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R Recensione

8/10

Modern Witch

Unknown Domain

Gran peccato essersi accorti in ritardo di questo Unknown Domain. Uscito negli ultimi giorni del 2010, quest'album sembra essere il traguardo finale dell'intero percorso witch house emerso nel corso dell'anno, nonché l'autentica svolta di maturazione del genere. Avrebbe meritato una contestualizzazione in diretta, un riconoscimento immediato dello spazio che gli spetta. Invece tocca dedicargli un recupero in extremis, a visibilità probabilmente ridotta, purtroppo.

I Modern Witch hanno toccato tutte le tappe classiche del genere. Le primissime mosse con registrazioni casalinghe sui supporti "cult" VHS e nastri, la diffusione del proprio materiale attraverso blog altrettanto casalinghi, poi l'approdo alla Disaro Records, l'etichetta witch/drag/death per eccellenza. Esce anche un disco a marzo 2010, intitolato proprio Disaro, con svariate idee e spunti interessanti (chi vuol sentire con le proprie orecchie vada quantomeno a recuperarsi Can't Live In A Living Room), ma dall'aspetto complessivamente acerbo, che lascia intendere grosse possibilità di raffinamento.

Stavolta però ci siamo. Finalmente la witch house inizia a suonare come qualcosa di peculiare, di autonomo. Di differente dai vari Salem, oOoOO, GR†LLGR†LL & co., che si son sempre mostrati piuttosto legati a determinate forme canoniche, ognuno col proprio contributo di eccessi più o meno evidenti. Unknown Domain sviluppa invece un proprio stile, contenuto e ben studiato, si concentra sui groove e su un generale cinismo spietato. Senza invasioni dub, senza contaminazioni hip-hop, senza coinvolgere nulla di immediatamente riconoscibile. Anche la stessa iniziativa ipnagogica, che potremmo identificare come la progenitrice del genere, rimane abbastanza lontana da questi lidi.

Tolto ogni possibile riferimento, cosa rimane? Rimane un'oscurità primordiale, più depressiva che tenebrosa, riconducibile (se proprio vogliamo) al filone dark wave storico: si può sentire l'eredità dei Bauhaus in A Forest, o lo spirito dei Joy Division in 5low. Rimane il timbro agonizzante della voce femminile, più drogata che stregata, ma capace di arricchire i brani di pathos malato (Dead Boyz) e splendide ossessioni dissociate (Not The Only One, da tenere in loop per ore come letale stimolo psicotico). Rimane un vago imprinting minimal/noise, rintracciabile a tratti nei disturbi di Hollywood Babylon o Carrie.

Rimane, Unknown Domain rimane. Scolpito nel panorama witch come l'epitaffio sulla lapide gotica del cimitero monumentale. Impresso nella psiche come un urlo di terrore nella notte di un bosco selvatico.

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Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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