C I 133 dischi indispensabili del decennio

I 133 dischi indispensabili del decennio 2000-200900010203040506070809

R You Kill Me

You Kill Me

One Dimensional Man
You Kill Me, 2001


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Alessandro Pascale

Gli One Dimensional Man e il loro math-noise-rock hanno rappresentato per anni un vanto per gli italiani che andavano all'estero. la dimostrazione che gli Shellac possiamo produrli anche noi spaghettari.

bargeld

La catarsi violenta di una band che non è ancora teatro, ma già greve improvvisazione pulp. Un disco che sbeffeggia il diavolo banchettando alla sua mensa.

R White Blood Cells

White Blood Cells

White Stripes
White Blood Cells , 2001


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bargeld

Una delle più grandi band del decennio. Il loro sound viscerale e fortissimo è un marchio di fabbrica, al di là della tecnica (fintamente) approssimativa che fa tanto sudiciume d'altri tempi. Imprescindibili, superlativi.

fabfabfab

Il blues più nero che ci sia filtrato da un muro di amplificatori. Accompagnato dalla timida ex moglie, Jack White fa tutto da solo: rock, hard-blues, garage e tonnellate di attitudine. "Fell in love with a girl" è la "Smells like teen spirit" degli anni '00. Un circo bianco e rosso che ruota intorno all'ultimo genio del rock a stelle e strisce.

Alessandro Pascale

La dimostrazione anche dopo il '900 di possono ancora suonare canzoni garage-rock con una fottuta chitarra e una batteria d'accompagnamento. Basta avere intuizione per la melodia, voglia di far casino, spirito selvaggio e una mente spara-riff selvaggi. That's only rock'n'roll but we love it!

R Toxicity

Toxicity10/10

System Of A Down
Toxicity (Sony 2001)

L'11 settembre del 2001, la potenza globale degli Stati Uniti d'America veniva colpita nel suo centro nevralgico. In appena due ora, due edifici storici come le...
simone coacci

Se mai un ascoltatore dell'anno 2300 viaggiasse indietro nel tempo per scoprire se corrisponde al vero o è solo leggenda che il nu-metal ha partorito qualcosa da tramandare ai posteri è qui che dovrebbe cercare.

Alessandro Pascale

Un disco che da un senso al brutto termine nu-metal, nobilitando e rinvigorendo un genere solo apparentemente avviato alla decadenza. Senz'altro uno dei dischi più incisivi, duri, influenti e originali del decennio, con il merito aggravante di essere riuscito a raggiungere ampie masse di giovani non per forza alternativi. Una fortuna piovuta dal cielo, anzi no: dall'Armenia!

Marco_Biasio

Poche parole? Ok: IL disco metal più importante della generazione Duemila. Il fatto che sia uscito in un giorno cruciale e tragico come l'11 settembre 2001 non fa altro che amplificarne il valore. I System Of A Down recuperano il cabaret mitteleuropeo dell'esordio datato 1998, vanno oltre le sgangherate follie dei Dead Kennedys, su potentissime traiettorie thrash-crossover, come degli Slayer filtrati dai Faith No More ("Prison Song", "Needles", "Jet Pilot"), girando attorno al folk della loro terra natia, l'Armenia, mutuato a piacere in centinaia di forme melodiche differenti. Ciò che ne esce è uno spaccato musicale come nessuno prima d'ora, un melting-pot stupefacente, un tumultuoso cavallone di furia tenuta a bada da geniali stringhe armoniche. Quattordici pezzi tra i migliori dei Duemila, non uno dispensabile, e una "Chop Suey!" che si candida prepotentemente come brano migliore di questo decennio. Non sapranno più ripetersi (non a questi livelli, perlomeno), ma ciò che hanno fatto fra questi solchi resterà per sempre.

R The Glow - Pt. 2

The Glow - Pt. 2

Microphones
The Glow - Pt. 2, 2001


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FrancescoB

Elvrum è fra i più grandi geni della contemporaneità, e questo disco, accanto al successivo "Mount Eerie", è l'apice della sua incredibile parabola. Si tratta di un lavoro intensissimo e commovente, che costringe al silenzio chiunque non veda novità e grandiosità nella musica di oggi, che rilegge la tradizione folk in chiave personale e moderna. "My roots are strong and deep" è la gemma assoluta; ed ogni volta, non appena termina, mi costringe a controllare il lettore: non vorrei che, davanti a tanta dolcezza, pure a lui fosse scappata qualche lacrima.

Cas

Phil Elvrum licenzia un'opera prodigiosa. 20 gemme inafferabili, dove folk, lo-fi, sperimentazione e psichedelia si fondono per dar vita a stranianti arie impalpabili e ambientali. Una leggera nebbia avvolge lo scorrere dell'opera, aumentando l'estremo fascino di questo capolavoro.

paolo gazzola

Come Leonardo insegna, il periodo del giorno in cui si lavora influisce sull’opera che si sta compiendo. The Glow Pt. 2 è stato in buona parte registrato nelle ore che accompagnano il sorgere del sole. Forse allora è per questo che sembra appartenere a luoghi normalmente non vissuti. Cianfrusaglie di ogni tipo rotolano fra i suoni di questo lungo lavoro, incrociando, in un unico flusso di coscienza, frammenti di folk scivoloso, marcette funeree o circensi, silenzi e crescendo cosmici, esplosioni e cavalcate soniche distorte al limite della comprensibilità. La fragile voce di Elvrum e una scrittura levitante, continuamente sospesa nel nulla, fanno il resto. Un moderno manifesto lo fi.

R The Days We Lost in the Sun

The Days We Lost in the Sun

Afternoons
The Days We Lost in the Sun, 2001


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loson

Difficile credere che uno degli zenith dell'intera epopea brit-pop sia stato concepito a inizio millennio, a giochi ormai conclusi. E invece i gallesi Afternoons sono riusciti nel miracolo, con buona pace di chi il genere l'ha sempre schifato. Zampillante malinconia indie-pop e tonalità autunnali, "The Days We Lost In The Sun" è opera di una ricchezza e compiutezza impressionanti; un lavoro denso di ricami acustici, con viola in bella vista, voce da brividi e arrangiamenti elaborati ma mai sopra le righe. Soprattutto, sontuoso scrigno per dodici canzoni che - mi ripeto - sono autentici miracoli. Fin dall'iniziale "A Change in Season I" si avverte un modus operandi che mira a lavorare di fino sulle melodie, per trasformare anche gli spunti più semplici in qualcosa d'inaspettato (i tempi molteplici della filastrocca "kinksiana" "Saturday Afternoon", il corale pianistico "Under A Sky"). Eppure tutto avviene con naturalezza, senza forzature. Nascono così il girotondo immortale "Here We Go Round Again", il crescendo drammatico di "If You Can Charm The Ticket Booth Girl", ballate senza tempo come "Falling Is Easy" e "My Beautiful Monkey": tutti episodi che, da soli, farebbero sfigurare l'intero canzoniere di Sufjan Stevens e quelli di molti altri autori altrettanto celebrati. Tanto misconosciuto quanto sublime, "The Days We Lost In The Sun" si meriterebbe tutto l'oro del mondo. Concedetegli ripetuti ascolti e non potrete non concordare.

R Scary World Theory

Scary World Theory

Lali Puna
Scary World Theory, 2001


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Dr.Paul

Achtung, elektronische musik. Elettronica in tempo moderato, da ascolto solitario, per ritrovarsi a prendere in esame le proprie esperienze interiori. Valerie Trebeljahr e Markus Acher (Notwist) confezionano uno dei migliori dischi della gloriosa label Morr. Germans do it better!

target

Una calda eleganza teutonicamente glassata di robotica. Austero e passionale assieme, è il sound elettronico dell'Europa pop anni 00.

fabfabfab

Musica elettronica per anime timide. I Lali Puna emergono dal sottobosco "indietronico" della Morr Music con grazia e delicatezza, con le loro atmosfere sognanti eppure cariche di tensione elettrica, con quella voce femminile un po' così e con quel vago sentore da Young Marble Giants tecnologici.

R Liberation

Liberation

Jackie O Motherfucker
Liberation, 2001


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paolo gazzola

La formazione di Portland, capitanata da Jef Brown e Tom Greenwood, è un progetto aperto che negli anni ha visto la partecipazione di una ventina di musicisti “ospiti”. Band discussa, da qualcuno esaltata, da altri affossata senza pietà, merita in ogni caso un approfondimento. Liberation è forse l’album più difficile da recepire fra quelli pubblicati dal gruppo. Quasi settantacinque minuti di musica complessa, irrisolta e frammentaria che declina uno scheletro country nei linguaggi del free-jazz più astratto. Fuori da ogni schema, Liberation è un inno, appunto, alla libertà: una sorta di jam assoluta dove, fra mille strumenti, i musicisti si muovono senza porsi limite alcuno, né di forma, né tantomeno di tempo. Musica senza regole, e senza confini.

R Lateralus

Lateralus10/10

Tool
Lateralus (Volcano 2001)

Sin dalla sua nascita, persa nella notte dei tempi, l’uomo è rimasto affascinato dall’immaginifico ideale della perfezione, che si manifestava intorno a lui...
bargeld

Il più lungo intenso sciagurato orgasmo dei miei vent'anni. Un lancio nel buio verticale e senza paracadute. Perfetto.

simone coacci

C'è ancora qualcuno che non sa di cosa stiamo parlando? Beh, lo compiango, ma non è mai troppo tardi.

Alessandro Pascale

Lateralus è uno dei peggiori salti nell'oscurità compiuti dal mondo della musica. L'apice dei Tool e quanto di meglio prodotto da tutto quell'alt-rock impregnato di umori dark-gothic dai tempi del primo post-punk

Marco_Biasio

Usare la gamma di parole fornite dal raggio di pensiero umano per descrivere un disco come "Lateralus" si rivela ben presto impresa al limite del possibile, in quanto esso è, per certi versi, il pensiero stesso. Non paghi di aver rifondato il prog metal dalle fondamenta con il lancinante scossone dato da "Ænima", i Tool raggiungono un vero e propro punto di non ritorno con questo seguito, del 2001. La musica, la parola, il ritmo, la melodia sono strumenti al servizio dell'ordine cosmico, incastrati in un'immensa geometria trascendentale che, pur manifestandosi concretamente in ogni brano, ne esce padrona del campo aldilà delle risorse utilizzate. Il suono diviene quasi affare d'un altro mondo: nerissimo, mantrico, ossessivo, strappato e intinto nella psichedelia più cupa, calcolato e sezionato in ogni sua più piccola parte, sa esprimere però una furia demoniaca che lo possiede più volte, dalle esplosioni pirotecniche sul finire di "The Grudge" (il cantante Maynard James Keenan, cronometro alla mano, si concede pure un disperato urlo di 26 secondi netti!), a "Schism", a "Parabola" e, soprattutto, ad una "Ticks & Leeches" che strappa via, con cieca possenza, l'ammanto composto che avevano fornito brani come "The Patient" e la title-track, scandita al ritmo della sequenza di Fibonacci. Ma le citazioni servono a poco, o niente: "Lateralus" è un'esperienza, catartica, per mente, corpo ed anima. Può piacere, come no, ma indubbiamente rappresenta qualcosa con cui, nel tempo a venire, un confronto diretto risulterà inevitabile.

R Is This It

Is This It10/10

The Strokes
Is This It (Bmg 2001)

Is This It è l’album d’esordio degli Strokes, gruppo di New York capitanato da Julian Casablancas e comprendente tra l’altro due italo-americani: il...
Cas

Come ridare vigore e senso al garage rock degli anni '70 non prendendosi per niente sul serio. Un irresistibile approccio spensierato e trasandato traghetta l'indie nel nuovo millennio. Ringraziate gli Strokes per averci fatto capire che il rock non è morto.

bargeld

L'album da auto perfetto. L'orizzonte limpido, il sole in faccia e tanta sguaiata voglia di cantare. Capostipiti, seppur derivativi al cento per cento, del nuovo (vecchio) rock'n'roll, saccheggiato negli anni seguenti da migliaia di band. Per questo e molto altro ancora, imprescindibili.

target

Il decennio in musica non può non passare per di qua: l'energia rock, la furbizia indie, le melodie scazzate, le magliette a righe, le mani in tasca, lo spleen sornione, lo scatenamento che occuperà i rock club a vita ("Last Nite, she said: Oh baby I feel so down"). Gli anni 00 del divertimento.

Alessandro Pascale

In 36 minuti troviamo condensati undici piccoli capolavori che non superano mai i quattro minuti di durata. Ascoltandoli si respira un’aria spigliata, fresca, ci si sente giovani e vitali come non mai. Le soluzioni chitarristiche sono spesso di una semplicità sconcertante senza però cadere nella banalità e comunque non significano una scarsa tecnica di Hammond e Valensi, i quali deliziano con numerosi e raffinati assoli. In definitiva Is this it è l'album che apre il revival wave in maniera sublime, ripescando e fondendo autori e stili come Velvet Underground, Television, Stooges, punk rock, power pop, rockabilly e rock’n’roll. Ancora oggi un disco sublime di cui non ci si pente.

fabfabfab

Adesso sono tutti in prima fila a ridere e a fare le pernacchie, intanto del 2001 erano in pochi a stare fermi quando partivano "Someday" o "Take It Or Leave It". Gran bel disco rock, e "Trying Your Luck" è un pezzo che resiste al passare degli anni.

R Fahrenheit Fair Enough

Fahrenheit Fair Enough

Telefon Tel Aviv
Fahrenheit Fair Enough, 2001


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Dr.Paul

Disco strumentale di elettronica downtempo, melodie ambientali, retaggi IDM e glitch. L’esordio del duo americano è un gioiellino senza tempo, ma Joshua Eustis e Charles Cooper sapranno ripetersi -con qualche variante- anche nei due dischi successivi. La prematura scomparsa di Cooper nel 2009 interrompe bruscamente l’attività dei Telefon Tel Aviv.

R Endless Summer

Endless Summer9/10

Fennesz
Endless Summer (Mego 2001)

Catturare l’errore, la falla del sistema operativo, il disguido eletto a “segno” con cui interagire in fase di composizione: la glitch music si basa su...
loson

Fennesz è il dio della musica.

FrancescoB

Un disco senza tempo, un lavoro psichedelico nel senso più puro ed etereo del termine, una sequela di tanti spunti immortali ed affascinanti. L'errore diventa Arte con la A maiuscola.

Cas

Ok, il glitch lo conoscevamo già. Ma Fennesz riesce in un'operazione impossibile: condurre il rumore a trasfigurarsi nel suo opposto, in pura melodia. Un'estate senza fine, una sospensione di spazio e tempo. Mai un errore è stato tanto bello.

Marco_Biasio

Costruire la musica sugli errori non è mai stato così poetico ed ammaliante. Il manifesto della glitch tutta passa attraverso le manopole dell'austriaco Christian Fennesz: disco imprescindibile per chiunque.

R Discovery

Discovery

Daft Punk
Discovery, 2001


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fabfabfab

Synth e disco-music suonata nell'iperspazio. "One More Time" è probabilmente il singolo riempipista più assurdo della storia (con quel break centrale infinito), ma il vero problema, tra attacchi techno ("Harder, Better, Faster, Stronger") e vocoder romantici ("Digital Love") è svuotarla, questa benedetta pista.

DonJunio

Il disco da party per eccellenza, contagioso e groovy come da copione. L’irresistibile solarità di “One more Time” e i brividi di “Aerodynamic”, tra stilettate alla AC/DC e una sinuosa coda aphexiana, sono i singoli schiacciasassi.

R Cold House

Cold House

Hood
Cold House, 2001


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paolo gazzola

Gruppo in evoluzione costante, gli Hood sono una delle più interessanti realtà che l’Inghilterra ha ultimamente offerto in ambito rock. Cold House, considerato da molti il loro capolavoro, è un oggetto unico e difficilmente catalogabile. Confluiscono qui le romantiche melodie degli ultimi Talk Talk, le diluizioni dei Bark Psychosis, la complessità di Wyatt e l’elettronica sbilenca e per errori di matrice Warp. Un ibrido di artificio e natura, screziato da glitch ed incursioni rap che misteriosamente rientrano nelle dinamiche dell’album senza colpo ferire. Una forma di simbiosi ancora sconosciuta.

fabfabfab

Il post rock bucolico degli Hood si autoaggiorna alla luce della lezione dei Notwist per un disco che profuma di carta bruciata, di autunno e di amori dimenticati.

FrancescoB

Un disco che ha dato voce e suono alla timidezza. E che ha saputo marchiare a fuoco il nuovo millennio appena iniziato: con composizioni eccellenti e straordinariamente toccanti, vive, vere e proprie confessioni a cure aperto, con tanto di ricerca sul suono e sulle nuove frontiere aperte dal post-rock, così come da glitch ed hip-hop. I primi minuti della traccia introduttiva sono fra le cose più emozionanti che mi sia capitato di ascoltare: non può mancare in nessuna collezione che si rispetti.

Cas

Gli Hood conducono il post-rock a nuovi ed entusiasmanti lidi con questo Cold House. Si fa tesoro delle ultime innovazioni del mondo dell'elettronica padroneggiandole alla perfezione. Rimembranze sfocate "post", inestetismi glitch, solido retroterra dub per un disco che mira a conquistare apici di purezza e perfezione. Riuscendoci.

R cLOUDDEAD

cLOUDDEAD9/10

cLOUDDEAD
cLOUDDEAD (Mush Records 2001)

Chi è? I cLOUDDEAD sono un progetto musicale di Yoni Wolf (alias Why?), Adam Drucker (alias Doseone) e David Madson (alias Odd Nosdam). Wolf e Drucker si...
FrancescoB

Hip-hop che guarda all'ambiente, alla psichedelia, che forse strizza l'occhio pure a certe robe industrial. Disco alieno e senza precedenti.

simone coacci

Il capolavoro della Anticon. B-boy e Fly-girl, fate largo all'avanguardia.

paolo gazzola

Un’autentica utopia che nel 2001 si potesse ancora operare una tale rivoluzione in ambito hip hop, genere agonizzante, nella posizione forzata di poter solo ripetere se stesso. I tre Clouddead, con in mano quasi nulla, recuperano l’essenza togliendo i beat dai campionamenti e dando vita ad una musica soffusa ma a forte rischio d’incendio. Un flusso psichedelico continuo, che fonde i brani e le parole come gli ingredienti di una insana e deliziosa pozione. Più che un disco, una nebulosa tossica. Il coraggio ed il genio di portare un genere oltre il genere. Oppure, in una parola, la libertà.

R Bath

Bath

Maudlin of the Well
Bath, 2001


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Marco_Biasio

L'Emozione. Metal? Sì e no. Prog? Sì e no. Acustica? Sì e no. Jazz? Sì e no. Cos'avevamo detto, l'Emozione? Vale per ogni sterile definizione di genere. Non contenete la lacrima che vi si aggrappa alle ciglia, significa che siete ancora vivi.

R Anima

Anima

Vladislav Delay
Anima, 2001


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Cas

Questo album è puro spirito. Il suono viene svuotato del superfluo per farsi sensazione, respiro, contenuto, idea. Un flusso incessante e di straordinaria bellezza tra ambient e glitch, concretismo e avanguardia.

R Amsterdam

Amsterdam

The Lofty Pillars
Amsterdam, 2001


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FrancescoB

Un lavoro imperdibile per chiunque sia in crisi d'astinenza da cantautorato colto, raffinato, dalle tinte noir e decadenti. Ma soprattutto un lavoro capace di regalare perle immortali, e di interpretare con personalità le radici nobili che Simone ha citato.

simone coacci

Dalle ceneri ancora fluttuanti e in procinto di ricomporsi dei Boxhead Ensemble e della prima scuola di Chicago, un progetto acustico, metafisico, orchestrale che assorbe Penguin Cefè Orchestra, Leonard Cohen, Bob Dylan, Nick Cave in un'ottica cantautorale mai così aderente alla classica contemporanea e allo splendore più autentico della musica da camera.

R All is Dream

All is Dream

Mercury Rev
All is Dream, 2001


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Alessandro Pascale

E' dream, è psichedelico, è soffice, è a suo modo pop e rock. E' un altro viaggio incantevole dei Mercury Rev. Non ai livelli dell'epopea di Deserter's Songs, ma sempre qualcosa di cui è bene bearsi in silenzio.

bargeld

Jonathan Donahue e soci dopo aver rivoluzionato il loro sound in "Deserter's Songs", grazie alla straordinaria produzione del geniale Dave Fridmann, confezionano un viaggio psichedelico vellutato e sognante. Ai confini del'inconscio.