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R Recensione

7/10

Pere Ubu

Elitism For The People 1975-1978

Un best of, un remaster, un box set sono prodotti discografici su cui critica e pubblico tendono a dividersi in due gruppi: da un lato quelli che restano fortemente amareggiati per la stantia riproposizione di pezzi arcinoti, dall’altro coloro che osannano la presenza di rarità, inediti o la qualità della nuova masterizzazione. Nel caso dei Pere Ubu, la loro ultima release appartiene all’uno e all’altro campo, nel senso che “Elitism For The People 1975-1978” è comunque il frutto di una vera e propria analisi filologica. I lati positivi stanno nella nuova veste sonora cucita sui primi due album “The Modern Dance” e “Dub Housing”, nonché il live, datato 1977, al Max’s Kansas City di New York; i lati oscuri concernono invece l’inutilità di (ri)proporre i singoli pubblicati con la Hearpen Records.

Non sarei all’altezza di recensire un disco come “The Modern Dance” nello stesso modo attento e soave che il Collettivo Dedalus ha offerto sulle pagine di Storia della Musica. A mio giudizio, però, il titolo di masterpiece tocca a “Dub Housing” più che all’esordio. Pubblicati entrambi nel 1978, a pochi mesi l’uno dall’altro, i primi due LP dei Pere Ubu si rincorrono su terreni simili ma, mentre il primo contiene elementi cacofonici astratti, nel secondo la band di Cleveland è riuscito a strutturarli, dando loro un preciso ruolo nella trama compositiva, un ruolo che non fosse mera provocazione. D’altronde l’art rock, per definizione, si poneva come un’astrazione dal rock, un tentativo spesso narcisistico di rompere gli indugi della forma ballatistica. Nonostante “Dub Housing” fosse meno istintivo di “The Modern Dance”, il disco esprimeva molta più schizofrenia del precedente, anche se giudicarlo qui e ora sarebbe fuori luogo. “Dub Housing” merita, a mio avviso, un’apposita recensione con voto 10.

Dunque cos’è davvero “Elitism For The People 1975-1978”? Oltre alla meravigliosa rimasterizzazione cosa offre? Questo cofanetto tetrarchico scrive puntini sospensivi su un foglio protocollo perfettamente pulito, quei punti di cui gli scrittori in erba fanno volentieri inflazione. Eppure la visionaria patafisica di Alfred Jarry – a cui i Pere Ubu devono il proprio nome – qui c’è, seppur in forma ectoplasmatica. Il tocco bruitista che li ha resi leggendari aleggia in “Elitism For The People” a mo’ di testimonianza del passato, non di manifesto per il futuro.

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REBBY alle 0:31 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Bravo Ciccio! 10 a Dub housing anche per me. Oggi non saprei dire se sia meglio di Modern dance, ma talvolta l'ho pensato anch'io. Entrambi patrimonio dell'umanità rock. Il 78 è stato un anno fantastico per la musica rock e poi io ho compiuto 18 anni eheh I Pere Ubu vennero, in quel tempo (qualche mese dopo), anche a Bologna e suonarono entrambi gli album in un piccolo cinema- teatro. Fu un concerto magico, indimenticabile!

Cas alle 17:16 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

non ho capito perché escludere dal box anche "New Picnic Time", parte non dispensabile del trittico ubuiano degli anni Settanta...

Paolo Nuzzi alle 17:23 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Infatti, boh?