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R Recensione

7/10

King Gizzard & The Lizard Wizard

Nonagon Infinity

Se quanto seguirà vi sembrerà più una lezione d’anatomia di boitiana memoria, portate pazienza: il fine giustifica i mezzi. Prendiamo “Robot Stop”: più precisamente, diciamo, quel monoriff tutto shake e sporcizia garage che, da 0:25 a 0:44, regge da solo la prima strofa del brano. Vi torna in mente qualcosa? Ma certo!, esclamerà trionfante l’ascoltatore puntiglioso: è lo stesso che chiude “Road Train”, da 3:50 in avanti (la registrazione su cd si tronca bruscamente: segno che, probabilmente, su vinile l’uroboro strumentale si morde all’infinito la coda, come un “Metal Machine Music” preso a calci sugli stinchi dai canguri). Continuiamo a sezionare la canzone. Da 3:29 a 3:49 martella quel fraseggio gattonante che apre “Big Fig Wasp”, intervallato dal medesimo segmento acido che, originariamente, fa bella mostra di sé da 1:32 a 1:39. Per non parlare del passaggio da quest’ultima a “Gamma Knife”!, un continuum impercettibile, proseguirà imperterrito l’ascoltatore, tanto più che il brano inizia nella stessa identica maniera di “Robot Stop” e finisce con lo stesso andante orientaleggiante su cui si regge “People Vultures”, poi risuonato all’organo per l’inaugurazione solenne di “Mr. Beat”…

Ripartiamo da capo: si può riuscire a scrivere un intero disco combinando, entomologicamente o linguisticamente che dir si voglia, una quantità ridotta, diciamo, una decina, di variabili (nel nostro caso, le frasi musicali)? Per tutti gli scettici lì fuori, “Nonagon Infinity” è la prova empirica – rumorosa, sudata, maleducata, sincera – di quanto abbiamo appena teorizzato. Funziona esattamente in questa maniera – anche se ci vuole un po’ di attenzione per arrivare a comprenderlo: il primo brano funge da incubatrice di (quasi) tutti i temi e le melodie che verranno poi distribuiti, con bilancino e contrafforte, per tutto il resto del disco. Più che un insieme di nove canzoni, allora, “Nonagon Infinity” potrebbe essere visto quasi come una corposa, unitaria suite, a trazione alternata e a movimento ondulatorio, che si caratterizza per una persistente ripresa autocitazionistica. Quanto realmente stupisce dell’operazione, aldilà dell’alchimia e dell’interplay perfetti – i soli in grado di garantire il corretto funzionamento di questo giochino autoalimentante e postmoderno – è che a proporla non sia un incanutito compositore d’avanguardia, ma un esplosivo collettivo psych garage di Melbourne: conseguentemente, che il risultato non sia l’ennesimo trattato filosofico colmato di silenzi, ma un dinamitardo cocktail rock’n’roll, da ballare ed ascoltare fino allo sfinimento.

Sono perfettamente comprensibili i dubbi di chi prova a prendere sul serio sette ragazzoni che si fanno chiamare King Gizzard & The Lizard Wizard. Tuttavia, un lavoro come “Nonagon Infinity” non permette dietrologie e duplici interpretazioni. Schietto ed esplicito dal primo all’ultimo secondo, il flusso musicale, come si amava dire qualche tempo addietro, non fa prigionieri: il pur scaltro Ty Segall, autoproclamatosi feudatario incontrastabile del genere oltreoceano, impari dalle dinamiche impeccabili di “Evil Death Roll”, dalla sarcastica e strascicata rilettura del main theme di “Robot Stomp” in “Wah Wah”, da quella ruvidezza hard-boogie (“Road Train”) solo sporadicamente costeggiata nei Fuzz, dalla ruffianeria cripto-Motown di “Mr. Beat”.

Se, come ci auspichiamo, “Nonagon Infinity” vi ha favorevolmente impressionato, vi consigliamo di ripescare “I’m In Your Mind Fuzz” (2014), che gli è intimamente vicino per struttura e umori, e di connettere i due cateti con un’ipotenusa d’eccezione, “Quarters!” (2015), composto da quattro brani di dieci minuti l’uno. Per inciso: questo di cui avete appena letto è, per i King Gizzard & The Lizard Wizard, l’ottavo album in quattro anni (!). No, decisamente non sono dei cazzoni perdigiorno.

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 3 voti.
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luca.r 5/10
Dengler 6,5/10

C Commenti

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Cas alle 15:07 del 10 agosto 2016 ha scritto:

bella sferzata noise-garage. ripetitivo, vero, ma il tiro lo mantengono dall'inizio alla fine.