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R Recensione

7/10

I am Kloot

Natural History

Andate in una Manchester post millenium bug. La città di Morrissey, e si sente. Facciamo pure che siete proprio inglesi. Tirate fuori dalla soffitta le vostre vecchie corde acustiche sapientemente elettrificate. Poi magari vi stappate una birra da poggiare su un Marshall e se volete fumateci pure su. Quattro chiacchiere con gli amici e l'esordio di questi tre ragazzoni di sottofondo. Il Regno Unito spesso ci ha dettato le direttive d'ascolto da seguire di numerosi movimenti, non ultimo il tanto discusso New Acoustic Movement dei vari Turin Brakes o Badly Drown Boy (e, perchè no, anche dei più fortunati norvegesi Kings of Convenience) in cui anche questi I am Kloot potrebbero rientrare.

Natural History è un disco da una buona quarantina di minuti accompagnati dalla batteria calda di Andy Hargreaves, dal basso quasi eels-iano di Peter Jobson e dalla sobria eleganza pop di voce/chitarra di John Bramwell. Tale formazione ci saluta con l'apertura di "To You" dall'incedere fragile e malinconico. Di certo non la migliore apertura per strappare consensi, ma già dalla seconda "Morning Rain" possiamo brindare con gli amici al ritmo di un leggero bluesy dall'ascolto disimpegnato ma sostenuto. Il carattere vocale sembra spesso ammiccare ai timbri inglesi standard con cui abbiamo riempito i nostri lettori musicali, ma il sound acustico - frutto di suoni d'altri tempi - stempera il tutto molto bene e ci riporta ad un ascolto sincero, spesso intimista ed emotivo. Caratteristiche queste che ci colpiscono in "Twist", dal percorso squisitamente jazzy, sommesso e spensierato (di contrasto col testo amaro "There's blood on your legs/I Love You").

Se avessimo voglia di lasciarci andare a ricordi romantici potremmo ascoltare "86 TV's", dallo spleen arioso. Ma passata la malinconia viene voglia di fare party a tempo di una leggera "Bigger Wheels". La successiva "Loch" invece è una flessione strumentale del disco che ci immerge in quattro minuti densi di riflessione silenziosa e rispettosa, quasi ipnotica nei giri acustici ripetuti come capriole di fumo di sigaretta. La componente blues torna in "Storm Warning", seguita dalla voce dallo spirito pop relaxed tipico di tutto il disco. L'eco degli Smiths esplode in "Dark Star" con i suoi cori distanti e sussurrati, dal tono leggermente dandy. Se siete fumatori e ancora non avete respirato fumo, questo è il momento giusto per farlo: l'andamento jazzy trionfale e stanco di "Stop" vi farà fermare per affondare sul divano a guardare il soffitto da riverniciare.

Con la squisita "Sunlight Hits the Snow" ci avviamo verso le tracce finali, continuando discorsi già aperti dal disco riassunti in maniera calda e sapientemente acustica. Stessa cosa per la penultima "No fear of falling" che sembra voler veramente accompagnarci verso la chiusura con complici i toni sempre più delicati e impercettibili, graziosi ma poi non così efficaci da rimanerci così a lungo in testa. La fine è annunciata con "Because" (sette minuti, la traccia più lunga dell'album), che ci abbraccia teneramente in un debolissimo canto solitario, come se già se ne fossero andati tutti. Possiamo iniziare a mettere a posto le nostre cose su un giro morbidissimo di basso/batteria. I crash come carezze e le chitarre come fruscii di lenzuola ci suggeriscono di spegnere tutto e andare pure a dormire. Ma attenzione agli ultimi trenta secondi.

Un disco d'esordio sicuramente molto interessante che lancia gli I am Kloot in un panorama sicuramente già battuto, dove il successo può essere guadagnato solo da chi è in grado di saper rileggere suoni già noti con uno spirito diverso e preparato. I requisiti e le capacità ci sono. Le dodici tracce sono tutte oneste ed efficaci, anche se nell' ultima parte si sente una vaga ripetuta debolezza forse un po' per il genere o per il filo conduttore di tutto il lavoro. Ma questo non ci pregiudicherà comunque un ascolto ballad-oriented gustoso, sincero e spensierato.

V Voti

Voto degli utenti: 8,1/10 in media su 5 voti.
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Cas 8/10
Teo 7/10
motek 7,5/10

C Commenti

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Cas (ha votato 8 questo disco) alle 0:09 del 28 aprile 2010 ha scritto:

Un disco piacevolissimo, in grado di assecondare e in alcuni casi definire una certa estetica dominante del primo decennio degli anni zero. Bravo Marco!

Marco Di Francesco, autore, alle 9:54 del 28 aprile 2010 ha scritto:

Grazie del commento Cas, son d'accordo, è un disco che si lascia ascoltare piacevolmente. Nulla di nuovissimo, ma buon performing e buone premesse. Non ho avuto modo di ascoltare i loro altri lavori, sai se sono cresciuti in bene?

ps - mi autosegnalo un grossolano errore alla prima riga. Volevo scrivere "bug". Lapsus calami molto italiano. Sorry.

REBBY alle 10:25 del 28 aprile 2010 ha scritto:

Io invece questo non l'ho mai ascoltato, ma

apprezzo molto I'm kloot play moolah rouge (2007)

e soprattutto I'm kloot (2003). Non so da dove son

partiti, ma son cresciuti bene, si eheh

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 12:56 del primo maggio 2010 ha scritto:

Molto bello l'esordo degli I am kloot, sospeso fra (molto) pop e (un po') di jazz e blues. Eleganti e sovente retrò, ma con senso lirico e capacità di imbastire tracce di dolce malinconia. Uno dei miei dischi preferiti di quel primo anno del nuovo millennio...