Erasure
Light at the End of the World
Negli anni ‘80, Vince Clarke e Andy Bell contribuirono alla storia del pop con "canzonette" tutto sommato con poche pretese ma con una propria dignità (Ship of Fools, A Little Respect e molte altre). Purtroppo negli anni ‘90, vista l'incapacità patologica del gruppo di distanziarsi dalla formula tastiere + ritmi programmati, il grande pubblico si è allontanato, ma il duo ha proseguito con caparbietà sulla propria strada arrivando a risultati non sempre all'altezza, ma comunque buoni in più occasioni ("Rock Me Gently", solo una decina di anni fa).
Lo sforzo del 2005, "Nightbird", conteneva canzoni più che discrete. Per questo, fa rabbia ascoltare questo nuovo "Light at the End of the World", un lavoro talmente poco ispirato da lasciare senza parole l'ascoltatore, alla desolante ricerca di almeno una melodia da ricordare. Le sonorità - ovviamente - sono sempre le stesse, composte quasi esclusivamente da sintetizzatori retrò e un unico suono di batteria per tutte le dieci canzone dell'opera. Ma anche se fosse uscito nel 1984 questo sarebbe stato un album da buttare; quello che manca sono le canzoni, un colpo di coda che dia un senso a una vita artistica ormai diventata solo mestiere.
Paradigmatica, a questo proposito, l'iniziale "Sunday Girl": una canzone che Vince Clarke deve aver scritto almeno dieci volte nella propria carriera, con minime variazioni: un pezzo di plastica che scivola via con l'ultimo riff senza lasciare nessuna traccia, anche dopo ripetuti ascolti. La struttura riff - verso - ritornello scontato si ripete inesorabile in quasi tutti i brani, compresa "Sucker for Love", tentativo davvero imbarazzante del duo di "aggiornare" (si fa per dire) la propria formula con un occhio agli ultimi successi degli Scissor Sisters, tanto per fare un nome. Un arrangiamento così "camp" e involontariamente ridicolo che lascia basiti, coronato da un testo scritto con l'auto pilota da Andy Bell (leggi: amore, e poco altro.)
Già, i testi: Bell - che ultimamente ha dichiarato (con una mossa francamente discutibile dal punto di vista morale) la propria sieropositività a ridosso dell'uscita del suo primo album solista, circa un anno fa - regala "perle" come: <<I'm just saying / I want my mummy back / Lost her to the drink / But her soul's intact>>. Basti guardare la tracklist, dove la parola "love" fa capolino in 3 brani su 10, ed è nominata più o meno in tutti gli altri. Certo, l'aspetto lirico non è mai stato il punto di forza degli Erasure, ma qualcosa in più, dopo tanti anni, era lecito aspettarselo. "When a Lover Leaves You" piacerà ai fan del gruppo, ma il tema musicale era stato sviluppato - molto meglio - già con "Alien" e "Here I Go Impossible Again" soltanto pochi anni fa. "Darlene" ci ricorda che un tempo Clarke scriveva brani per Depeche Mode e Allison Moyet; appena si lascia da parte il gusto per l'eccessivo e rallentano i BPM il gruppo sembra infatti avere ancora qualcosa da dire in ambito elettropop. "Glass Angel" (la cui linea di basso è "ispirata", curiosamente, da "Don't You Want me" degli Human League) posta in chiusura finisce forse per essere il brano migliore dell'album, seppure difficilmente verrà voglia di rimettere il cd nel lettore per riascoltarla.
Non si può che sperare che questo sia stato l'ennesimo passo falso di una carriera altalenante: il dubbio che gli Erasure non abbiano più nulla da dire si fa però sempre più strada.
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