King Gizzard & The Lizard Wizard
Nonagon Infinity
Se quanto seguirà vi sembrerà più una lezione danatomia di boitiana memoria, portate pazienza: il fine giustifica i mezzi. Prendiamo Robot Stop: più precisamente, diciamo, quel monoriff tutto shake e sporcizia garage che, da 0:25 a 0:44, regge da solo la prima strofa del brano. Vi torna in mente qualcosa? Ma certo!, esclamerà trionfante lascoltatore puntiglioso: è lo stesso che chiude Road Train, da 3:50 in avanti (la registrazione su cd si tronca bruscamente: segno che, probabilmente, su vinile luroboro strumentale si morde allinfinito la coda, come un Metal Machine Music preso a calci sugli stinchi dai canguri). Continuiamo a sezionare la canzone. Da 3:29 a 3:49 martella quel fraseggio gattonante che apre Big Fig Wasp, intervallato dal medesimo segmento acido che, originariamente, fa bella mostra di sé da 1:32 a 1:39. Per non parlare del passaggio da questultima a Gamma Knife!, un continuum impercettibile, proseguirà imperterrito lascoltatore, tanto più che il brano inizia nella stessa identica maniera di Robot Stop e finisce con lo stesso andante orientaleggiante su cui si regge People Vultures, poi risuonato allorgano per linaugurazione solenne di Mr. Beat
Ripartiamo da capo: si può riuscire a scrivere un intero disco combinando, entomologicamente o linguisticamente che dir si voglia, una quantità ridotta, diciamo, una decina, di variabili (nel nostro caso, le frasi musicali)? Per tutti gli scettici lì fuori, Nonagon Infinity è la prova empirica rumorosa, sudata, maleducata, sincera di quanto abbiamo appena teorizzato. Funziona esattamente in questa maniera anche se ci vuole un po di attenzione per arrivare a comprenderlo: il primo brano funge da incubatrice di (quasi) tutti i temi e le melodie che verranno poi distribuiti, con bilancino e contrafforte, per tutto il resto del disco. Più che un insieme di nove canzoni, allora, Nonagon Infinity potrebbe essere visto quasi come una corposa, unitaria suite, a trazione alternata e a movimento ondulatorio, che si caratterizza per una persistente ripresa autocitazionistica. Quanto realmente stupisce delloperazione, aldilà dellalchimia e dellinterplay perfetti i soli in grado di garantire il corretto funzionamento di questo giochino autoalimentante e postmoderno è che a proporla non sia un incanutito compositore davanguardia, ma un esplosivo collettivo psych garage di Melbourne: conseguentemente, che il risultato non sia lennesimo trattato filosofico colmato di silenzi, ma un dinamitardo cocktail rocknroll, da ballare ed ascoltare fino allo sfinimento.
Sono perfettamente comprensibili i dubbi di chi prova a prendere sul serio sette ragazzoni che si fanno chiamare King Gizzard & The Lizard Wizard. Tuttavia, un lavoro come Nonagon Infinity non permette dietrologie e duplici interpretazioni. Schietto ed esplicito dal primo allultimo secondo, il flusso musicale, come si amava dire qualche tempo addietro, non fa prigionieri: il pur scaltro Ty Segall, autoproclamatosi feudatario incontrastabile del genere oltreoceano, impari dalle dinamiche impeccabili di Evil Death Roll, dalla sarcastica e strascicata rilettura del main theme di Robot Stomp in Wah Wah, da quella ruvidezza hard-boogie (Road Train) solo sporadicamente costeggiata nei Fuzz, dalla ruffianeria cripto-Motown di Mr. Beat.
Se, come ci auspichiamo, Nonagon Infinity vi ha favorevolmente impressionato, vi consigliamo di ripescare Im In Your Mind Fuzz (2014), che gli è intimamente vicino per struttura e umori, e di connettere i due cateti con unipotenusa deccezione, Quarters! (2015), composto da quattro brani di dieci minuti luno. Per inciso: questo di cui avete appena letto è, per i King Gizzard & The Lizard Wizard, lottavo album in quattro anni (!). No, decisamente non sono dei cazzoni perdigiorno.
Tweet