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R Recensione

7/10

Tons

Filthy Flowers Of Doom

Ogni tanto, come Courtney Barnett, mi siedo e penso: a che pro investire ancora tempo ad ascoltare l’ennesimo disco doom? cosa può darmi di nuovo, di diverso rispetto a quanto già non sappia? è forse meglio sacrificarsi per la qualità o per la quantità? ora che i Black Sabbath sembrano archiviati per sempre, chi me lo fa fare? non potrei finalmente celebrare la mia avvenuta disintossicazione dalle frequenze basse? Poi, puntualmente, arriva la risposta motivazionale, intimamente insperata ma pur sempre immancabile. Colpisce il silenzio dei piemontesi Tons, che – se si escludono i due brani per un 12” sotto Heavy Psych Sounds condiviso coi Lento (2013) e il 7” in 200 copie “Exclusive Holidays” (2014) – sono fermi da ben sei anni, ossia dal buon esordio “Musineè Doom Session, Volume I”. Attesa ottimamente ripagata, verrebbe da dire, e non per mano di un fantomatico, salomonico secondo volume: “Filthy Flowers Of Doom”, che per la prima volta presenta la formazione allargata a quattro, è la più classica delle wrecking ball lanciata a tutta velocità sull’ascoltatore, una scossa tellurica che vibra di furia situazionista.

Oggi, ancor più che in passato, la trascorsa militanza dei Tons in formazioni afferenti più o meno tangenzialmente al neo-hardcore torinese si fa sentire in tutta la sua imponenza: spettacolare è il decollo di “Abbath’s Psychedelic Breakfast”, con un mortifero riff sludge ad esplodere sui gargantueschi tamburi di guerra d’apertura, un bombardamento ritmico che coniuga potenza e chirurgia, estensione plastica e forza dinamica. Il brano in sé è un autentico carnaio: una bolgia amplificata a volumi da contraerea e tagliata con una certa qual aggressività crust. La magia si ripete in fondo, con una “Sailin’ The Seas Of Buddha Cheese” (geniale!) che suona come dei Motörhead alle prese con “Dopesick”: l’assordante crescendo viene poi messo alla garrota da una coda truculenta, uno sludge in slow motion incrostato di sample vocali di grandissimo effetto (Dominic Hailstone, dove sei quando servi?). Nel mezzo, la qualità è più altalenante: il trascinante heavy blues di “99 Weed Balloons” usa con intelligenza la pentatonica di servizio, mentre votata ad una monocromia zincata è la slavina di “Those Of The Unlighter” e “Girl Scout Cookie Monster” anima di un curioso groove swingato la sua classicissima frase chitarristica portante (con il solismo conclusivo che sprizza cafoneria metallica da tutti i pori).

Lo consideri terrificante e lo scopri divertente: ondeggi divertito, e ne vieni travolto; lo prendi sul serio e ne ricevi indietro uno sberleffo. Non è l’Agostino apocrifo delle Confessioni, ma il ritratto dell’ascoltatore alle prese con “Filthy Flowers Of Doom”, e che gran complimento questo. In cabina di regia Dano Battocchio e Brad Boatright: forearmed is forewarned

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