R Recensione

9/10

Travis

The Man Who

Immaginate la vostra colonna sonora ideale per un pomeriggio uggioso passato in casa di fianco al camino…

Pensate ad un disco che rappresenti in modo univoco la stagione tipica e caratteristica dei mesi invernali in Gran Bretagna

Fin dalla copertina “pallida” e “gelida” The Man Who (anno di grazia 1999) non si nasconde, anzi, si rivela per quello che è: Un caldo piacere terreno in un freddo pomeriggio di novembre…

Un disco “intenso”, “pacato” e “delicato” concepito nella fredda Scozia dopo il “timido” esordio di “Good Feeling”(1997) un minestrone a base di brit pop, caldo e ben servito ma ancora troppo insipido.

Il titolo è un chiaro omaggio al celebre libro di Oliver SacksThe Man Who Mistook His Wife For A Hat”, un libro che parlava dei disturbi percettivi nelle persone, ma anche un modo per ironizzare su quella schizofrenia che i critici amavano usare per descrivere musicalmente l’esordio del quartetto di Glasgow.

In patria “The Ma Who” viene accolto in maniera clamorosa. Il disco riesce persino nell’impresa di “ridicolizzare” sia qualitativamente ma anche in termini di dischi venduti, il ritorno dei fratelli più “chiacchierati” del Regno Unito. A un anno dalla sua uscita infatti il disco si ritrovò a scalzare “Standing On The Shoulder Of Giants” fresco di pubblicazione, dalla vetta delle Uk charts. Un risultato niente male per un gruppo ancora ben lontano da ogni ben che minimo legame con la popolarità.

Le potenzialità compositive e realizzative di Haley e soci, vengono esaltate e valorizzate dal preziosissimo supporto in cabina di regia di quel prodigio umano che risponde al nome di Nigel Godrich.Artefice oramai di un suono ben definito e riconosciuto e di una produzione sopraffina ed elegante che va dal miracolo di “Ok Computer” al Beck più “riflessivo” di “Mutations”, Nigel è riuscito nel corso degli anni a collaborare con artisti di tutto rispetto, riuscendo a influenzare in modo piuttosto evidente dischi come “Regeneration” dei Divine Comedy (2001), “Talkie Walkie” degli Air (2004) e “Chaos And Creation In The Backyard” del Macca (2005), continuando comunque a collaborare con i soliti Radiohead e Beck .

I Travis passano così dal brit pop scanzonato e disimpegnato di “U16 Girls” al pop cristallino e “radioheadiano” di “Writing To Reach You” a cui è affidato il difficile compito di apripista del disco. Se l’attacco, con quel riff di chitarra decisamente poco originale (praticamente una versione “elettrificata” di Wonderwall) lascia qualche perplessità, gli intrecci di chitarre elettroacustiche e i falsetti celestiali, tolgono definitivamente ogni dubbio: la classe che nel precedente disco faceva fatica ad emergere, prigioniera di un suono e un attitudine fortemente influenzata dalla moda del momento, riesce per la prima volta a fiorire, manifestandosi sotto forma di canzone in uno dei picchi emozionali del disco.

Con le successive “The Fear” e “As You Are” il gruppo decide di abbassare i volumi, spegnere le luci e presentarci due composizioni semplici e “rilassate” dove la voce di un Francis Healy decisamente ispirato pare quasi sussurrata, sofferta e assopita, supportata da una sezione ritmica ipnotica e lineare.

Driftwood” è invece una pop-song dall’animo “libero” e “sbarazzino” fortemente influenzata dai Beatles. Il suo punto di forza è nell’immediatezza e nell’orecchiabilità, due armi vincenti per un singolo. La canzone infatti, una volta ascoltata, genera una sensazione diffusa di benessere e felicità, entrando in circolo e creando cosi’ una dipendenza destabilizzante… …Un pianoforte che snocciola dolci note dal vago sapore romantico, un testo che alterna un inglese classico a un francese irresistibilmente chic…stiamo parlando della successiva “The Last Laugh Of The Laughter”. Una delicatissima composizione che ha come unico difetto quello della sua “difficile” posizione…

Non è facile infatti, “spiccare” e “brillare” quando sei anticipato da un singolo perfetto come “Driftwood” e precedi a tua volta il duo delle meraviglie “Turn” e “Why Does It Always Rain On Me?”. La prima è la classica canzone da stadio. La struttura è la solita: Versi sommessi e “timidi”, bridge in levare suggestivo e carico di pathos e infine ritornello liberatorio da cantare tutti in coro. Semplicemente irresistibile.

Why Does It Always Rain On Me ?” è invece il primo vero e proprio successo mondiale della band, bissato poi dalla ballata contagiosa di “Sing” del però meno convincente “The Invisible Band”.“Even When The Sun Is Shining/I Can't Avoid The Lightning” canta un “fantozziano” Fran Healy, desolato e sconfortato dall’incedere scrosciante e senza soluzione di continuità di una pioggia che avrà indubbiamente segnato l’infanzia di questi ragazzi scozzesi…Bellissimo il contrasto netto tra un testo decisamente “pessimista” e “negativo” rispetto ad una melodia “solare” e “spensierata” sorretta da una ritmica “incalzante” che pare essere stata scritta appositamente per far saltellare e divertire….

Nel finale, tra l’armonica della successiva “Luv” e quello che è forse l’episodio più trascurabile del disco, “She’s So Strange” , spicca la dolce e conclusiva “Slide Show”. L’ultima istantanea di questo splendido album a tratti quasi perfetto…

Quando tutto sembra finito e i giochi fatti, c’è ancora tempo e spazio per “Blue Flashing Light” ovvero l’episodio più energico del disco che viene giustamente “rilegato” come ghost track. Una scelta azzeccata vista la poca attinenza con gli altri episodi del disco. Il pezzo ha il sapore di un urlo liberatorio dopo tutto quel sussurrare, uno scaricare la tensione accumulata nei quaranta minuti del disco, un finale col botto per un disco che il botto l’ha fatto davvero…

I Travis chiudono dunque il millennio in modo eccellente, consegnandoci una raccolta di canzoni di ottima qualità, che ancora oggi a distanza di anni sanno emozionare e far sognare…Mai il gruppo riuscirà a ripetersi su questi eccelsi livelli…

… “Sunny days/ Where have you gone?”…

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 13 voti.
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zanmat 9/10
MinoS. 8/10

C Commenti

Ci sono 5 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 1:02 del 13 aprile 2007 ha scritto:

is it because I lied when I was seventeen?

.....hanno fatto una sola grande canzone, ma che canzone....

Bodhisattva alle 21:34 del 14 aprile 2007 ha scritto:

gruppo simpatico e godibile i travis, ho apprezzato parecchio "the invisible band", il video di "sing" poi era splendido... di quest'album conosco soltanto "why does it always rain on me" che in effetti è splendida.

dagenham dave (ha votato 8 questo disco) alle 6:28 del 13 luglio 2007 ha scritto:

Il loro unico bel disco con quel singolo formidabile,gli altri album da lasciar perdere...

swansong (ha votato 6 questo disco) alle 19:21 del 26 giugno 2008 ha scritto:

Non mi hanno mai coinvolto..

e quest'album, pur osannato, non modifica il mio giudizio su di una band poco interessante! Puressance e Thirteen Senses, per esempio, pur non avendo avuto il successo meritato (come al solito!) sono di un altro pianeta...

Utente non più registrato alle 12:43 del 9 luglio 2012 ha scritto:

Decisamente il loro miglior disco, una sequenza di ballate delicate e romanticamente malinconiche.

Bello anche quello dei Divine Comedy citato nella recensione.