Genghis Tron
Dead Mountain Mouth
Il grindcore è sempre stato un genere, come lhardcore delle origini, molto conservatore e con coordinate stilistiche ben definite: canzoni velocissime, massimo di un minuto e mezzo di durata, chitarre marcissime e stridenti e blastbeats torrenziali. Un tipo di musica noto e deriso per le tematiche demenzial/gore, che spesso sfociano nel cattivo gusto senza avere un briciolo di ironia.
Negli ultimi anni, però, il genere si è aperto a nuove influenze: prendete per esempio le ritmiche jazz/grind dei Dillinger Escape Plan, le bordate noise/elettroniche dei The Locust e Pig Destroyer o i deliri psicotici dei Cephalic Carnage.
Ma che dire di questi Genghis Tron? Questo trio della Pennsylvania fa parte del filone del cosiddetto cybergrind, un grindcore robotico, elettronico, composto tramite lutilizzo di computer e drum machine, termine che, per i meno esperti, sta ad indicare un apparecchio elettronico con il quale si riproducono fedelmente i suoni della batteria, utile specialmente nei casi in cui la velocità dei blastbeat che si vuole ottenere è superiore a qualsiasi limite che lessere umano possa raggiungere. Un genere che potrebbe mettere daccordo i fans accaniti della musica elettronica e quelli delle sonorità più estreme e stordenti.
Dead Mountain Mouth è il loro disco desordio, uscito il 6 giugno 2006 per la Crucial Blast Records, che succede allEP Cloak Of Love dellanno precedente, ed ha riscontrato successo e critiche positive ovunque per la sua carica innovativa e geniale. Immaginate la scena: i Converge ed i Locust si mettono daccordo per andare a ballare in discoteca, dove quella sera ci sono come special guests Aphex Twin e gli Autechre, con tanto di loop che frusciano già in sottofondo. Nella sala da ballo incontrano i Dillinger Escape Plan: contenti, i tre gruppi scatenano il terrorismo sonoro che solo loro sanno creare.
Questo per darvi unidea di come suona questo album.
Basta pensare ai primi due brani messi in scaletta: The Folding Road si apre con rumorini elettronici in sottofondo per poi sfociare in un muro mathcore/grind degno dei migliori Dillinger Escape Plan, con vocalism pericolosamente vicini allo screaming agonizzante di Jacob Bannon dei Converge. Riffs campionati, schizofrenici, tipici del post-core più esasperato si alternano a momenti di relativa quiete, una sorta di boomerang che, invece di attenuare la tensione, la aumenta a dismisura.
Limprevedibilità è larma migliore della band, che in canzoni da due-tre minuti riesce ad inserire una grande quantità di cambi di tempo, tra frammenti rallentati ed inserti elettronici. La title-track è forse lesempio più esplicativo: aperta alla maniera di un brano grind serratissimo, si acquieta nella parte centrale grazie ad unelettronica zigzagante ed ipnotica, per poi riconfermarsi su mid-tempi schizzati sopra ritmiche punk/metal. Lintermezzo Badlands sarebbe potuto benissimo uscire da un disco dei Boards Of Canada, mentre Asleep On The Forests Floor comincia con una ritmica degna dellAphex Twin più ritmico, per poi sfociare in un inferno doom lento e pesantissimo. Discorso analogo per la strumentale Warm Woods, mentre From The Aisle trae ispirazione dallo sludge psichedelico dei Neurosis.
E difficile pensare che tutto ciò sia concentrato in 10 canzoni per un totale di 31 minuti, ma se avete la possibilità di dargli un ascolto, fatelo: ne rimarrete davvero stupiti. I Genghis Tron, in conclusione, si affermano come uno dei gruppi estremi migliori sorti in questi ultimi anni, e speriamo solo che vadano avanti così. Se siete stanchi delle solite stupidaggini propinati dai tanti gruppi goregrind che invadono la scena, questo cd potrà costituire una validissima alternativa. Grandiosi.
P.S: di recente hanno firmato per la Relapse Records, etichetta anche di Cephalic Carnage ed Agoraphobic Nosebleed, qualcosa vorrà pur dire...
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