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R Recensione

8/10

Melvins

Nude With Boots

Sogno di una notte di mezza estate.

Preludio.

A bordo del transatlantico Ipecac, tutto tranquillo. Il capitano Mike Patton si è ritirato nella sua lussuosa cabina alle dieci di questa sera. Il mozzo di turno controlla se sul ponte va tutto bene, poi, con un sospirone, immerge per l’ennesima volta il suo bel moccio nel secchio d’acqua e detersivo che si porta dietro. È ancora una volta tempo di pulire… Da lontano, echi, colori e suoni di una festa in corso. Sotto, lo sciabordio delle onde che scivolano sulla fiancata del mezzo.

In apparenza, una notte perfetta.

Nella sala motori si sta invece consumando il disastro.

Patton ha anzitempo lasciato il suo nobile giaciglio per dar man forte ai tecnici specializzati. Buzz “King Buzzo” Osborne, non appena intravede i capelli brillantinati del suo superiore, impreca.

Dove cazzo sei stato tutto ‘sto tempo, Michele? Qui bisogna stare sempre all’erta! La sala musica è ancora una volta in grande pericolo!”.

Modera i termini, Buzzo! Che succede?”.

Interviene sulla destra Dale Crover.

C’è stata un’altra perdita. Un’ora fa abbiamo subito un pesante attacco da parte delle Forze Armate Rock FM. È stata in tutto e per tutto un’azione terroristica e… e pensiamo che non sia passata inosservata”.

Patton sbianca.

Danni stimabili in…?”.

Gli sibila Buzzo da sotto un propulsore.

Una bella fetta di belle promesse polverizzate alle palle, ecco cosa”.

Improvvisamente, dall’alto, le sentinelle Jared Warren e Coady Willis urlano con forza:

Forze Tokio Hotel in avvicinamento! Forze Tokio Hotel a babordo! Obiettivo sala musica, obiettivo sala musica! Difese abbassate! Livello di pericolo 9!”.

Patton si riscuote, si avvicina ad Osborne e dice:

Pensateci voi, sapete come. Il solito. Vi aspetto fra un’ora sul ponte”.

Buzzo, come se non aspettasse altro, ruggisce tutta la sua approvazione ai suoi compari.

Sì, cazzo, tocca di nuovo a noi! Tirate fuori i vostri strumenti, stronzi, che gli accendiamo un po’ il culo a questi qua!”.

Esultanza. Clangore. Tramestio. Poi, il suono.

Potrebbe essere questa, una delle verosimili genesi di “Nude With Boots”, nuovo disco dei sempreverdi Melvins. Gruppo ben strano, quello capitanato da Buzz Osborne, e non ci riferiamo alla girandola di cambi di formazione che ha costellato la loro carriera da trent’anni a questa parte, né alle improbabili acconciature del frontman, e tantomeno al fatto di aver mancato d’inglobare, nel nucleo del complesso, un elemento come Kurt Cobain, da sempre loro grandissimo fan.

No, il discorso in realtà è molto più semplice. I Melvins resistono su quel loro, personalissimo ciglio stradale da decenni e decenni. E più il tempo passa, più l’età avanza, più la pancia cresce e i capelli cadono, più il loro spazio aumenta, si fortifica, s’invigorisce. Perché i Melvins sono nati per vincere, sempre, tutto. Imprevedibilità e sperimentazione sono le due parole che hanno contraddistinto, anno dopo anno, il modus operandi di King Buzzo & Co.: disco dopo disco (siamo oramai prossimi ai trenta), loro hanno anticipato mode, flussi, generi, hanno plasmato nuove sonorità, hanno cambiato i destini di correnti ormai stagnanti, hanno insomma fatto la storia. Detto niente. Non li si può tacciare di fiacchezza e ripetitività: non perché la loro aura incuta timore, no. Semplicemente, non è oggettivamente possibile. Come, d’altro canto, servirebbe un trattato biblico per poter disquisire in tutta tranquillità di rispettive vite, morti e miracoli (numerosi), side-project molteplici compresi.

Ora, a due anni di distanza da quel lago di sangue di “(A) Senile Animal”, un genocidio metallico che prendeva in considerazione, per la prima volta, l’idea di poter utilizzare una doppia batteria per rinforzare la ritmica a puntino –e magari caricarla di quel senso dinamitico che da sempre precede Buzzo-, i Nostri sono ancora qui. E senza usare troppi giri di parole, vanno dritti al sodo. “Nude With Boots” è, tutto sommato, un disco semplice. Lontanissimo dai primi vagiti drone di fine anni ’80, completamente estraneo ai pantani doom appena successivi, alieno anche ai vari sconquassi thrash-grunge di metà anni ’90 (“Houdini”?). Chitarre, voce, e puntuale il doppio rinforzo percussionistico. Elementi minimali, no? Eppure, ancora una volta, quello che determinati gruppi riescono ad esprimere in più prove, se non addirittura in un’intera carriera, loro lo buttano fuori con irruenza in appena quarantadue minuti. Passionali e tamarri, paraculi ed efficaci.

Il riff di “The Kicking Machine” (un nome, un programma) è secco, una staffilata che squarcia la strenna di campanellini posta in apertura. Hard rock fisico e muscolare, un suono asciutto e pulsante, che ricorda molto da vicino i primi episodi dei Black Sabbath. Buzzo con gli occhialini da sole di Ozzy, ve lo vedreste? Nel frattempo statevi a sentire Warren e Willis che dialogano fra loro, mulinando le braccia su tamburi e charleston con sincronia quasi snervante. Ma questo è solo l’antipasto di un menù d’elite, che prevede come portate immediatamente successive il distillato zeppeliniano di “Billy Fish”, una sorta di hard-blues ficcante, e gli snervanti sette minuti e mezzo di “Dog Island”, stoner stritolante che per accordi ha dei macigni atlantici.

Se siete ancora affamati, giunti a questo punto, andate avanti. Crover sta mutando livrea, il frac con doppiopetto color prugna lascia posto ad una mise bianca e nera da cameriere d’alto lignaggio. Via gli indugi, ed ecco che la chitarra spunta assassina da sotto il vassoio col tacchino: una tamarrata pseudo-glam come “Suicide In Progress”, molto à la Kiss, suonerebbe inascoltabile se al posto dei Melvins ci fosse una delle settecentocinquantamila band loro epigona. Eppure loro convincono, ancora una volta, con una girandola di cambi di tempo, rallentamenti, accelerazioni e distorsioni dovunque, e quelle dannate due batterie che divampano al minimo accenno di rumore, a pestare indemoniate. Magari adesso scopriamo pure che, per l’occasione, i Nostri si sono truccati…

Ma, vi prego, non andatevene via proprio ora. Non siate preda di disturbi intestinali (“Flush”).

King Buzzo e soci, infatti, decidono che è il momento di sferrare l’attacco decisivo, ed ecco sfilare sotto i nostri occhi il riff tooliano di “The Smiling Cobra”, roccioso e compatto come pochi, l’avanzare pruriginoso e allucinogeno di “The Savage Hippy”, che sembra filtrato sotto una coltre di fumo, e soprattutto la chiusura, “It Tastes Better Than The Truth”, doom catartico e apocalittico che sbriciola le ultime resistenze delle pattuglie avversarie. Affine ad alcuni episodi di “Lysol”, ma per certi versi ancora più cruento e spietato. E le batterie scandiscono il tempo con assurda meticolosità, a passo di marcia militare.

Epilogo.

Patton si guarda intorno, nervoso. La festa che si stava svolgendo fino a qualche istante prima è finalmente sfumata in un turbinio di coriandoli e stelle filanti. Ma il comandante non ha occhi per questi particolari. Aspetta, fumandosi una sigaretta e smozzicando fra i denti una bestemmia più fantasiosa dell’altra. Poi, finalmente i suoi occhi si illuminano.

Dall’estremità opposta dello scafo, un quartetto avanza spedito. Anche così da lontano, impossibile non riconoscere la chioma grigio scuro di Osborne. Patton capisce subito che la missione è andata in porto. Avanza anch’esso, pronto a stringere la mano ai Melvins, quando si accorge che Buzzo ha un’espressione omicida sul volto, attenuata appena dal grande sorriso sulla bocca del compare Crover.

I due cominciano a squadrarsi.

Cosa… c’è qualcosa che non va, Buzz?”, esclama il comandante.

Buzzo stringe pericolosamente gli occhi.

Per fortuna tua, da quel lato tutto bene!”.

Patton esulta ghignando di qua e di là, ma subito si blocca, vedendo il suo interlocutore che si agita. Fa per parlare, ma Buzzo lo blocca inferocito:

Devi dire a quel tuo cazzo di mozzo che il sapone se lo deve portare dietro, non lasciare sul ponte! Quasi mi spezzavo l’osso del collo, scivolandoci sopra! Porca puttana!”.

I gabbiani volano verso l’orizzonte scuro.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 6 voti.
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krikka 4/10
REBBY 5/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 16:40 del 18 agosto 2008 ha scritto:

Grandi, ma che ve lo dico a fare ...

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 16:42 del 18 agosto 2008 ha scritto:

Era un otto!

Nadine Otto alle 14:36 del 19 agosto 2008 ha scritto:

Complimenti

Mr. Biasio

un piacere leggere le tue recensioni!

Marco_Biasio, autore, alle 21:41 del 19 agosto 2008 ha scritto:

RE: Complimenti

Grazie a te per averti riletto dopo tutto questo tempo! Grazie, ovviamente, anche a tutti gli altri: recuperate il disco, Fabio ha ragionissima!

Cas alle 17:01 del 19 agosto 2008 ha scritto:

eh eh...

recensione brillante e divertente...complimenti davvero! ora è d'obbligo ascoltare il cd

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 9:45 del 3 settembre 2008 ha scritto:

Per prima cosa complimenti a Marco per la recensione veramente originale e divertente.

Per quanto riguarda la musica di quest'ultimo

album dei Melvins potrei rubare le parole di

Fabio, sottoscritte da Marco, a proposito di

Pete and the pirates: musica adolescenziale,

oltre tutto fatta da tardoni come me. Questo

perchè la mia fase hard rock l'ho vissuta

mentre facevo le Medie, ahime 35 anni e passa

fa (Jeff Beck group, Led zeppelin, Black Sabbath

e Deep Purple). Ma non sarebbe giusto visto che

questo CD me l'ha prestato un mio amico coetaneo

che l'apprezza ancora come allora. Comunque,

momostante i Melvins siano ormai nel mito (ma

forse soprattutto perchè erano tra i gruppi

preferiti da Cobain) e la voce non banale di

Buzzo, non mi pare ci troviamo di fronte ad un

album particolarmente significativo per il

genere in questione. Meglio i Meshuggah allora.

Gengis il Kan (ha votato 8 questo disco) alle 12:19 del 27 marzo 2009 ha scritto:

Stanno invecchiando pure loro... ma che stile. Ad averceli cinquantenni cosi'.

ThirdEye (ha votato 4 questo disco) alle 0:44 del 18 febbraio 2010 ha scritto:

Mah!

L'ultimo lavoro dei Melvins che io reputi un capolavoro è l'oramai lontanissimo LYSOL. Da li in poi per i miei gusti una lenta e progressiva discesa nel nulla...