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7/10

Avvolte Kristedha

Avvolte Kristedha

Da Torino con furore. Poetico.

Il nome, Avvolte Kristedha, un po’ misterioso e sicuramente oscuro ai più, potrebbe suggerire l’esordio dell’ennesima band emergente. Invece, ci troviamo di fronte ad un interessante quartetto di origine pedemontana (recentemente fucina di notevolissimi talenti), formatosi addirittura nel lontano 1996, e forte di un’ottima popolarità a livello underground – ristretto più che altro alla sola regione –. La loro proposta non spicca per originalità: si tratta fondamentalmente di un noise rock à la Marlene Kuntz pesantemente contaminato da quel cantautorato anni ’70 (Fossati, De André) che ha contraddistinto a lungo il nostro Paese.

Avvolte Kristedha”, terzo, ultimo ed omonimo full length della band, esce all’inizio del 2008 sotto etichetta K-Factor. Dieci canzoni, per un totale di poco più di mezz’ora: il disco si presenta con un packaging interessante, sonorità gradevoli – seppur ampiamente già sentite – ed una produzione interamente affidata a Franz Goria, capo carismatico della scena musicale torinese, già a capo prima degli eccellenti Fluxus e poi degli altrettanto meritevoli Petrol. Garanzia di qualità?

La risposta è affermativa.

Se è vero che la non peculiarità potrebbe pesare sull’ago della bilancia valutativa finale – siamo in lidi cari, oltre che ai sopraccitati Marlene Kuntz, anche ai primi, seminali Afterhours –, è altresì vero che il complesso sa fin troppo bene quali sono le proprie barriere, perciò si limita a suonare con vigore, grinta e cipiglio, fra chitarre taglienti, sature distorsioni e rallentamenti chiaroscurali.

Non è certamente da sottovalutare il fatto che due pezzi, “Supercombi” e “Svaria II”, siano interamente strumentali, un’ulteriore prova di coraggio: nel primo, già scelto nientemeno che come soundtrack per la presentazione della nuova Fiat alle scorse Olimpiadi Invernali (svoltesi indovinate un po’ dove?), si assiste ad una bella rincorsa di chitarra, basso e percussioni, con feedback fuggiaschi che vanno a conficcarsi nelle trame ritmiche; la seconda, invece, si avvicina molto di più ad un certo tipo di psichedelia low, lenta e cadenzata.

Un altro punto di forza degli Avvolte Kristedha è la capacità di alternare brani tirati, fra noise e proto-punk, ad altri molto più cesellati e sottili, con le liriche sempre e comunque in primo piano per la loro capacità di essere straordinariamente musicali, pur avendo tutti i connotati di versi veri e propri. Quindi, il singolone “Linfa Vitale”, dalla buona padronanza strumentale – vedasi ultimo minuto, brado territorio per sole chitarre –, cede la staffetta alla soffusa “I Conflitti Dell’Essere”, songwriting di altissimo livello che, ora più che mai, si identifica con De André. Ancora più bella l’accoppiata “2, 1, 0”, caustico noise distorto dalla trattenuta ferocia che spruzza la carezzevole voce di Christian Torelli (bravissimo!), e “La Memoria, Il Canto E La Marea”, il punto più alto del disco, con un vibrante giro di chitarra acustica che accompagna un testo meraviglioso, interpretato con pathos e saliscendi vocali degni del miglior Vinicio Capossela.

Il resto dell’opera scorre su tranquilli binari, fra alti e bassi, momenti felici ed altri un po’ meno, senza comunque trovare un vero e proprio brano riempitivo: si potrebbe ricordare, ad esempio, la vivace “Sì Così”, che rievoca integralmente i fantasmi dei Kuntz di “Catartica”, o la conclusiva “Fatuardore”, dai belli intrecci strumentali.

Ci si aspetterebbe, a questo punto, la canonica sufficienza di rito: invece, il sottoscritto preferisce dare agli Avvolte Kristedha un surplus di fiducia e concedere loro mezza stella in più. Perché, direte voi? Perché questo è un album rock vero: suonato, composto, arrangiato, prodotto e pensato senza doppi scopi, con cuore, passione e sentimento, da un progetto che, nonostante le traversie di dodici anni, ancora è in piedi, e ancora compone ottima musica. E, di questi tempi, scusatemi se è poco.

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