Scosse Elettriche
Scosse Elettriche
Il recupero discografico del mese assume le fattezze di un incontro-scontro transgenerazionale che coinvolge, da una parte, uno storico esponente della controcultura elettronica sorta in Italia fra gli anni 70 e 80 e, dallaltra, il baffuto motore ritmico di una serie trasversale di recenti act tricolori di assoluto pregio: Riccardo Sinigaglia (Futuro Antico, Correnti Magnetiche) non dovrebbe aver bisogno di presentazioni, mentre Davide Zolli per i non assidui frequentatori delle serate meneghine de La Società Psychedelica è forse più noto con gli alter ego di DavMatic (per i die hard fans dellindimenticata via veneta al rnr dei furono Mojomatics) e di OmegaDav (nelle varie incarnazioni della Squadra Omega). Insieme i due formano Scosse Elettriche: un monicker-manifesto che da subito professa la propria cronalterità in opposizione dialettica alla contemporaneità in cui è inserito. Musica libera, ma libera veramente: tre sono i quarti dora (scarsi), tre le improvvisazioni (titoli didascalici gentilmente offerti da Juanma Pina), almeno tre le ragioni per cui vale la pena ascoltarlo.
In ordine, la prima: le sinestesie strumentali. Che non sono solamente quelle offerte dalla variopinta copertina (un dipinto dello stesso Sinigaglia datato 1981) o dalla descrizione astratta offerta dal poeta Adelio Fusé, ma, in primo luogo, la variabile tessitura di timbri e tonalità che conferisce alle jam il loro caratteristico moto ondulato: i synth di basso su cui, dai 6 in avanti, si appoggiano le svisate electric funk del piano di Sinigaglia in Una cita en una feria. El tio vivo bajo la lluvia. Un beso detrás de la noria. Dos montañas rusas. e che, a loro volta, innescano lassordante vortice kosmische in cui viene inghiottita tutta la seconda metà; oppure gli incastri concrète di percussioni in crescendo che trasformano Instrucciones de uso: qué hacer si te encuentras un tiburón en la lavadora. in una swingata sinfonia contemporanea, prima che flauti e fraseggi di piano a cascata riconducano la narrazione su binari più meditativi. Da qui, la seconda: lassoluta, genuina italianità del costrutto. Che senza il Miles elettrico, certe posteriori derivazioni jazz rock, il kraut dei primi 70 e più in generale il concetto di free form probabilmente non esisterebbe, ma che è in ogni caso il primo pertinente appiglio cognitivo a saltare in mente durante lascolto della centrale De noche, el último vagon está vacio y mi reflejo en la ventana del metro me asusta. (16:18), i cui sette minuti conclusivi tra acid-space sintetica, groove marziali e batimetrie oceaniche sembrano quasi un doveroso tributo al Gruppo Improvvisazione Nuova Consonanza. La terza, infine: loriginale non ripetitività dellinterplay. Che certo si genera e rigenera, si sdoppia, si decompone in pattern iterabili allinfinito, ma che mai dà davvero la sensazione di truccare le regole del gioco, di tornare sui propri passi come perfetta copia di sé stesso: la differenza nella ripetizione.
Se linvito allascolto avrà colto nel segno, consigliamo di recuperare congiuntamente a Scosse Elettriche anche il secondo In La, mezzora abbondante di nuove improvvisazioni registrate fra gennaio e febbraio assieme al Trio Cavalazzi.
Tweet