V Video

R Recensione

7/10

Scosse Elettriche

Scosse Elettriche

Il recupero discografico del mese assume le fattezze di un incontro-scontro transgenerazionale che coinvolge, da una parte, uno storico esponente della controcultura elettronica sorta in Italia fra gli anni ’70 e ’80 e, dall’altra, il baffuto motore ritmico di una serie trasversale di recenti act tricolori di assoluto pregio: Riccardo Sinigaglia (Futuro Antico, Correnti Magnetiche) non dovrebbe aver bisogno di presentazioni, mentre Davide Zolli – per i non assidui frequentatori delle serate meneghine de La Società Psychedelica – è forse più noto con gli alter ego di DavMatic (per i die hard fans dell’indimenticata via veneta al r’n’r dei furono Mojomatics) e di OmegaDav (nelle varie incarnazioni della Squadra Omega). Insieme i due formano Scosse Elettriche: un monicker-manifesto che da subito professa la propria cronalterità in opposizione dialettica alla contemporaneità in cui è inserito. Musica libera, ma libera veramente: tre sono i quarti d’ora (scarsi), tre le improvvisazioni (titoli didascalici gentilmente offerti da Juanma Pina), almeno tre le ragioni per cui vale la pena ascoltarlo.

In ordine, la prima: le sinestesie strumentali. Che non sono solamente quelle offerte dalla variopinta copertina (un dipinto dello stesso Sinigaglia datato 1981) o dalla descrizione astratta offerta dal poeta Adelio Fusé, ma, in primo luogo, la variabile tessitura di timbri e tonalità che conferisce alle jam il loro caratteristico moto ondulato: i synth di basso su cui, dai 6’ in avanti, si appoggiano le svisate electric funk del piano di Sinigaglia in “Una cita en una feria. El tio vivo bajo la lluvia. Un beso detrás de la noria. Dos montañas rusas.” e che, a loro volta, innescano l’assordante vortice kosmische in cui viene inghiottita tutta la seconda metà; oppure gli incastri concrète di percussioni in crescendo che trasformano “Instrucciones de uso: qué hacer si te encuentras un tiburón en la lavadora.” in una swingata sinfonia contemporanea, prima che flauti e fraseggi di piano a cascata riconducano la narrazione su binari più meditativi. Da qui, la seconda: l’assoluta, genuina italianità del costrutto. Che senza il Miles elettrico, certe posteriori derivazioni jazz rock, il kraut dei primi ’70 e – più in generale – il concetto di free form probabilmente non esisterebbe, ma che è in ogni caso il primo pertinente appiglio cognitivo a saltare in mente durante l’ascolto della centrale “De noche, el último vagon está vacio y mi reflejo en la ventana del metro me asusta.” (16:18), i cui sette minuti conclusivi – tra acid-space sintetica, groove marziali e batimetrie oceaniche – sembrano quasi un doveroso tributo al Gruppo Improvvisazione Nuova Consonanza. La terza, infine: l’originale non ripetitività dell’interplay. Che certo si genera e rigenera, si sdoppia, si decompone in pattern iterabili all’infinito, ma che mai dà davvero la sensazione di truccare le regole del gioco, di tornare sui propri passi come perfetta copia di sé stesso: la differenza nella ripetizione.

Se l’invito all’ascolto avrà colto nel segno, consigliamo di recuperare congiuntamente a “Scosse Elettriche” anche il secondo “In La”, mezz’ora abbondante di nuove improvvisazioni registrate fra gennaio e febbraio assieme al Trio Cavalazzi.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.