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9/10

Crystal Castles

Crystal Castles

Il senso di questo disco sta alla fine della prima traccia, “Untrust Us”. Dopo tre minuti di voce deframmentata dal vocoder e accompagnata da echi asfissianti e fraseggi elettronici da luna park, in un’atmosfera visionaria e alienante, emergono dal nulla tre secondi di sporchissimo punk. Errore? No. È un sample di “Dead Womb” dei Death From Above 1979, un duo che aveva praticato con rabbiosa devozione la commistione tra disco e punk. I due Crystal Castles, da parte loro, dopo anni di Ep e singoli spaiati, ci consegnano un lavoro puramente elettronico, con il punk (altrui) relegato in questo angolo. Perchemmai? Perché quell’inserto, più che un angolo, è il buco della serratura attraverso cui osservare l’intero disco. Elettronica suonata con attitudine punk (o al massimo post-punk), quindi; pura devastazione, febbricitante e drogata, costruita sui beats.

Ethan Kath programma; Alice Glass canta. Da Toronto, Canada. Dove non si fa solo indie rock. Loro si tirano fuori dalla fantomatica nu-rave in cui sono stati impastoiati dopo remix concessi ad amici vari (Bloc Party, “Hunting For Witches”; Klaxons, “Atlantis To Interzone”), e tutti regolarmente ce li ributtano dentro. Ma a torto. Perché in questo debutto di sedici canzoni (senza riempitivi!) c’è molto altro, per non dire tutt’altro, a partire dall’8-bit, ossia elettronica combinata a effetti sonori da Atari o Nintendo, da retrogaming in generale (pare solo leggenda che Kath suoni un synth dotato di scheda Atari incorporata): vedere alla voce David E. Sugar. E poi c’è qualcosa di electroclash (Ladytron), spuntano inclinazioni dark wave (White Rose Movement), si legge tra le righe un istinto synth-pop goticheggiante (The Knife), travolto da riferimenti house tra ottanta e novanta e persino da una certa eurodance allucinata.

Ciò che rende straordinario questo disco, però, è che tanta stratificata cultura musicale non toglie affatto l’anima alle canzoni. Al contrario. I Crystal Castles sono abilissimi nel far coesistere energia e atmosfera, rumore e melodia, archeologia tecnologica e disperante estetica contemporanea. Ne esce un lavoro angoscioso, soffocante, scurissimo, da metropoli notturna e autostrade squarciate da fari, sempre in bilico tra melodismo e furore noise.

La voce della Glass (piccola icona autodistruttiva) è quasi sempre strozzata, insabbiata da quintalate di effetti, scomposta artificialmente, e, quando è naturale, risulta isterica ed espressionistica. In “Alice Practice” è oppressa da cumuli digitali frantumati (rocce di Mario Bros?), che a tratti danno vita a brevi segmenti melodici devastantemente neri. Piccolo capolavoro avantgarde, così come la simile “Love And Caring” (come definirlo: electro-noise?), che offre i beat più violenti del disco. “Xxzxcuzx me” (farti cosa?) è una scarica electro-punk paurosa, è house calata in un Game Boy (andatatevi a sentire gli YMCK) e filtrata da una sotterranea vena new wave. Ed è pura brutalità.

Persino i momenti più distensivi, lungi dal proporre un piacevole chill-out che faccia uscire per qualche attimo dal tunnel, vengono sabotati da continue interpolazioni, macchie, insozzature, a dare un quadro confuso, destrutturato, paranoico. “Crimewave” obbedisce proprio a questa antiestetica synth-pop, che demolisce nel momento stesso in cui crea. “Air War” è ancora 8-bit immersa nella realtà: il computer-sound, come in un incubo, esce dal regno della tecnologia e si cala nella fisica e nella sensibilità delle cose vere. I sei minuti strumentali di “Magic Spells” sono disturbati da un loop subdolamente spettrale.

E il bello deve ancora venire. Perché la seconda metà del disco offre altre sorprese, che rendono l’idea, alla fine della fiera, di un gigantesco rimpasto dell’intera scena elettronica degli ultimi vent’anni: c’è spazio per una disco sospesa tra Miami e il Sound Factory di New York (“Knights”: Junior Vasquez o Danny Tenaglia girano da queste parti), per un electro-pop anni ottanta (“Vanished”; canta Van She), per oscurità nordiche (“Reckless”: The Knife, Royksopp e dintorni), persino per richiami europei anni novanta (“Black Panther”, l’unico momento davvero techno: ci sono gli Snap di “Rame”, forse addirittura la proto-trance di “The Age Of Love”).

L’impressione è che i Crystal Castles abbiano pubblicato come debutto una sorta di Greatest Hits tremendamente compatto, in cui tutto si tiene e tutto si sfrange. L’etereo finale acustico di “Tell Me What To Swallow” (impasticcamento dichiarato), un po’ Saint Etienne sfumati, lascia intravedere altri sviluppi. “Courtship date”, la punta di diamante del disco (dritta tra le canzoni dell’anno), apre uno squarcio sulla sotterranea sostanza di un’opera solo apparentemente algida. Maniacale, tormentata, piena di urla e di loop sfrigolanti che la fanno vorticare come una girandola impazzita, è la canzone-manifesto di una nuova poetica del caos visto dalla prospettiva di chi ne viene travolto – e proprio per questo prova il sadico gusto di ricrearne uno tutto suo.

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Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 26 voti.

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Cas (ha votato 8 questo disco) alle 23:59 del 28 dicembre 2008 ha scritto:

accidenti, album così mi sfasano di brutto la top 20!;D Devo farti i complimenti per la recensione, capace di interpretare al meglio un lavoro che poteva facilmente essere mal interpretato o incompreso...Il voto non lo metto ancora, ma siamo ad alti livelli. In particolare le tracce più house e synth sono quelle che apprezzo di più (vedi Crimewave, Air war, Courtship Dating...).Per non parlare degli inserti 8 bit e della loro anima stupendamente trash!

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 0:03 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

Uff... ma io questo volevo evitarmelo. Vabbè, lo cerco, ma ammetto di essere prevenuto ....

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 10:08 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

E vaffancul ... Ascoltato, di prima mattina. Bello, forse il disco più divertente dell'anno. A volte sembrano i Blonde Redhead presi a calci nel culo dagli Atari Teenage Riot ("Alice Practice", "XXzxCUxXX me"), a volte si fanno educare, con scarsi risultati, dai Depeche Mode ("Crimewave") o dagli Air ("Magic Spells"), poi si mettono a giocare con i suoni wave e con l'elettroclash ... Secondo me fra un paio di anni non se li ricorderà più nessuno, ma io, per la notte di Capodanno, voglio solo loro.

Roberto Maniglio (ha votato 8 questo disco) alle 23:51 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

notevoli.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 0:25 del 30 dicembre 2008 ha scritto:

ma si dai, quattro stelle se le meritano...crepi l'avarizia!

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 19:43 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

Nella maggior parte non è musica che possa superare il vaglio di un musicofilo incallito del XX° secolo: elettronica disco facile e facilona

uguale a quella ascoltata quasi trent'anni fa al

buio del mattino. Ogni tanto spuntano fiori selvaggi e neri come la pece: sono 4 brani di

elettronica punk anarchica e rumorosa (Alice practice, Xxzxcuzx me, Love and caring e Through

the hosiery), degni di rispetto. Piacevole Untrust us, interessante Knights.

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 15:53 del 10 ottobre 2010 ha scritto:

Grandioso 'sto disco! Fluorescente e dinamico come non se ne sentiva da tempo! Bella anche la rece, France'

elfo8732 alle 11:47 del 20 settembre 2011 ha scritto:

un cd epico! i cristal castle danno la prova di essere all'altezza della scena musicale elettronica mondiale con questo piccolo scrigno elettronico! sorpendente l'uso del sint e della voce! le melodie nuove e fresche i bassi violenti e bene decisi: DA AVERE

Lepo (ha votato 8 questo disco) alle 19:01 del 16 settembre 2013 ha scritto:

Che disco allucinante e allucinato. Rappresentazione sonora sfibrante di una contemporaneità disagiata, incazzata, ma al contempo apatica e fondamentalmente inerte di fronte alla vita. Le scariche di pura adrenalina della stagione electroclash vengono rivomitate in rigurgiti 8-bit (l'utilizzo che ne è stato fatto qui ha influenzato per almeno 2-3 anni una marea di musica elettronica) e rinvigorite da una furia cieca, di matrice punk e tipica di chi si sente senza futuro, interpretata soprattutto dalla voce lacerata di Alice Glass. Sia qui che nei successivi due lavori, i Crystal Castles dimostrano di possedere pure un discreto talento melodico, anche dreamy, però la follia visionaria dell'opera prima non si è più ripetuta, fino ad ora.

LucaJoker19 alle 14:08 del 16 luglio 2015 ha scritto:

Knights è assurda.. il resto me lo vado a riascoltare perchè ci ho capito ben poco.. specie in Alice practice ..

LucaJoker19 alle 19:09 del 25 luglio 2015 ha scritto:

al secondo ascolto devo dire che questo album è una figata assurda e con gli ascolti può andare solamente meglio.. li conoscevo questi CC, grazie a Celestica (non in questo album) ma non mi era mai passata l'idea di ascoltarli . molto bravi.. ci penso per il 9 come voto finale ..