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R Recensione

10/10

Napalm Death

Scum

Un fischio breve ma assordante, sorretto da un leggero tintinnare di piatti, ci dà il benvenuto. Ad un certo punto, una voce comincia a ripetere “Multinational Corporations, genocide of the starving nations” per quasi un minuto. Il suono è poco definito, confuso, come se fosse stato registrato in uno stabilimento siderurgico in piena attività piuttosto che in uno studio. Finita la breve e declamatoria intro, parte uno dei brani più violenti che la storia della musica ricordi: “Instinct Of Survival”. Ed è qui, in questi feroci 2:24 minuti di durata che nasce la leggenda: nasce il grindcore (termine che pare sia stato coniato dal batterista Mick Harris), ovvero il genere più snobbato e, al tempo stesso, influente di tutto il genere “estremo”.

Nasce il mito dei Napalm Death, la formazione inglese che più di ogni altra stravolgerà il modo d’intendere la musica degli ultimi 2 decenni, alla quale solo moltissimi anni dopo sarà riconosciuta la vera, enorme influenza che ha esercitato sulle generazioni a venire (solamente nel 2005 la rivista Kerrang! ha inserito “Scum” al cinquantesimo posto nella lista degli album più importanti di sempre, e solo allora critici musicali da ogni parte del mondo hanno cominciato ad attribuire all’album il suo effettivo valore).

Nasce il blastbeat, ovvero quel modo di suonare la batteria veloce fino all’esasperazione, battendo sul rullante come se fosse una mitragliatrice. Viene stabilito un nuovo standard di durata dei brani: canzoni da massimo 1-1:30 minuti, schegge impazzite che confondono l’ascoltatore da quanto sono veloci, talmente schizofreniche e non curanti della pulizia del suono e della tecnica che paiono non avere senso. Basta pensare che l’undicesima traccia di quest’autentica pietra miliare qui recensita, ovvero “You Suffer”, dura soltanto 1,316 secondi. Anni dopo, verrà inserita nel Guinnes dei Primati per essere la canzone più corta della storia della musica.

Un chitarrismo di chiara estrazione hardcore, ma reso ancor più acido, noisey e marcio di quanto già non lo sia. I riffs si susseguono uno dopo l’altro senza tregua, quasi fossero stati composti improvvisando durante la registrazione, suonando in modo istintivo, di getto, senza pensarci troppo su. Una tracklist che pare non avere fine: non s’erano mai sentiti così tanti brani (per la precisione 28) susseguirsi in maniera così rapida e confusionaria. Eppure, con gli anni a venire, verranno rilasciati sul mercato discografico centinaia e centinaia di album con più di 30-40 canzoni per cd, da parte di altrettante centinaia di formazioni di grindcore intente ad imitare questo autentico caposaldo ma senza la stessa genialità e freschezza.

Scum”, pubblicato nell’estate del 1987, venne registrato in due sessioni differenti da due formazioni diverse: il lato A (che va da “Multinational Corporations” a “You Suffer”, in pratica le prime 12 tracce) venne inciso nel 1986 e doveva far parte all’inizio di uno split con gli Atavistic, una band crossover thrash. La line-up era composta da Nik Bullen (basso, voce), Mick Harris (batteria) e Justin Broadrick (chitarra), che ben presto lascerà la band per formare i seminali Godflesh. Il lato B, che formerà la seconda parte dell’album, verrà inciso nel maggio dell’anno successivo ai Rich Bitch Studios con i nuovi membri, ovvero Lee Dorrian (voce), Bill Steer (chitarra) e Jim Whiteley (basso). Infatti la qualità audio dei lati A e B è leggermente differente, in quanto la seconda è ancor meno precisa e nitida rispetto alla prima, con un chitarrismo possibilmente ancora più marcescente.

Anche i testi meritano una menzione speciale: le metriche sono quasi del tutto assenti; le liriche, tutte politicamente impegnate con una marcata attitudine anti-fascista, sono cantate in maniera sgraziata e schizofrenica, rendendole incomprensibili all’ascolto. Un cantato che, più che assomigliare al growl che verrà adottato di lì a pochi anni con l’esplosione del movimento death metal, è più simile ad una serie di latrati furiosi, tipici di un pazzo rinchiuso in un manicomio che si contorce dentro la sua stanza.

Chi non è avvezzo al genere sicuramente proverà un briciolo di terrore a leggere questo scritto; nel migliore dei casi, resterà incredulo davanti al PC a domandarsi come possa essere uscito in un tempo così lontano un disco di tali fattezze. Purtroppo, bisogna tener presente che ancora oggi “Scum” è un disco abbastanza snobbato e deriso dai metallari, vuoi per la registrazione caotica, vuoi per il livello tecnico dei componenti che non era certamente il massimo, vuoi anche per il cantato veramente comico a tratti e per altri piccoli particolari che effettivamente incidono un po’ sulla qualità complessiva del lavoro. Ma ciò non intacca minimamente il valore storico dell’album in questione: è bene ricordare che in questi assurdi 33 minuti di anarchia musicale vi sono i germi del death (Morbid Angel, Cannibal Corpse, Suffocation, ma anche Carcass e tutti i gruppi goregrind a venire), del black (Mayhem, Immortal, Marduk ecc.) fino a giungere alle avanguardie moderne: Converge, Dillinger Escape Plan, Cephalic Carnage e chi più ne ha più ne metta.

In breve, tutti i gruppi che fanno uso del blastbeat devono ringraziare questo disco. Ed è bene ribadire che “Scum” ha sancito la nascita del grindcore. Niente più, niente meno.

V Voti

Voto degli utenti: 7,9/10 in media su 15 voti.
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rael 2/10
CigarO 10/10
bart 7/10
B-B-B 9/10

C Commenti

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TheManMachine alle 9:09 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Monumento alla musica (?) inascoltabile. Fortunatamente, almeno per quanto mi riguarda, Harris ha poi scoperto altre fonti di ispirazione e si è messo a fare tutt'altra musica, cfr. Scorn. Rating: senza vie di mezzo, o è 10/10 incondizionato, o è zero totale. Molto buona la recensione.

rael (ha votato 2 questo disco) alle 10:41 del primo ottobre 2008 ha scritto:

odiosi.

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 10:53 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Voce spietata, devastazioni sonore caotiche e alquanto approssimative su di una batteria sparatissima, e nichilismo estremo ben stemperato in testi che denunciano le falle della moderna societa' dei consumi. Un album forse ostico da ascoltare oggi, ma veramente pochi album riescono tuttora a ornarsi dell'aggettivo "estremo" con tanta facilita' e spontaneità.Complimenti al recensore

swansong (ha votato 2 questo disco) alle 11:14 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Per me, una porcheria inascoltabile

come tutto il brutal-grind-hardcore metal...

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 11:57 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Secondo me c'era una buona dose di adolescenziale ironia. Nei testi, nella copertina e nell'approccio musicale.

simone coacci (ha votato 9 questo disco) alle 12:24 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Untouchables!

alle 12:49 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Pezzi da uno o un minuto e mezzo se ne facevano ben prima di loro

Marco_Biasio (ha votato 10 questo disco) alle 21:39 del primo ottobre 2008 ha scritto:

Assolutamente da 10, sia musicalmente che concettualmente. Che non sia per tutti è altrettanto ovvio.

CigarO (ha votato 10 questo disco) alle 22:17 del primo ottobre 2008 ha scritto:

O lo ami o lo odi

La storia del Grind passa da qua

Nucifeno, autore, alle 11:48 del 4 ottobre 2008 ha scritto:

Gì, è vero, forse per rendere meglio l'idea avrei dovuto scrivere 30-40 secondi. Anche se in genere quando si pensa a 20-30 canzoni da 1-1:30 di durata si fa riferimento più al grind che altro.

B-B-B (ha votato 9 questo disco) alle 12:54 del 6 aprile 2015 ha scritto:

Monumentale. Certo il genere non è per tutti, ma negare l'importanza e originalità di questo disco è da pazzi