Articolo 31
Messa Di Vespiri
Gli Articolo 31 furono tra i primi personaggi della mitologica saga hip hop dello Stivale, attivi sin dai primi anni Novanta sulla scena milanese, la stessa dei Sangue Misto e dell’Area Cronica, quando solo Roma aveva già capito l’importanza del fenomeno rap proponendo con l’Onda Rossa Posse una musicassetta autoprodotta come “Baghdad 1.9.9.1.” e un EP intitolato “Batti Il Tuo Tempo”.
DJ Jad e J. Ax pubblicarono “Messa Di Vespiri” dopo il discreto successo di “Strade Di Città” e il successo si fece più massiccio e capillare grazie ad alcune hit di notevole godibilità come “Maria Maria”, “Voglio Una Lurida” e “Un’Altra Cosa Che Ho Perso”. Il sound del disco è artigianale, sincero e diretto proprio come nella tradizione old school: i beats non hanno particolari cambi di passo mentre abbondano rime taglienti, scratches di sartoria e cuts ben assestati, dimostrando così l’indiscusso talento per il turntablism di DJ Jad e la naturale inclinazione al freestyle di J. Ax.
Messaggio, divertimento e spiritualità: questa è la “Messa Di Vespiri”, un concentrato di frivolezza giovanile e politically scorrect, un coacervo di storie metropolitane ed inni alla legalizzazione della marijuana, con innumerevoli citazioni e sarcastici rimandi a Rino Gaetano, Cicciolina, Lucio Dalla o Drupi. Al di là delle succitate hit da classifica, la genuina italianità del progetto degli Articolo 31 esplode in pezzi come “Mr. Gilet Di Pelle” o “Ti Tiro Scemo”, la prima scimmiottamento dell’italiano mandrillo e cafone, la seconda sorta di divertissement contro i soliti suckers che troviamo in ogni settore.
Ulteriore svago lo troviamo in “Io Zak E La Tromba”, storia di un pomeriggio color grigio periferia con i nostri intenti a fumarsi uno spinello in auto per poi farsi beccare dalla polizia; da menzionare anche “Stiloso Con Stile”, traccia un po’ autoreferenziale ma egualmente capace di farci battere il piede. Non c’è solo goliardia nell’opera degli Articolo 31, bensì una sensibile ed attenta riflessione sull’amore smarrito e sull’importanza delle persone che ci teniamo intorno. È il caso dell’amara presa di coscienza della fine di un amore troppo importante nella già citata “Un’Altra Cosa Che Ho Perso”, od anche del sentito ringraziamento agli amici di sempre e ai fratelli di crew di Garbagnate che ascoltiamo in “Una Per I Miei Fratelli”.
Giudicare un disco così fatto si rivela un’operazione bifronte, nel senso che da un lato è di pura ammirazione per coloro che, più di quindici anni or sono, hanno portato alla ribalta un genere che mai avrebbe trovato terreno fertile in un Paese malato di melodismo ed esterofilia; d’altro canto, in questo lavoro ci sono luoghi comuni che troppo spesso troviamo reiterati nei discorsi che riecheggiano attorno a noi, dai salotti televisivi dove si parla con superficialità e faciloneria di criminalità e problemi sociali ai politici stessi che si riempiono la bocca sulle soluzioni da adottare per risolvere i problemi della periferia, dei giovani e della cultura in generale. Sta di fatto che, per evitare equivoci conservatori e reazionari, è bene tenere a mente che l’arte del giradischi e quella dell’mcing, il writing come la breakdance, sono espressioni artistiche di una cultura giovan(il)e.
Chissà cosa avrebbero pensato J. Ax e DJ Jad, ai tempi di “Nato Per Rappare”, del successo mediatico che artisti meno talentuosi ma più furbi come Fabri Fibra avrebbero potuto raggiungere utilizzando quello che allora sembrava un volgare esperimento sonoro compiuto da chi non aveva voluto prendere noiose lezioni di solfeggio.
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