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R Recensione

6,5/10

A Copy for Collapse

The Last Dreams on Earth

Daniele Raguso, in arte A Copy For Collapse, è un musicista della provincia di Bari che, a differenza di tanti suoi esimi corregionali patiti di raggamuffin, pizziche e tarante, si occupa di musica elettronica o – per esser puntigliosi – di chillwave. In principio questo sound veniva definito chillout e si adoperava per decomprimere le orecchie dei discotecari in apposite sale a volume contenuto su larghi e profondi divanetti. Si trattava perlopiù di remix a basso dosaggio di BPM effettuati sugli stessi pezzi dance che nella main room suonavano alla velocità giusta. Negli ultimissimi anni il suffisso out è stato sostituito da wave proprio per indicare la tendenza trendy cui questo genere si andava conformando e a cui poi è definitivamente approdato. Musica suggestiva, sognante, dandy e melliflua, abbastanza easy per piacere un po’ a tutti. Il disco di debutto di A Copy For Collapse ben s’inserisce in questo filone elettronico e non fa che confermare la pervasività della chillwave, portata al successo da Teen Daze, Toro Y Moi, Air France, Washed Out, Com Truise o dai nostrani Casa Del Mirto.

Come per loro, anche in “The last dreams on Earth” c’è una buona saturazione di suoni, ma il tocco wave di Raguso si dimostra indiscutibilmente meno gonfio dei suoi concorrenti, più sottile nelle ritmiche e certamente più acerbo nella struttura. Ciò non toglie che pezzi come “Lucid dream”, “Lysergic lullaby” o “White rainbow” (con la chitarra di Alfredo Ardia) ci si presentino affascinanti, trasognanti ed emotive: voci meccaniche lontane e il lento incedere delle batterie elettroniche vanno a braccetto con la distorsione dei synth, distorsioni che non sporcano mai il suono ma che anzi lo riempiono di vibrazioni e sfaccettature. In altri brani, come “State of mind” e “Waking from reality”, il sound di A Copy For Collapse si fa più vicino alla cara vecchia lounge music, mentre in “The last goodbye”, “Grey sky” e “Clouds” il mood torna quello dell’attuale chillwave, senza però creare momenti di vero trasalimento. In “The last dreams on Earth” la cura per il suono è impeccabile e globalmente il disco è piuttosto omogeneo dal punto di vista della scrittura, con aperture e ripartenze che spesso stordiscono l’ascoltatore. Questo è un disco che sa il fatto suo ma che probabilmente inciderà poco sul genere in questione; uno degli aspetti certamente più gradevoli è che un siffatto LP fa presagire che la Puglia non sia solo riscoperta ed attualizzazione delle radici folk, anche se non sappiamo bene quanto sia vitale e prolifica la scena elettronica barese.

Per sua stessa ammissione, nelle influenze di Raguso ci sono i Cabaret Voltaire, i Boards Of Canada, Aphex Twin e i Grizzly Bear, tutti nomi altisonanti della scena elettronica e indie rock mondiale, dai quali ha rubato qualcosa, ora le trame ritmiche, ora gli effetti d’ambiente, ora la dilatazione sonora. Sta di fatto che “The last dreams on Earth” va ascoltato di notte, accomodati su grandi puff in compagnia di belle signore con le quali discorrere di cose leggere e sensuali ad un tempo.

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