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R Recensione

7/10

Blueneck

Epilogue

I frastagliati lidi emozionali degli inglesi Blueneck tornano ad essere illuminati da una luce che ne trafigge la foschia. “Epilogue” è un lavoro di breve durata (30 minuti) che vuole servire a colmare il tempo che separa il precedente, apprezzatissimo, album in studio “Repetitions” (2011) dal nuovo opus (il quarto della discografia della band), di cui l’uscita è prevista, sempre su Denovali, verso la fine del prossimo anno. Ma “Epilogue” non ha solo un mero valore transitorio, né contiene materiale rimasto semplicemente non pubblicato (le tracce che lo compongono sono infatti state scritte appositamente per l’occasione): differisce dagli altri capitoli solo in virtù della completa assenza della voce del leader Duncan Attwood, proponendosi come la colonna sonora per un film immaginario. L’idea non è fra le più originali, ma la forza evocativa della musica contenuta si esprime ancora ai massimi livelli delle potenzialità dei Blueneck. Una forza fatta di lente processioni sonore, di silenzi, di catarsi, di attese, di pianoforti lenti, di riverberi. Tangibili sono le influenze di Talk Talk, Sigur Ros, Bark Psychosis, Clint Mansell: ognuna di queste componenti da il via a quelle ripercussioni emotive che caratterizzano l’introspettiva malinconia che solca la proposta di Attwood & soci, aprendola a quell’intima ricerca di spazi immensi ai quali l’anima anela. Brani dall’alto concentrato immaginifico come Carina, Colonization – Incident 2 e Symbiosis  Pt.II, davvero palesano questo bisogno di questo percorso di trascendenza, da attuare secondo il canone di un certo post-rock ascetico e rigoroso nel formulare le sue ipotesi di elevazione sensoriale: non sembrano lontane le soluzioni talvolta adottate sia dalla formazione islandese o dagli A Silver Mt. Zion. Il bisogno di ricomporsi e di riflettere in silenzi appena disturbati da una elettronica sotterranea, resta completamente ad appannaggio della sensibilità dei Blueneck, che non cercano la via facile dei contrasti e delle deflagrazioni che seguono le pacificazioni. Qui tutto attiene alla necessità di descrivere un paesaggio interiore unico e coerente.

Dal profondo della foresta antica giunge una luminosità naturale ed aliena allo stesso tempo: “Epilogue” è la bruma attraverso cui questo intenso fulgore prorompe e si diffonde divenendo quasi concreto, congiungendosi in matrimonio mistico con l’oscurità.

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Voto degli utenti: 4/10 in media su 1 voto.
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