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R Recensione

7,5/10

VeiveCura

Goodmorning Utopia

VeiveCura è un progetto nato nel 2008 per mano di Davide Iacono, arrivato oggi a completare la sua personale trilogia discografica. “Sic Volvere Parcas” (2010) era costruito quasi esclusivamente su archi e fiati, “Tutto è Vanità” (2012) batteva sentieri decisamente più pop; arrivò infine questo “Goodmorning Utopia”, un disco che sa di sottobosco, con atmosfere aeree e sognanti, tra nebbie e rugiade novembrine, dove al reale è sempre affiancato l’elemento onirico. In questi anni Davide Iacono ha inciso, collaborato, suonato, interpretato, registrato, vissuto, e tutto è finito qui dentro, in un sogno musicale che affonda le sue radici concettuali nella letteratura dei senza patria, o perlomeno di tutti coloro che per patria hanno l’utopia.

Si parte da “Persepolis“, con un piano in reverse ed altri effetti che immergono tosto l’ascoltatore in una dimensione ideale: Atlantide, la città perfetta ma inesistente, è qui reale, e forse Iacono si riferisce proprio all’antica Persepoli dei persiani. Omettendo la fatica del per aspera VeiveCura giunge subito “Ad Astra”, con una melodia che ricorda la VNV Nation e i Sigur Rós di “Hoppípolla”. Arriviamo così al primo concentrato sonoro, suite di terra, “Utopia pt. I-II-III”, fantasia sonora che, dall’incipit di pianoforte, si dirige man mano verso strumenti belli e inconsueti per l’indietronica, come il vibrafono, la tromba, il violoncello e il corno: su tutto aleggia, quasi impercettibile, la telecronaca pizzuliana di Italia-Nigeria 1994 che vide un Roberto Baggio in forma smagliante.

Ancora pianoforti con “Nei Tuoi Occhi Legno” e di nuovo un lento fluire di percussioni e drum machine in “Young River”, brano assimilabile all’immaginario dei Giardini Di Mirò. La suite d’acqua spetta a “Utopia pt. IV-V”, con vibrafoni contiani, batteria post-rock, tromboni, clarinetti e flauti, in una dolce fonduta di melodie ed armonie melliflue. Dopo la bellissima sgaloppata di “Oxymoron” è la volta della suite di fuoco, “Utopia pt. VI-VII”, neoclassica come Tiersen, elettronica come Battiato. VeiveCura chiude il disco con “Goodnight Utopia”: il sogno è finito, ma l’utopia resta in piedi tanto che, nelle parole del sempreverde Wilde: «Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l’umanità approda di continuo. E quando vi getta l’ancora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’umanità di nuovo fa vela».

Goodmorning Utopia” è un disco meraviglioso, toccante nei suoi sprofondi sentimentali, epico in quei suoi slanci musicali. Questo lavoro indica una cura contro la rassegnazione dei nostri tempi e la disillusione quotidiana: questa cura riposa sulla sponda di un fiume, in quell’incostante confine tra il risoluto essere della terraferma e l’eracliteo divenire delle acque.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 2 voti.
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LacioDrom 9,5/10

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