Bronnt Industries Kapital
Hard For Justice
C’è un uomo solo al comando del progetto Bronnt Industries Kapital: il compositore e produttore Guy Bartell da Bristol già titolare, in passato, di alcune collaborazioni con il concittadino Nick Talbot, il geniale polistrumentista e cantautore nascosto ma non troppo dietro la sigla Gravenhurst.
Al secondo album vero e proprio dopo l’esordio Virtute et Industria e la sonorizzazione del documentario svedese degli anni venti incentrato sul fenomeno della stregoneria e dei disturbi mentali Haxan: Witchcraft Through The Ages, l’idea iniziale di musica elettronica basata sulla riscoperta di vecchi strumenti tardo-ottocenteschi, descritta dallo stesso autore come una “Victorian clockworktronica ensemble”, si evolve in un retro-futuristico intreccio di sonorità cinematiche provenienti dagli anni settanta e ottanta.
Così richiami più o meno evidenti a ciclicità kraute, alle macchine capaci di provare sentimenti “che neanche voi umani” dei Kraftwerk (Unbelievable Computer Of Love), alle metropoli overground di Giorgio Moroder, si mescolano alla costruzione a suspence e agli sferzanti climax delle partiture di Carpenter, dei Goblin e dei film di Lucio Fulci (esplicitamente omaggiato in Threnody For The Victims of Lucio Fulci col basso subacqueo, loop concentrici di synth e lievi escoriazioni shoe-gaze).
Uno scenario sonoro claustrofilo, oppressivo, improvvisamente squarciato da lampi di allucinazione epico-onirica come nella gobliniana European Male o nel marziale fantasy/sci-fi di Knights Of Vipco o dalle prolusioni dance (moroderiane) di S.T.R.Y.K.E.R., dalla toccata e fuga synth-pop di Objects And Purpose. Né fa eccezione il funky-dub da blackexploitation di Street Of Fury opportunamente verniciato da una glaciale patina sintetica, da una resina oscura e distopica che ne impastoia il groove testosteronico di partenza.
Vivamente consigliato a chi ama il cinema degli anni ottanta e ha voglia di mettersi comodo e guardarsi i propri film nell’home theatre della propria mente.
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