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R Recensione

7,5/10

Solange

True EP

In pochi se ne ricorderanno, ma Solange Knowles (sì, la sorellina di Beyoncé) ha già pubblicato uno degli album più curiosi e atipici degli ultimi dieci anni di contemporary r&b. Sol-Angel And The Hadley St. Dreams, questo il titolo del sophomore che segue l'insipido esordio Solo Star (2003), “investe” il 2008 sfrecciando contromano, eppure non lascia il segno come, invece, il suo potenziale lascerebbe ipotizzare. Soltanto il primo singolo I Decided, prodotto dai Neptunes, riesce a piazzarsi ai piani bassi della Top 50 R&B/Hip-Hop (27° posto in UK), laddove i restanti due, Sandcastle Disco e T.O.N.Y (quest'ultimo co-prodotto da Ce Lo Green), non registrano vendite significative nonostante i non trascurabili sforzi promozionali. Ma forse la storia del “potenziale” è solo la bella favola che mi racconto per mettermi l'anima in pace, giacché il disco, pur avendo le stimmate dell'opera pop tout court, era e resta troppo particolare per incontrare i favori delle platea generalista. Troppo intellettuale, lisergico, fumettistico. Più nello specifico, la sua “colpa” non sta tanto nell'aver recuperato in chiave post-vintage le estetiche Motown e girl group (in fondo era il trend lanciato dall'accoppiata Amy Winehouse/Mark Ronson), quanto nell'averle shakerate” con forti dosi di electronica (i sette minuti di Space Journey sembrano un doo-wop concepito dalla trinità Eno/Moebius/Roedelius che sfuma in delirio trance), e soprattutto nell'aver osato ispirarsi a Rotary Connection, 5Th Dimension, e a tutta quella combriccola di band che, sul finire dei '60s, tentarono di abbattere i confini tra soul, psych-pop ed easy listening. Una cosa inaudita, oggi come nel 2008. Completamente avulsa dal percorso r&b degli ultimi vent'anni. Un gesto che non ha lasciato traccia e, ignorando il caso isolato della britannica V.V. Brown, nemmeno adepti. Ciò non toglie che, paragonata a una sorellina tanto avventurosa (ok, a volte anche un po' pasticciona), la sorellona B. ci fa la figura della pezzente (almeno considerando la sua carriera da solista, ed escludendo le fenomenali Crazy In Love e Single Ladies (Put A Ring On It)).

Sono passati quattro anni e Solange non è cambiata: sempre eccentrica, fuori dagli schemi, persino insofferente verso un ipotetico “successo” il cui conseguimento richiederebbe ben altra dedizione e assai più incisive strategie di marketing (chiedere a Rihanna o alla stessa Beyoncé, due delle più quotate “hardest working women in show business”). Una che si prende il suo tempo e pubblica soltanto quando sente di avere tra le mani qualcosa di meritevole. Come in questo caso. Per l'EP True la ragazza afferma di essersi ispirata alla new wave, ma detto così è fin troppo generico. In realtà le direttive sono da un lato l'electropop più minimale (il singolo Losing You sembra rileggere in chiave black i Pet Shop Boys di Behaviour), dall'altro il soul sintetico degli '80s (impossibile, nonostante l'aplomb modernista, non avvertire la presenza di Cherrelle su Don't Let Me Down). Come si vede, il mirino è sì puntato sugli anni '80s ma il campo d'azione risulta assai più circostanziato.

Sette i brani, tra i quali un bozzetto deliziosamente involuto come Look Good With Trouble che si spegne dopo appena un minuto e mezzo. True (Terrible, 2012) ha la limpidezza, la trasparenza enigmatica di un haiku. La produzione è spaziosa, procede per vuoti, cosicché ciascun suono ha modo di manifestarsi con chiarezza e delineare un'inaspettata economia di linguaggio. Ogni riferimento viene poi come prosciugato della sua consistenza tattile: avvertiamo l'efficienza del design, ma il risultato resta avvolto in una luce irreale, che scarnifica forme e volumi. Solange e il produttore principale/co-autore Devonté Hynes (proprio il responsabile di progetti indie come Lightspeed Champion e Blood Orange) hanno lavorato di cesello per confezionare una formula epurata da istanze massimaliste, dove le trame sono spesso il risultato di un accavallarsi di elementi (percussivi, melodici, vocali) fra loro distanti e tendenzialmente non comunicanti (la prodigiosa Locked In Closets), quando non tendenti alla destrutturazione di archetipi (Lovers In The Parking Lot reinventa, anestetizzandone il tiro boombastic, le tecniche produttive che Jimmy Jam & Terry Lewis perfezionarono per Janet Jackson su Control). In questi scenari, la voce di Solange – una voce che NME definisce quella di “una Diana Ross fatta di crack” - danza fantasmatica e sbarazzina, ma quantomai sicura dei propri mezzi. E' lei a dare corpo al disagio tardo-adolescenziale di Some Things Never Seem To Fucking Work, ad enfatizzare la già notevole cantabilità delle melodie (Bad Girls, ancora il singolo Losing You), ad ammaliare con una semplicità che è sinonimo di originalità, nonché indice di un'ormai raggiunta maturità espressiva.

A sentire la stessa Solange, True è solo l'assaggio in vista di un nuovo full-lenght, previsto per il 2013, che potrebbe anche presentare un sound completamente diverso. Eppure ha tutti i crismi dell'opera fatta e finita, autosufficiente, nel quale sono racchiusi un suono e un'estetica originali. Ventotto minuti scarsi - minutaggio peraltro corposo per un EP, come è già stato notato - ma non si sente la necessità di un solo secondo in più. E se questo è l'antipastino, già si sbava per la portata principale.

 

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Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 4 voti.
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Cas 7,5/10
andy capp 5,5/10

C Commenti

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Franz Bungaro alle 20:33 del 30 novembre 2012 ha scritto:

Solange me gusta! Bravo Matteo!

loson, autore, alle 0:53 del primo dicembre 2012 ha scritto:

Grazie!

Cas (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:34 del 2 dicembre 2012 ha scritto:

bella proposta matte! io in losing you ci sento addirittura -ma forse è solo un problema mio eheheh- qualche rimando chillwave (cioè immaginati che sopra ci canti un, chessò, washed out)... ad ogni modo, ep molto convincente!

loson, autore, alle 16:32 del 2 dicembre 2012 ha scritto:

Chillwave... Boh, può essere. Io quelle tastiere sognanti e l'impianto electropop volutamente scarno lo ricollego ai PSB, ma appunto è la mia visione. Diciamo che il suono non mi pare così in bassa fedeltà da giustificare un parallelismo col glo-fi, ecco.

Franz Bungaro alle 14:48 del 3 dicembre 2012 ha scritto:

Anch'io c'avevo sentito l'"atmosfera" ipnagogica, a partire dalla fotografia del video di Losing You...poi non dire che non te l'avevo detto Matteo!

target alle 15:06 del 3 dicembre 2012 ha scritto:

Da appassionato tanto di glo-fi quanto di Pet Shop Boys, faccio un salto e dico la mia: molto di più i secondi del primo. Quella tastiera che entra così ai 17 secondi è PSB al 100%. Elegante ma in sordina. Poi, l'atmosfera chillwave ci può stare, ma nel senso allargatissimo di "electro-pop vago e malinconico", campo nel quale PSB e New Order sono maestri primi e ineguagliabili (per i glo-fiers stessi). Il pezzo mi piace, ma è la chiave black che non mi va giù. Cioè, essenzialmente, la base ritmica. Quegli urletti sono da eliminare brutalmente! Gli altri due pezzi qua in playlist mi dicono meno.

fabfabfab alle 10:07 del 10 dicembre 2012 ha scritto:

Loosing you è un gioiello, una meraviglia per le orecchie. Io ci sento quel senso di leggerezza ammiccante che rendeva tanto sexy la prima Madonna. Qui però è tutto aggiornato al meglio, nella struttura, nei suoni, soprattutto nei bassi (2:35). Poi beh, lei è ... wow, gulp, mygod, */&%$ !