento storico iniziale è ottimo. Dai diciamo che è più bello il disco per rispetto ai Mercury Rev.

Roberto Maniglio (ha votato 10 questo disco) alle 0:21 del 10 aprile 2010 ha scritto:

capolavoro del rock psichedelico

deepblue (ha votato 10 questo disco) alle 14:52 del 10 ottobre 2010 ha scritto:

Deep Blue commenta Yerself Is Steam dei valorosi Mercury Rev

Capolavoro

lev (ha votato 8 questo disco) alle 0:23 del 21 ottobre 2010 ha scritto:

ottimo

all'inizio sono rimasto un pò spiazzato, anche perchè l'unico disco che conoscevo dei mercury rev era deserter s songs che è tutta un'altra roba. poi pian piano è cresciuto. frittering è veramente emozionante. non so se è l'edizione in cd che ho io, ma mi sembra registrato un pò da cani.

bart (ha votato 9 questo disco) alle 21:50 del 29 novembre 2010 ha scritto:

Pazzesco!!

alekk (ha votato 9,5 questo disco) alle 13:12 del 19 aprile 2013 ha scritto:

strepitoso!una delle vette degli anni 90'.

alekk (ha votato 9,5 questo disco) alle 19:54 del 18 giugno 2013 ha scritto:

adoro sweet odyssee of a cancer...che pezzo!

NDP88 (ha votato 9 questo disco) alle 12:49 del 27 luglio 2014 ha scritto:

Vertice della psichedelia. Ballate delicate che nascondono un animo da serial killer. Suite spaziali colme di una suspance ipnotica. Si esplorano i confini della musica. Se l'età d'oro del rock è rappresentata dalla seconda metà dei sixtiees, il lustro a cavallo tra gli anni 80 e 90 è probabilmente l'età d'oro bis.

Lepo (ha votato 10 questo disco) alle 13:31 del 16 agosto 2014 ha scritto:

Uno dei dischi che mi ha sconvolto l'adolescenza. Per me loro sono la psichedelia americana dei '90, alla faccia di Flaming Lips e Mazzy Star

Lepo (ha votato 10 questo disco) alle 13:39 del 16 agosto 2014 ha scritto:

Occhio però che Donahue non è l'unico cantante in questo disco: la sua è la voce sottile e melanconica che pervaderà altri splendidi dischi successivi, in primis il magico Deserter's songs, ma quella "sciamanica" e drogata è di David Baker, primo tossicissimo frontman istrione dei Mercury, che verrà allontanato dopo il secondo disco (manco a dirlo, capolavoro pure quello) per i suoi problemi di droga, appunto.

Mattia Linea (ha votato 6 questo disco) alle 19:27 del primo gennaio 2016 ha scritto:

Opera prima del gruppo di Buffalo, un perfetto compendio di psichedelia moderna in bilico fra rumorismo e aperture melodiche: da una semplice melodia acustica il gruppo cerca in ogni modo di ricavarne uno sgretolamento della forma-canzone e della godibilità a livello uditivo. Effetti chitarristici splendi e scomposti, arrangiamenti originali. Particolare e interessante, ma alla lunga (complice l'eccessiva durata delle canzoni) perde il filo conduttore.