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R Recensione

7/10

Alcest-Les Discrets

Split [EP]

I feticisti e gli estremi sostenitori della necessità di possedere, sempre e ad ogni costo, l’oggetto fisico, si staranno sicuramente facendo allettare da questo esclusivo vinile in tiratura limitata, uno split condiviso tra gli esordienti Les Discrets ed uno dei nomi più importanti del metal europeo negli ultimi anni, quello di Neige, one-man band meglio conosciuta sotto il nome di Alcest e fautrice, quasi tre anni fa, di un disco compatto, ispirato e struggente come “Souvenirs D’Un Autre Monde”, black-gaze etereo e perennemente impostato su vorticosi muri di suono. Ottima occasione, visto il prossimo parto sulla lunga distanza ormai imminente, di testare quali siano gli umori dell’una, ma anche dell’altra parte, già all’opera sul progetto condiviso Amesoeurs.

Nei quasi dieci minuti a sua disposizione, il chitarrista transalpino non si nasconde dietro ad un dito e tradisce una palese volontà di abbracciare forme più coese e meno imbastardite di black metal, legandosi maggiormente alle origini di scalcagnate tapes come “Tristesse Hivernale”, oggi (fortunatamente) introvabili. Ciò che ne esce convince a metà: troppo scarso il materiale per giudicare con pienezza, ma poco è anche il coraggio messo in campo, fra pulsioni opposte e respingenti di tornare all’ovile (“Percées De Lumière”, con uno scream vicino ai Nargaroth) e danze acustiche, lievemente condotte per mano, sebbene non così impressionanti come una volta (“Circe Poisoning The Sea” levita su liquide soluzioni di arpeggi). Buono, a prescindere, ma il sospetto – speriamo confutabile – è che il clamore suscitato dal progetto ne stia appannando la sincerità: aspettiamo riscontri più sostanziosi.

La speranza è pressoché identica parlando dei Les Discrets, ma per tutt’altri motivi. Si scorge, dietro le distorsioni e gli arrembaggi elettrici, un eccellente gusto melodico, veicolato da una voce pulita quasi ombreggiata, che piazza il gruppo oltre i cliché del macrocosmo scandinavo, in un’ideale posizione d’èlite tra folk, shoegaze e new wave (gli intrecci, in particolare, di “L'Échappée”). Solo “Song For Mountains” si lascia scivolare addosso, anche se con gusto particolarmente delicato e selvaggia coda psichedelica, maglie di chitarre burzumiane. Un insignificante peccato di gioventù, fra le altre cose, perfettamente controbilanciato dall’impeto poetico che fa di “Après L'Ombre”, lugubre e katatonica ballata, pezzo ideale di questo battente, introspettivo inverno.

Buttateci un orecchio, potrebbe sorprendervi.

 

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Emiliano alle 18:44 del 4 febbraio 2010 ha scritto:

Finalmente un disco black (anche se alla lontana, a quanto sembra...) dove lo trovo?