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R Recensione

8/10

Pearl Jam

Binaural

Questo disco ha un attacco risoluto e punkeggiante, una parte centrale variegata ed eccelsa con i quattro o cinque brani migliori, un epilogo rarefatto e psichedelico. Grande varietà quindi, anche perché da questo disco in poi tutti e cinque i musicisti del gruppo collaboreranno alle musiche mentre i testi restano quasi tutti appannaggio del cantante Eddie Vedder e oscillano, al solito, fra dura protesta politica, amara denuncia di difficoltà nei rapporti affettivi e, per quanto riguarda quelli più ermetici, non si sa bene cos’altro.

Onore ai Pearl Jam la cui umiltà, volontà di mantenere sempre i piedi per terra, indipendenza e rispetto per se stessi e per gli altri sono unici ed esemplari nel business musicale, almeno ai livelli che loro competono di notorietà e successo. Tutt’altro che depressi come l’iconografia grunge da loro ben presto smentita vorrebbe, sono per fortuna sanamente incazzati con chi fa il bello e il cattivo tempo in America ed soprattutto intraprendenti nello sfruttare la notorietà ed il palco per lanciare critiche ed iniziative politiche a getto continuo. L’enorme ed istantaneo successo iniziale è stato da loro nobilmente sfruttato per svincolarsi da qualsiasi condizionamento, fare quello che si sentivano di fare, suonare quello che decidevano di suonare. Hanno “pagato” per questo, con un proseguo di carriera dai risultati molto meno pirotecnici, comunque sostanziosi e gratificanti:  massimo rispetto per questi uomini.

Tornando alla musica, la mia personale reazione davanti alle loro opere, “Binaural” ancor di più che altre, è che tendo ad amare perdutamente tre, quattro, cinque delle cose ivi contenute, facendo invece tranquillamente a meno di tutto il resto. Resto indifferente ad esempio a tutte quelle schegge tardo punk (la triade d’esordio “Breakerfall”, “God’s Dice” e “Evacuation” e la ritmicamente faticosa “Grievance”) se non nelle occasionali, brevi e spesso geniali aperture melodiche che contengono (in genere nel ponte). Mi gusto poi, anche se moderatamente, le sortite del gruppo nell’hard rock assai temperamentale ma anche con una certa dose di anonimato, o meglio di appoggio a certi miti come Zeppelin e Who (è il caso di “Of The Girl” e “Rival”) oppure le uscite del cantante Vedder sul versante più intimista e malinconico (“Soon Forget”), alla lunga stancanti.

Ma mi riempio di fervida ammirazione quando le casse dello stereo mi rimandano passaggi melodico/armonici ispiratissimi, conditi magari da interpretazioni col cuore in mano di Vedder capaci di sciogliere anche il marmo. Le ciliegine su questa torta Pearl Jam si chiamano “Light Years” e “Thin Air” mid-tempos lirici e melodicamente eccelsi, con la voce accorata di Vedder che gioca mirabilmente ai limiti inferiori della sua estensione, ed emoziona tantissimo. Altre due perle sono “Nothing As It Seems”, una dark ballad nella quale la Gibson Les Paul di Mike McCarthy, condita di pedale wah wah, stampa  note pingui e sostanziose, ed “Insignificance”, capolavoro dell’album e fra le cose migliori dei Pearl Jam, intensissima come solo loro sanno fare con una strofa che si carica nel riffone cadenzato del ponte e poi deflagra nel bellissimo ritornello, in un picco melodico da maestri,  coinvolgente.

Le uscite psichedeliche infine si chiamano “Sleight Of Hands” e “Parting Ways”, ma tracce di sonorità  oblique e malate vi erano già anche nelle summenzionate “Nothing As It Seems” e “Of The Girl”: espressione della volontà del gruppo di omaggiare vecchi miti formativi e comunque di dare libero sfogo ai propri background musicali per certuni, inutile e pericolosa diversificazione per gli oltranzisti, quelli che hanno orecchi solo per le più monolitiche e rigorose scalette delle opere inizial.

Binaural” è il terzultimo loro lavoro, fotografa il gruppo all’inizio di questo decennio in una fase più appagata, più risolta, più adulta ma tutt’altro che rincoglionita e soprattutto conformata, visto che i testi sono sempre meno malinconici e più militanti e accesi. Va bene così, viva i Pearl Jam.

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Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 19 voti.
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Vikk 7/10
luca.r 7/10
gi4ndo 8/10
loson 7/10
zebra 8/10
inter1964 7,5/10
ThirdEye 4,5/10
zagor 7,5/10
Dengler 6,5/10

C Commenti

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simone coacci (ha votato 6 questo disco) alle 22:55 del 20 dicembre 2007 ha scritto:

Insignificance

Poche idee, quasi tutte altrui e pure piuttosto confuse. Il nadir della loro carriera, ex aequo con "Riot Act". Qui la media è un pelo sopra ma là c'è la Durlindana che spariglia i detrattori (la super ballad "I am mine"). Se si dispone di parecchio tempo libero, lo si ascolta pure

volentieri, altrimenti meglio concentrarsi sui primi quattro capitoli. O su qualsiasi altra cosa di cui andate pazzi.

Come ai bei tempi di Domenica Sprint, si salva l'ottimo Farina, direi. Buona recensione. E buon Natale, già che ci siamo. Auguri a tutti.

Fabio Busi alle 20:09 del 21 dicembre 2007 ha scritto:

no. a me questo disco piace molto più di Riot Act. è gradevole, ci sono pezzi ottimi. certo c'è anche molto mestiere, ma sicuramente non siamo di fronte ad un brutto lavoro. Brain Of J è sempre graffiante e portentosa.

simone coacci (ha votato 6 questo disco) alle 20:49 del 21 dicembre 2007 ha scritto:

Who's got the brain of jfk

Si, non lo metto in dubbio, però "Brain of J" è su Yeald.

eddie (ha votato 2 questo disco) alle 9:35 del 22 dicembre 2007 ha scritto:

coatti assurdi.

Vikk (ha votato 7 questo disco) alle 9:28 del 24 dicembre 2007 ha scritto:

i primi 4 capitoli sonoe saranno irripetibili, ma questo e' un album solido con buone canzoni, qualche filler di troppo ed una scaletta che non rende giustizia (mettere "thin air" e "light years" di fila non e' stata una grande idea).

da "yield" in avanti i PJ hanno cominciato ad essere meno creativi, ma alcuni grandi tocchi di classe ci sono sempre

piu' omogeneo di "riot act", ma con meno picchi creativi, ma il nadir rimane l'omonimo del 2006

PS il chitarrista si chiama Mike McCready e suona rigorosamente chitarre Fender Stratocaster (inconfondibile il suono caldo degli assoli), e' Stone Gossard il gibsoniano della band

PierPaolo, autore, alle 0:23 del 25 dicembre 2007 ha scritto:

Si e no Vikk

pur essendo la Stratocaster la chitarra più usata da McCready, quella che lavora solista, e col suo tipico stile rockblues, su "Nothing..." é un Gibson Standard. Basta comunque averli visti dal vivo o aver guardato un loro dvd per verificare che talvolta Mike imbraccia un Les Paul, talvolta Stone una Strato.

ozzy(d) (ha votato 5 questo disco) alle 0:21 del 12 gennaio 2008 ha scritto:

qui si erano proprio ammosciati,basti sentire "nothing as it seems" o "thin air", recensione molto sentita però

swansong (ha votato 8 questo disco) alle 17:58 del 5 febbraio 2008 ha scritto:

bella rece...

...concordo abbastanza col giudizio di pier paolo, anche nella "sotto-categorizzazione" per stili delle canzoni che condivido, nei + e nei - (insignificance è effettivamente uno vertici assoluti della loro discografia)...questo è forse il loro ultimo album per cui spenderei la frase fatta del "ci sono almeno tre-quattro brani che da soli valgono l'acquisto". In ogni caso viva i PJ!!

Roberto_Perissinotto (ha votato 7 questo disco) alle 18:45 del 22 ottobre 2008 ha scritto:

Certo, i Pearl Jam hanno raggiunto ben altri livelli con dischi come Ten (irraggiungibile) o Vitalogy, ma non concordo con chi dice che sia un disco deludente. Insignificance è trascinante, Light Years,una bella parentesi e Nothing as it seems avvolge in una bella oscurità. Niente male comunque.

lev (ha votato 7 questo disco) alle 12:49 del 12 dicembre 2008 ha scritto:

io invece preferisco "rio act" a questo. l'ho sempre trovato un lavoro più studiato, più approfondito. qui mi sembra che alcuni pezzi siano buttati li così. certo alcuni brani sono stupendi, ma questo e l'omonimo "pearl jam" del 2006 x me, pur trattandosi di dischi più che dignitosi (mi è impossibile parlare male dei pearl jam), sono i capitoli minori della loro splendida discografia.

luca.r (ha votato 7 questo disco) alle 17:04 del primo aprile 2010 ha scritto:

Sono molto d'accordo.. tolto l'inascoltabile trittico inizale (infatti il mio ascolto del Binaurale parte immancabilmente da Light years) questo rimane un ottimo disco (l'ultimo bel disco dei pearl jam, a dirla tutta). Lungi dall'essere un capolavoro, ma un disco sentito, personale e sicuramente riuscito

The musical box alle 21:36 del 8 dicembre 2012 ha scritto:

Un album meraviglioso...superiore ai primi due e secondo solo a no code

The musical box alle 0:46 del 18 settembre 2018 ha scritto:

Per me il loro album più ispirato musicalmente insieme al successivo riot act dove sperimentano e suonano in un modo sublime retti da una grande ispirazione. Ma si sa dopo i primi 3 tutto il resto è sempre visto come una corsa verso il declino che secondo me è cominciata solo nel 2006. Bellissima recensione

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 11:37 del 18 settembre 2018 ha scritto:

Disco complessivamente ottimo, con le tentazioni sperimentali dei precedenti che ancora si fanno breccia eoalcuni pezzi da mettere in bacheca: "nothing as it seems" ( I Radiohead fatti meglio dell'originale), "Light Years" (solita ballata elettrica impareggiabile), "Soon forget" ( prova generale per le folate soliste di Eddie), la dissonante "Rival". Tra i brani piu' classicamente ruock svettano "Grievance" e "God's dice", mentre le ballate "Thin Air" e "Parting ways" non mi dicono granché. MOlto buono anche il successivo "Riot Act", poi da li inizia il declino.

The musical box alle 17:26 del 19 settembre 2018 ha scritto:

D accordo su tutto..tranne su parting ways che trovo tra le migliori chiusure dei loro lavori. Dopo riot act il declino come se non volessero più lavorare seriamente in studio e sfruttare solo la grande bravura dal vivo. Rimane tutto un mistero

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:32 del 20 settembre 2018 ha scritto:

mi ricorda un po' "All Apologies" con quel violino, mi sembra leggermente statica e inferiore alle formidabili ballate che chiudevano i dischi precedenti ( Release, Indifference, Immortality, Around The Bend e All Those yesterdays) e alla "The End" che nel 2009 sarà per me l'ultima grande canzone pubblicata dai nostri.

The musical box alle 14:38 del 20 settembre 2018 ha scritto:

Ci può stare infatti anche se L arrangiamento soprattutto sul finale mi ha sempre toccato particolarmente forse perché amo la registrazione e la produzione di blake..nettamente superiore secondo me a quelle di o brien basti pensare a backspacer e L ultimo che non considero degni di un gruppo così

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:14 del 21 settembre 2018 ha scritto:

"backspacer" secondo me ha qualche brano notevole ( su tutte "the end" che ho citato) e ha una durata cosi breve che fila in un baleno, senza inutili filler. ( un disco da 6 e mezzo diciamo).