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R Recensione

7/10

Africa Unite

Rootz

Il ciclone Bob Marley portò la musica reggae nel mondo, letteralmente ovunque, dalle grandi metropoli ai piccoli paesi di provincia, come Pinerolo, Cittadina alle porte di Torino, in cui due ragazzini nel 1981, colpiti emotivamente dalla scomparsa del cantante (e magari anche dai concerti che tenne in Italia, visto che si esibì anche a Torino, ma chissà perché tutti ricordano sempre e solo il concerto di San Siro) decisero di creare una reggae band, gli Africa Unite (all'epoca Africa United).

Una delle band cardine del reggae in Italia, la formazione che ha aperto le porte al genere, dimostrando non solo che era possibile fare reggae nella nostra penisola, ma anche che lo si poteva fare in italiano, arrivando anche a conquistare una larga fetta di pubblico, non solo gli amanti del genere.

Sempre equamente in bilico tra le due anime della band, da una parte Mada, il maestro del dub, l'anima sperimentale, e dall'altra Bunna, la voce, più legato alle radici del reggae (in Jamaica venne soprannominato “il piccolo Marley”), anche in questo lavoro gli Africa Unite fanno centro, proponendo quanto di meglio la musica reggae possa oggi proporre a livello internazionale.

Non si smentiscono neppure dal punto di vista dei testi, sempre molto attenti a quanto succede intorno a loro e nel mondo. Addirittura coraggioso si potrebbe definire il tema del primo brano del disco, “Così sia”, un brano classic reggae “alla Africa Unite”, in cui Bunna si scaglia contro i pregiudizi e l'omofobia di cui spesso è affetta proprio la musica reggae, con un gran bell'inciso in inglese nel ritornello.

Grande apertura, ma per chi vuole del gran classic reggae, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Da “Sensi” alla splendida “Here and Now”, cantata in inglese con i Franziska ospiti, da “Si” alla solare “Reality”, forse il capolavoro del disco, con un altro grande ospite, quell'Alborosie oggi star del reggae in Jamaica, una volta cantante dei nostrani RN Ticket.

Mada e il dub si prendono la loro parte nella splendida “Music 'n' Blood”, canto d'amore per la musica, che si apre con toni dub e la voce profonda di Mada (in inglese), e si chiude sfumando nella successiva dub version di “Music 'n' dub”, o in “Mr. Time”, dove la voce di Mada introduce il brano, per lasciare a Bunna il timone per una riflessione sul tempo, la vita, la religione. Ottimo testo, e ottima anche la sezione fiati.

Ancora un grande testo per “Il movimento immobile”, un salto nel rocksteady per parlare di difesa della terra e dell'ambiente, di scorie chimiche e nubi tossiche, contro un falso progresso che in realtà è solo profitto di pochi. Ottimo ancora una volta il sax.

Reggae e ska uniti per “The Lady”, dove torna il cantato in inglese con il notevole featuring di Mama Matjas, e chiusura con il talking reggae di “Cosa resta”, dal testo intenso e lirico come pochi altri nella storia degli Africa. Un disco dedicato fin dal titolo alle radici, che “portano nutrimento e ricchezza. Sono fonte di stabilità e memoria", ma che al contempo non si dimentica di guardare al presente, per raccontare il quotidiano.

 

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Voto degli utenti: 4,5/10 in media su 2 voti.
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george 4/10

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