R Recensione

8/10

Lynyrd Skynyrd

Second Helping

Edward King è un chitarrista californiano nato nel 1949 e da tempo residente a Nashville, Tennessee, dove ha deciso di “autopensionarsi”, nel 1996. Gliel’ha data su ancora quarantasettenne quindi, ma Ed è un uomo che sa accontentarsi, vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e mai il contrario. “Sono il chitarrista più fortunato del mondo”, dice bonariamente di sé, ed è difficile dargli torto se si conosce la sua carriera.

Ancor giovanissimo, era entrato nel giro psichedelico californiano dei cloni dei Beach Boys, conoscendo il successo, nel 1969, con un “numero uno” in classifica del suo gruppo, tali Strawberry Alarm Clock e tale “Incense and Peppermint” (che tempi!). Durante le tournée in giro per gli States gli capitò di condividere il palco con una band completamente differente dalla sua, terribilmente più potente e oltraggiosa, i Lynyrd Skynyrd di Jacksonville, Florida. Invaghito come solo i bravi ragazzi sanno esserlo quando incontrano degli autentici “cattivi”, ebbe a dire al loro capo, il cantante Ronnie Van Zant, che se gli fosse servito un giorno un altro chitarrista, lui sarebbe stato disponibile.

E Van Zant lo chiamò, tempo dopo. Ed subito raggiunse il gruppo, per vedersi infilare a tracolla un… basso elettrico! Il bassista dei Lynyrd Leon Wilkenson se n’era infatti andato proprio alla vigilia dell’incisione dell’album d’esordio. Ed studiò ed eseguì al suo meglio le partiture di Wilkenson per poi sentirsi dire da Ronnie, appena finite le registrazioni: “Tu sei il peggiore bassista con cui abbia mai suonato!”.

Ma invece di ricevere il benservito Van Zant, che era tutt’altro che stupido, gli disse di restare come terzo chitarrista, mentre si rifaceva sotto col transfuga Wilkenson convincendolo a riprendere il suo ruolo al basso nel gruppo. L’idea era che colla sua Fender Stratocaster ed il suo stile pulitissimo e molto tecnico, Ed si sarebbe potuto inserire ed integrare con gli altri due chitarristi Allen Collins e Gary Rossington, entrambi “gibsoniani”, distortissimi ed assatanati.

Alla prima prova colla chitarra al collo, ad Ed rimase impresso un giro Re-Do-Sol che il suo collega Rossington continuava a strimpellare nelle pause. Per tutta la notte successiva gli rimbombò in testa un riff di chitarra da incrociare a quello di Gary e poi da lì tutto il resto di una canzone, financo l’assolo! Alle prove del giorno dopo la band si mise sotto ad arrangiare ed affinare questo nuovo brano del suo nuovo chitarrista, per il testo del quale Van Zant si ricordò di un paio di canzoni di Neil Young di qualche anno prima che gli erano rimaste sul gozzo, quell’”Alabama” e quella “Southern Man” che descrivevano con parole amare e fataliste il razzismo ancora dominante negli stati del sud. Tutt’altro che razzista ma orgogliosamente fiero della propria provenienza, Ronnie mise velocemente insieme una puntuta, anche se amichevole, risposta al grande menestrello canadese. Dopo quattro giorni i Lynyrd erano in studio a incidere questo gioiello inestimabile e celeberrimo del rock americano.

Sweet Home Alabama” (e l’album “Second Helping”) partono con Ed King che conta (One, two…) il suo stesso ingresso e poi arpeggia lo storico riff saltellante che caratterizza in primis tutta la canzone. Secondo solo a “Smoke On The Water” in una classifica denominabile come “Migliori riff di Stratocaster di sempre”, viene subito arricchito da poche note di solista di Collins e dal secondo riff, quello di Rossington preso da Ed come ispirazione, più aperto e convenzionale. Il lavoro di King per tutta la canzone è sontuoso, la sua Fender è mirabilmente suonata nuda e cruda, con un suono che non perdona, nitido e privo di qualsiasi effetto, alla maniera country, con un piglio ed una decisione che denotano il grande momento ispirativo e la convinzione in ciò che sta facendo. Gli assoli e i “fills” poi sono pirotecnici, ficcanti: un grande suono, un grande momento del rock.

Van Zant declama le strofe con il suo strascicato ed inimitabile stile, pieno di bourbon e temperamento, il ritornello è super commerciale ma solo accidentalmente, che la dignità e l’integrità della musica non sono in dubbio a nessun istante. È rock sudista al suo meglio, quel condensato di blues, country, gospel (nei cori femminili), rock’n’roll. In uscita del pezzo c’è anche spazio per la mano destra proverbialmente agile del pianista Billy Powell che ricama grappoli di note nelle pause lasciate dalle tre chitarre.

La canzone è entrata nella cultura musicale mondiale e capita di sentirla eseguire un po’ da tutti, dai ragazzini alle prime armi ai consumati e distratti pianobaristi, questo perché il suo contenuto melodico e la semplicità e fruibilità del suo ritornello sono assoluti, ma ben pochi eseguono “Sweet Home Alabama” nell’arrangiamento datole da King e dai suoi compagni, tutt’altro che facile da rendere (quasi impossibile poi calarsi nello spirito che guida la partitura e l’interpretazione dello stesso Ed). Insomma tutti suonano questo pezzo, ma nessuno in maniera decente, perché non è uno scherzo eseguirla così come è stata concepita, perché ci sono tre chitarre e una di queste in stato di grazia.

L’album, storicamente dominato dalla celebrità del suo brano di apertura, ha poi altre perle, come il lungo blues “I Need You”,, con le due soliste di Collins e Rossington a navigare insieme, l’una in armonia all’altra, sulla corrente ritmica assicurata dal buon King., compositore principale pure di questa e di altri due degli otto brani del disco.

Call Me The Breeze” è un'altra vetta, una cover di J.J.Cale, messa in chiusura e col solito terremotante lavoro alla solista di Allen Collins, un grande manico.

Nel 1975 Edward King decise di dargliela su con i Lynyrd Skynyrd, stufo di “ritrovarsi puntualmente con qualche osso rotto da Ronnie”. L’indole del bravo ragazzo tornò a prevalere, e gli salvò la pelle, facendogli lasciare il gruppo al suo destino focoso e violento ed alla sua sfortuna. Collins, Rossington e il produttore Al Kooper insistettero perché ci ripensasse, lui riuscì a rimanere irremovibile: “Fosse stato Ronnie ad insistere, forse sarei rimasto, ma non lo fece ed agli altri riuscii a dire di no. Vedete? Sono il chitarrista più fortunato del mondo!” Si riferisce al fatto che su quel fatale aereo che due anni dopo si sfasciò in un atterraggio di fortuna, uccidendo o ferendo gravemente i componenti del gruppo ed il loro entourage, lui non c’era e avrebbe potuto esserci.

King si riunì ai vecchi compagni sopravvissuti, ed ai sostituti di quelli che non ce l’avevano fatta, nel 1989, girando i palchi e registrando dischi con i nuovi Lynyrd Skynyrd per alcuni anni, per poi riuscirne definitivamente e chiudere dopo poco la carriera, perché con i diritti d’autore della sola “Sweet Home Alabama” si può vivere più che dignitosamente, basta accontentarsi, vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e ringraziare il destino e il buon esito delle scelte fatte. Buona vecchiaia, Mr. Edward King, un brav’uomo capitato nel gruppo del “Vivi in fretta, muori giovane e lascia un bel cadavere” e riuscito a sopravvivere.

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Voto degli utenti: 8/10 in media su 17 voti.

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Cas (ha votato 7 questo disco) alle 12:08 del 20 giugno 2008 ha scritto:

ottimo lavoro Pier Paolo, recensione accuratissima! in ogni caso però l'album non mi ha mai convinto un gran che...lo trovo decisamente secondario. e poi dai, come si fa ad andare contro a mr. Young?! se la cavano con un bel sette dai...

Alessandro Pascale alle 12:18 del 20 giugno 2008 ha scritto:

non ho mai sentito il disco ma penso che basti la sola sweet home alabama a renderlo meritevole. Una così gran bella canzone è un peccato che sia nata con scopo polemico vero Young in effetti. Beh ad ogni modo i miei complimenti al Farina che ha ricostruito mirabilmente tutta la querelle e il disco. Mi astengo dal voto in attesa di sentire l'album

PierPaolo, autore, alle 16:24 del 20 giugno 2008 ha scritto:

Grazie ragazzi

Neil Young ci fece una risata sopra quando Van Zant dichiarò a proposito di quei due brani: "Mi sembra che per colpire un paio di anatre hai sparato a tutto il mucchio...!". Qualche volta, in concerto, Young ha suonato "Sweet Home Alabama", canzone che naturalmente apprezza moltissimo, tanto per smentire le malelingue, i permalosi e quelli interessati a fomentare zizzania.

simone coacci (ha votato 7 questo disco) alle 18:56 del 22 giugno 2008 ha scritto:

Grande Pierpa, che ci fa fare un viaggio nel polveroso sud alla ricerca delle perdute radici dell'hard rock moderno. Una musica che rimescola in chiave elettrica cori chiesastici, southern boogie e roche profanità blues. I Lynyrd sono modesti, compiaciuti e spassosi. La polemica con Young del tutto aleatoria e ricamata a posteriori, come avete giustamente ricordato.

La cosa più divertente che mi viene in mente su "Sweet Home Alabama" è la parodia/freestyle che ne fa Eminem in una scena di "8 Miles".

Utente non più registrato alle 22:03 del primo aprile 2009 ha scritto:

Gran bella recensione, e grandi Skynyrd, ho consumato questo disco al liceo. Mi piaceva un sacco The ballad of Curtis Loew, la suonavo anche con un mio amico. Grande!

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 10 questo disco) alle 22:48 del 27 novembre 2009 ha scritto:

I love skynyrd

Un grandissimo disco, questo ed il primo sono due capolavori senza tempo. I lynyrd avevano uno stile irresistibile, 100% Southern Rock, una sorta di incrocio fra Allman Brothers e ZZTop, ed il risultato fu vermente eccellente. I need You è spettacolare.

ozzy(d) (ha votato 8 questo disco) alle 23:47 del 27 novembre 2009 ha scritto:

Bel disco, ma "pronounced..." era assai meglio, con capolavori tipo "tuesday's gone" e "free bird".

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 10 questo disco) alle 16:07 del 2 dicembre 2009 ha scritto:

si, forse il primo è ancora meglio, tra l'altro nel primo, oltre a quelle citate da te, vi è anche la splendida Simple Man, alla quale vi si sono ispirati gli Scorpions per Always Somewhere. Comuque, meno del voto max a questo non riesco a mettere. Diciamo che qui vien fuori il vero sound Skynyrd, il primo era forse ancora un po' acerbo, sebbene contenesse pezzi stupendi.

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 10 questo disco) alle 13:02 del 20 agosto 2010 ha scritto:

Cosa divertente è poi che sul riff di The Needle and the Spoon si canta tranquillamente il ritornello di Heelo I love You dei Doors

dalvans (ha votato 8 questo disco) alle 15:40 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Buono

Buon disco

alekk (ha votato 8 questo disco) alle 11:29 del 26 ottobre 2012 ha scritto:

Anche questo gran disco,ma Pronounced è chiaramente superiore. A dire il vero forse preferisco addirittura Street Survivors a Second Helping,ciò però non toglie che si stia parlando di un album eccellente

Utente non più registrat (ha votato 5 questo disco) alle 17:19 del 26 aprile 2021 ha scritto:

Non dico che i rockettari in questione non sappiano suonare.

Dico che non sanno comporre, e che fanno quel tipo di rock "guarda quanto ce l'abbiamo lungo" che non è esattamente ciò che cerco nella musica. Ecco tutto.