R Recensione

6/10

Soul Assassins

Intermission

Soul Assassins è un sigillo di garanzia. Un marchio di qualità. Un’istituzione della West-Coast. Una salda boa di riferimento, anzi una portaerei, nel mare tempestoso del rap a stelle e strisce. Fondata intorno al 1990 da Dj Muggs, la crew, col celeberrimo teschio alato bianco su sfondo nero come logo, s’è rivelata nel tempo grande catalizzatrice d’influenze musicali e patrocinatrice del rap di qualità, disegnando un immaginario ma solidissimo ponte fra le due coste, un antidoto alle faide create ad arte dal circolo vizioso del “rap game” e alla deriva commerciale del gangsta rap.

A livello di sonorità ha contribuito a svecchiare i modelli della oldschool iniettandovi soluzioni sincretiche e ben bilanciate che attingevano dal rap latino, dalla musica dark e industriale, dal trip-hop (uno split con Tricky intitolato Juxtapose), dal rap-metal più temprato e tenebroso, dalla psichedelia light alle orchestrazioni pomp delle più classiche soundtrack.

 E se i Cypress Hill, astro in eclisse attorno al quale ruota tutto il sistema solare SA, rappresentano senza dubbio il nul plus ultra e il fiore all’occhiello di una storia ormai quasi ventennale, c’è da dire che la sfera d’interesse e d’influenza del collettivo non si limita soltanto alla musica rap, ma coinvolge ogni altro aspetto della cultura hip-hop, dal writing alle arti visive, dal cinema fino al merchandising. Celeberrimo lo stile grafico e figurativo  (opera di due grandi creativi ispano-americani: il designer Mister Cartoon e il fotografo Estevan Oriol) che coniuga il tratto essenziale e chiaroscurale da fumetto gotico con il virtuosismo amanuense della graffiti art. Nel suo genere, solo il Wu-tang Clan (gruppo con cui negli anni si sono instaurati rapporti strettissimi e continui interscambi fra cui un disco di remixes Shao Lin and Soul Assassins e un’originale di Dj Muggs ed RZA, Grandmasters), dirimpettaio e contemporaneo, può vantare un cursus multisettoriale altrettanto (o addirittura più) significativo.

Intermission è la terza compilation collettiva dell’etichetta che giunge a dodici anni dal primo capitolo Soul Assassins Chapter I, edito però sotto major, la Columbia, che garantì un botto da numero 86 a Billboard, e a nove dal secondo, Soul Assassins Chapter II, con un cast sensibilmente rinnovato rispetto alle prime due uscite per lasciare posto alle nuove di casa SA. Il disco suona più o meno come te lo aspetti: epico, patinato, battagliero e un po’ auto-indulgente. Grande sfoggio di progressioni marziali, fiati, archi, arie synth-funk, flow aggressivi, colpi d’arma da fuoco, campioni di film d’azione, cromatismi di guerra per impressionare gli ascoltatori. La qualità media dei pezzi è tutto sommato discreta anche se, facendo la tara, uno o due gradini sotto la vecchia guardia. Va precisato però che quella in nostro possesso è una versione promo e che molti pezzi sono solo snickets: poco più che assaggi, stuzzichini.

Fra anthem gangsta-horror un po’ fuori tempo massimo come Gangsta Shit di Bun B & M1 (dei Dead Prez), hardcore cinematici e orientaleggianti Meet Your Maker, cascami g-funk orientati al dancefloor (Classical di Sick Jacken & Evidence) o alla street life (Champions di Prodigy, solo omonimo del gruppo inglese, e World We’re In), spiccano le sinistre fanfare da regolamento di conti de La Coka Nostra in Do It, la botta rock/rap di Good Evening L.A. (di Self Scientific con un vocal dei Guns’n’Roses), la title-track in cui padri fondatori (B-Real leaderdei Cypress Hill) e super special-guest (Mr “Ghost Dog”, “Kill Bill” RZA) si guadagnano una meritata dose di applausi, il passo sghembo e gli inserti rumo-futuristi della bella Like That Y’All di Planet Asia.

Un “intervallo”, tutto sommato piacevole, fra un disco più significativo e l’altro.

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