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7/10

Turbowolf

Turbowolf

Ehi ehi ehi, urca urca, fermi tutti. Che cosa è successo? Quaranta minuti di puro fuoco, di assoluta furia punk, tredici tracce di riff pirici come non se ne sentivano da anni, e non una riga su tutto il web (in italiano, ovviamente)? Vale la pena chiederselo davvero: che è successo? Partiamo da capo, e ragioniamoci su.

In quel di Bristol, patria di ben altri generi musicali, qualche anno orsono quattro ragazzi mettono su una rock band che potrebbe vincere tranquillamente il premio di “Band dal nome più brutto”: sono i Turbowolf. Vogliono fare del sano e salutare hard rock, di quello che spacca, o forse del punk, o forse del metal, o anche dello stoner, o della psichedelia, o forse tutte le cose insieme, e tante altre. La cosa eclatante è che riescono a farle tutte, e in maniera che rasenta la perfezione.

Inutile fare la solita analisi-traccia-per-traccia, c’è di tutto. C’è una opener come non se ne sentivano dai tempi di Declare Guerre Nucleaire, la canzone che parte in chiave hardcore e si apre su ritornelli che neanche Ain’t No Time, il blues più canonico, malato ed orecchiabile, una ballata in bilico tra QOTSA e RHCP, finali di canzone alla Black Sabbath con inserti di synth psychobilly, e poi puri e semplici esperimenti. E ancora, un suono di basso così grasso da far rimpiangere l’Olivieri di Blues For The Red Sun, riff direttissimi alla Death From Above 1979, e un’attitudine punk che fa venire alla mente gli Hellacopters di Supershitty To The Max! Un puro assalto rock.

Avete presente quando una canzone, già dal primo ascolto, vi è entrata sottopelle al punto che spenderete i successivi quaranta ascolti e le settimane seguenti a cercare, invano, dove l’avevate già sentita, per poi dichiararvi sconfitti ed accettare che vi trovate di fronte, né più né meno, ad una grande, riuscitissima canzone e basta? Ecco, qui ne avete tredici su tredici tracce - intermezzi inclusi - con menzione d’onore per Ancient Snake, A Rose For The Crows, Read & Write (ma anche l’”incompiuta”, brevissima KJ, e anche Lets Die, e anche...). Per quanto i casi siano diversi, era dai tempi degli At The Drive-In di Relationship Of Command che non ci capitava una manciata di musicisti così onesti, sporchi, incazzati e genuinamente appassionati alla musica che fanno e a tutta quella che hanno ascoltato.

Veniamo dunque a noi, ché come già detto il 2011 si è chiuso senza la minima traccia del passaggio dei nostri, e anche se il disco è uscito a metà novembre, di tempo per ascoltarlo ce n’era. Invece, niente. Ze-ro. Quindi, che è successo?

Beh, immaginiamo che ci sia chi dirà che è già stato fatto. Anzi peggio, che "il genere (come se ce ne fosse solo uno, nel disco) non ha più nulla da dire”, il che ci suona un po’ strano e sommamente snob, suona un po’ come se fosse davvero possibile stancarsi delle lasagne fatte in casa dalla mamma e mangiare unicamente i micropiatti della cucina molecolare, per puro gusto avanguardistico e riuscendo a spegnere le ragioni del cuore (e dello stomaco).

E poi ci cade l’occhio (l’orecchio) alle classifiche dei “Migliori del 2011” di un po‘ tutte le parti, e vediamo che gli allori vanno a pallidi e melanconici cantautori che cantano (in falsetto, magari) il disordine dei sogni (cit.), o agli infiniti epigoni degli epigoni degli epigoni degli epigoni dei maestri, che sono ormai talmente tanto post- da essere più vecchi e noiosi e senz’anima che nuovi. E ci sembra che in questi tempi musicali a farla da padrone siano più il cervello e la razionalità, e non il cuore, il sudore e la passione. Anzi vien da chiedersi quanti saranno riusciti a leggere fino a qui questa recensione, dopo che abbiamo sciorinato (volontariamente) buona parte del campionario lessicale delle recensioni di genere (come se ce ne fosse solo uno, nel disco - parte seconda), con espressioni come “sano e salutare hard rock che spacca”, “furia punk”, “riff diretti ed orecchiabili”, “assalto rock”.

E fin qui va tutto bene, salviamola pure, questa biodiversità musicale, ché come si dice il mondo è bello perché è vario, ma davvero suona triste vedere esclusi dalle classifiche di tutto un anno dischi come questo. Ma non ce ne sono proprio più, di ragazzini tredicenni che sognano di diventare delle rock star capellone e sudate e di spaccare il mondo a colpi di riff incendiari sparati a tutto volume? O forse ci sono ma poi subiscono incomprensibili metamorfosi e rinnegano il loro sporco passato?

Sinceramente, ragazzi, che cosa è successo?

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