La Sera

La Sera

Nome e titolo italiani, retaggio dell’ultimo tour nel belpaese con le Vivian Girls, per il progetto solista di Katy Goodman, che del trio garage-pop americano è la bassista. Il disco anticipa di un paio di mesi il terzo lavoro delle ragazze, “Share The Joy”, e sembra destinato a ritagliarsi uno spazio fugace, come il moniker suggerisce; non è un caso se è stato composto in un paio di settimane soltanto, in seguito a un’improvvisa urgenza compositiva (la Goodman ha un ruolo marginale nella scrittura dei pezzi della band) che lascia in questi dodici brani più di qualche traccia di corrività.

Nessuna canzone supera i tre minuti, e alcune neppure raggiungono i due. Si va di bozzetti, labili schizzi twee che tolgono rumore e ritmo rispetto ai dischi delle Vivian Girls, mescolando riferimenti sixties rivestiti di scazzo anni zero ad ammiccamenti indie-pop anni ’80 in versione rosa per la verità già testimoniati in qualche episodio più leggero della band madre (penso a una “Before I Start To Cry” in “Everything Goes Wrong”).

E così i ritmi più punkish di “Sleeptalking” o “Been Here Before” fanno molto Shop Assistants, Talulah Gosh o Black Tambourine, mentre i carboncini rétro di “Never Come Around” (con tanto di video splatter, qua sopra), “Left This World” o “Lift Off”, tra arpeggi elementari, tamburello, voce mielosa e brevi assoli che riproducono la linea vocale, sono piacevoli indie-riletture lo-filizzate e svaporite della maniera girl-bands ‘60. Con “Dove Into Love”, poco oltre, a ultra-rallentare per una ballad sfinita da alba estiva.

Tra tutto, in compenso, le cose migliori sono quelle che, se ricordano smaccatamente una band, ricordano proprio le Vivian Girls, tipo “I Promise You”, con la sua neghittosa accidia desertica e i registri inespressivi della Goodman a togliere nerbo. Roba da far sembrare questo “La Sera” come una versione au ralenti, un po’ drogata, di b-sides accumulate dalla band. Smarcamento della Goodman e disco non essenziali.