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7,5/10

Blue Lab Beats

Xover

I Blue Lab Beats fotografano la realtà underground londinese contemporanea, rivelandone umori, tendenze di fondo, mode imperanti.

Non bisogna stupirsi: il duo si è fatto le ossa nel melting pot sotterraneo della City, assorbendo hip hop, uk jazz, soul, e coniando un linguaggio ibrido sulla falsariga di quello elaborato oltreoceano (New York e soprattutto la BAM della West Coast).

I numerosi collaboratori e i loro diversi background (ora più vicini al jazz classico, ora in orbita soul, ora virati IDM, ora prossimi al poutpourri caraibico che vivifica Londra e che ha fornito gli strumenti produttivi essenziali di larga parte della musica elettronica intelligente degli ultimi trent'anni) rivelano le consonanze ideali e programmatiche con Robert Glasper & compagnia.

Stiamo assistendo a un fenomeno che non è nuovo nel mondo della musica pop: l'America formula proposte originali (se non sul piano strettamente formale, quantomeno in termini di impatto sulla scena), l'Inghilterra le importa e se ne appropria, verniciandole con una sana dose di pop intelligente.

La prima parte dell'album guarda esplicitamente alle sonorità funk e hip hop: “Say Yes” porge i doverosi omaggi a tutte le Janelle del mondo e di riflesso al sound futurista e policromo del nano di Minneapolis. “Watch It Blue Kantana” smaschera le ambizioni del duo: piano jazz e hip hop celebrano l'ennesimo matrimonio, incorniciati da una produzione orientata alla UK Bass.

Pineapple” è ritmicamente uk house (charleston e hi-hat a sincopare i 4/4, merito del batterista Moses Boyd), mentre il sassofono della virtuosa Nérija è pura fusion (funk mellifluo e accattivante) catapultata nel 2018. “Sam Cooke & Marvin Gaye”, profetica sin dal titolo, muove ulteriori passi in direzione funk-hip hop, prima che un coro soul e l'hammond aumentino la temperatura psichedelica del brano. Nel frattempo, l'ingombrante figura di Robert Glasper inizia a definirsi sullo sfondo.

Gli ultimi brani diventano più scopertamente jazz: “Blue Skies” è in effetti un Robert Glasper in versione 2.0, valorizzato dal corpo a corpo cristallino dei fiati. “My Dream” si muove sulla stessa falsariga e disegna forse lo spunto melodico più interessante del disco.

In poche parole? Benchè manchi il brano da consegnare ai posteri, “Xover” regala un'ora ben investita e musica di qualità al passo con i tempi.

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