R Recensione

7,5/10

Jan Peter Schwalm

The beauty of disaster

 “La musica di Peter Schwalm è come il suono del mondo moderno: una complessa matrice emozionale che cattura l’eccitazione e la velocità, come l’ansia e la malinconia”. Sono parole di Brian Eno, uno degli ispiratori del musicista di Francoforte e suo partner nell’album “Drawn for life” del 2001, agli albori di un percorso che ha condotto Schwalm a collaborare con orchestre  sinfoniche, come l’Ensemble modern di Francoforte, con lo Stuttgarter Ballet ed il Lyceum Theatre di Sheffiled, a partecipare a significative riletture elettroniche, da Wagner ai Kraftwerk ed a scrivere colonne sonore come quella per “Fear X “di Nicholas Winding Refn”. Un approccio olistico che in casa RareNoise, regno dell’irrequietezza e della inesausta curiosità, sembra avere trovato la dimensione ideale, e che il nuovo album conferma nella sua costruzione, assemblaggio di tante diverse forme musicali alle quali ogni ascoltatore, in base alla propria sensibilità, potrà ricondurre singole  voci di  quell’elenco di stati d’animo cui accenna Brian Eno.

Se l’impostazione sinfonico - ambientale, in chiave elettronica, è senza dubbio uno delle fonti di ispirazione di Schwalm ed alcune composizioni richiamano le progressioni sonore, dal piano al pieno, di Gyorgy Ligeti (“The anxt code” “The beauty of disaster” e la conclusiva “Endknall”), le dieci tracce del cd svelano anche anche tante altre facce del mondo musicale di Peter Schwalm : dalle cadenze ritmiche marziali di “Himmelfhart”, intarsiata di cut ups sonori, ai battiti irregolari di “Numbers become stories”, (il trip hop guida un pianoforte classico nell’ universo ambient ), dalle iterazioni dark di “Stille blitz und donner”, alle rarefatte esplosioni noise di “Zirkeltrilogie” , fino all’andamento dub di “The end and the beginning che si conclude con una magnetica, infinita  spirale di suoni eterei.“Wunschklangregister” è invece una siderale ballata elettronica, che cattura i sensi con la semplicità di una toccante melodia accompagnata da una ritmica elettronica discreta, ed è una fra le cose migliori dell’album.

Sono compagni di viaggio di Schwalm un gruppo di assidui sperimentatori dell’area elettro avangarde europea: il batterista  Martin France, il pianista Michel Wollny qui impegnato all’organo a pompa, e gli assidui compagni Eivind Aarset con le sue chitarre astratte e Tim Harries al basso. La bellezza del disastro, quale che sia , è davvero intrigante e piena di sorprese.

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