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R Recensione

9/10

Bob Marley

Natty Dread

“…My feet is my only carriage, and so i've got to push on through…Oh, while i'm gone, everything's gonna be all right!”

Le parole di “No Woman, No Cry” (scritte dall’amico fraterno Vincent Ford) sono di una semplicità che disarma: eppure hanno un trasporto emotivo commovente, significativo dei veri inni popolari impermeabili alle stagioni. Quella voce imbevuta di misticismo e leggenda si è ormai sedimentata nei decenni di generazioni sparse nel globo, insieme all’organo liturgico di Bernard “Touter” Harvey e al tipico ritmo in levare delle bacchette di Carlton Barrett. Robert Nesta Marley conobbe Ford durante gli anni giovanili a Trenchtown, campare era una questione complicata come arrivare a metà giornata con un boccone nello stomaco, e dio solo sa quante volte Vincent aiutò il povero ragazzo nato da un ex-capitano inglese e una giovane indigena a sfamarsi e tirare avanti.

“No Woman, No Cry” è certamente il brano più conosciuto di “Natty Dread”, e uno dei più celebrati dell’intero catalogo di Marley: decine nel tempo i tributi (Joan Baez, Fugees, Pearl Jam, Jimmy Buffett tra gli altri) e memorabile l’accorata versione dal vivo contenuta nel torrido “Live!”, registrata al londinese Lyceum nel luglio 1975. “Natty Dread” era il nomignolo che in Giamaica indicava un singolo componente di cultura rastafari e la sua caratteristica acconciatura di dreadlocks, un simbolico titolo-manifesto per il primo lp a esibire la sigla “Bob Marley & The Wailers” senza i storici compagni Bunny Livingston e Peter Tosh, quello con l’entrata in organico delle preziose coriste I-Threes (la moglie Rita, Judy Mowatt e Marcia Griffiths) e di una sezione ritmica epocale. Sarà l’album della grande affermazione internazionale dell’iconico leader, che amava firmarsi i testi con divertenti pseudonimi, un saggio maturo e impegnato della filosofia spirituale rasta dopo i già notevoli “Catch A Fire” e “Burnin’”.

“…Lively up yourself, and don't be no drag. Lively up yourself, 'cause this is the other bag…”

Il reggae è un pacificato mantra di ricerca interiore, una progressione armonica elementare e sempre identica ma dalla straordinaria forza ipnotica, il biblico “Talkin’ Blues” del popolo giamaicano che esorcizzava le sue millenarie sofferenze nel nome di Jah. Parliamo di disperazione e rinascita, di piedi troppo grandi per le tue scarpe vecchie e malandate, della “terra fredda e rocce” dove hai riposato la notte scorsa. Parliamo di blues, fratello: lo stesso sentimento che nasceva alla foce del Mississippi un secolo fa. Storie di ghetto e povertà estrema, d’ingiustizia e riscatto che il canto del carismatico Bob racconta invitando alla presa di coscienza individuale e sociale (il respiro soul di “Bend Down Low”), all’emancipazione da un sistema avido che può ucciderti fin dalla nascita. È “musica ribelle”, la rivelazione che porta la sporcizia della verità sotto i nostri occhi, il fuoco che brucia in noi un mai sopito istinto di libertà e arde la rivoluzione (“Revolution”).

“…Never make a politician grant you a favour…They will always want to control you forever, eh! (forever, forever). So if a fire make it burn (make it burn, make it burn)…And if a blood make ya run (make ya run, run, run)…”

Il basso pulsante di Aston Barrett apre il terzo lavoro Wailers con il movimento sinuoso dello spiritual “Lively Up Yourself”, un rhythm’n’blues rallentato di fiati Stax e i ricami felpati del chitarrista Al Anderson sull’epidermico refrain che ripete sornione “ti animerai a non essere di peso, animatevi perché il reggae è un’altra faccenda…” La breve studio-version di “No Woman, No Cry” non ha il pathos della consorella live ma riesce comunque a caratterizzarsi per una primordiale e curiosa drum-machine, vibrano invece di potente passione antagonista l’eloquente “Them Belly Full (But We Hungry)”, con liquide note di wah-wah a sostenere versi che non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni (“loro hanno la pancia piena ma noi abbiamo fame”, ”una folla affamata è una folla arrabbiata”), e la dura reprimenda contro i soprusi d’una legge corrotta e matrigna dell’autobiografica “Rebel Music (3 O’Clock Roundblock)”, aggraziata da un’incisiva armonica e il morbido piano elettrico di Harvey. Di questo e altro è pervaso l’importante e minimale “Natty Dread”, prodotto ancora dal boss della Island Chris Blackwell (padrino dell’ascesa artistica mondiale di Marley a prima rockstar “terzomondista”) e rilasciato sugli scaffali il 25 ottobre ’74. “Rivoluzione”, “libertà”, “radici” e “Babilonia” sono sante parole che ritroviamo spesso nelle canzoni del profeta di Kingston, sono il sangue, la frustrazione e la carne dei suoi antenati trasmigrati in un lento e immortale blues di speranza.

"Trenchtown non è in Giamaica, Trenchtown è ovunque, perché è il luogo da cui vengono tutti i diseredati, tutti i disperati...Perché Trenchtown è il ghetto, è qualsiasi ghetto di qualsiasi città..."

 

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REBBY 6/10

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fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 9:56 del 22 marzo 2011 ha scritto:

Fino ad oggi non avevamo una recensione di Bob Marley. Ma dimmi tu. Meno male che Daniele c'è. Al di là di tutte le considerazioni storiche sulle origine del reggae, il merito di Marley fu sicuramente quello di aver portato la musica di una piccola isola in ogni angolo del pianeta, influenzando pesantemente la musica rock e pop. Grandissimo animale da palco, icona limpida della Storia della Musica, ascolto obbligato anche per chi non ama il genere.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 11:00 del 22 marzo 2011 ha scritto:

Non c'è più Peter Tosh (ed altri) e con Woman no cry fa il primo botto planetario (anche se dovrà pazientare qualche mese). Da li in poi strada in salita (con annesso effetto traino per l'intera scena giamaicana) fino alla morte. Senza dubbio un'icona della musica. Detto questo, qualche pezzo ok, ma un intero album di reggae non lo reggo (o meglio lo reggo alla grande solo in Jamaica). Che devo fare, riprovare con questo?

swansong alle 11:16 del 22 marzo 2011 ha scritto:

Spiace..ma proprio non lo regg(ae)o!

Al pari (anzi più) di pochissimi altri giustamente ritenuti più o meno grandi (o grandissime) "icone" del rock (Dylan, Waits, Morrissey..), Marley e la musica reggae tutta proprio non la sopporto..mi irrita! Scusate, perdonatemi, ma è la prima recensione su SdM di Marley e non ho resistito...dovevo dirlo e gridarlo al mondo intiero..)) Peace&Love...

Ivor the engine driver alle 14:48 del 22 marzo 2011 ha scritto:

all'inizio anche io odiavo il reggae, e non posso dire sia ancora la mia tazza da thè, però grazie ad un caro amico dell'università, nonchè gran bassista, mi sono reso conto delle qualità del reggae. Di Marley preferisco il primo periodo, mi piace un sacco quando ancora c'è Peter Tosh. Preferisco Burnin' a questo. Adesso però ci vuole una rece di Linton Kwesi Johnson!

4AS alle 8:41 del 23 marzo 2011 ha scritto:

Non sono mai riuscito ad ascoltare Marley. I pezzi che conosco mi fanno proprio andare al bagno, sono mediocri e ripetitivi all'inverosimile. Non per essere troppo rude ma è realmente quello che penso di lui.

farmerjohn (ha votato 10 questo disco) alle 21:08 del 23 marzo 2011 ha scritto:

Reggae ?

Ma come si fa a definire Bob Marley reggae ? é come dire che non ti piace Kind of Blue perchè è jazz, Pink Moon perchè è folk o Darkside of the moon perchè è psichedelico....sono capolavori oltre ogni genere, chi ama la musica deve ascoltarlo necessariamente.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 9:11 del 24 marzo 2011 ha scritto:

Reggae?

E' già stato detto che Marley è un'icona della musica. Ma non ci possono essere dubbi sul fatto che questo sia un album di musica reggae (sui tuoi esempi io avrei dei dubbi solo sul psichedelico riferito a The dark side of the moon) e non è detto che ad un ascoltatore, anche molto curioso ed "aperto", debban piacere per forza musicisti (o generi) unanimemente (o quasi) considerati importanti nella storia della musica (e questo vale anche per la pittura, la scultura, la letteratura,...). Sul fatto che dovrebbe essere ascoltato ok. Nell'arte (colta o popolare che sia), almeno, non si dovrebbe tendere all'uniformità di pensiero. Riconoscere o meno l'importanza storica è altra cosa rispetto all'emozione individuale che sta alla base della fruizione delle "opere d'arte".

salvatore alle 14:39 del 24 marzo 2011 ha scritto:

Non mi permetterei mai di esprimere un giudizio tecnico né tantomeno di quantificare con un voto: conosco poco l'artista (2/3 brani su questo album) e pochissimo il genere. Posso solo dire che trovo Marley e la musica reggae pressoché inascoltabili...

farmerjohn (ha votato 10 questo disco) alle 10:10 del 25 marzo 2011 ha scritto:

Effettivamente "psichedelico" è una definizione un pò fumosa, volevo solo dire che mi sembra riduttivo incanalare un artista così importante in un genere predefinito e ritenerlo quindi inascoltabile solo perchè si ritiene tale quel genere. Io ad esempio non sopporto il metal però ho dovuto necessariamente ascoltare i black sabbath, i metallica o gli iron maiden, altrimenti non avrei mai potuto parlare di band come i nirvana, che invece mi piacciono molto. Discorso diverso invece per le altre miriadi di band metal svedesi, norvegesi o finlandesi che invece non ritengo essenziale conoscere

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 11:04 del 25 marzo 2011 ha scritto:

Ok, ascoltare è una cosa, apprezzare un'altra. Io ad esempio ho ascoltato Metallica ed Iron maiden, ma non mi garbano. Queste sono band heavy metal, giusto? Possiedo ed apprezzo il primo Black sabbath e mi piacciono i Nirvana (Nevermind ed Unplugged) lo stesso. Tornando a Bob Marley io non ricordo (magari sbaglio) un suo album che non fosse musica reggae ed in ogni caso in un certo senso lui impersonifica il reggae ed è il musicista più rappresentativo di questo genere, colui che l'ha fatto uscire dal "ghetto". Poi, certo, la diffusione del reggae al di fuori dei confini jamaicani ha influenzato vari esponenti della musica rock (numerose band pre-punk, punk o post-punk), ma questo è un altro discorso.

swansong alle 13:22 del 25 marzo 2011 ha scritto:

Discorso diverso invece per le altre miriadi di band metal svedesi, norvegesi o finlandesi che invece non ritengo essenziale conoscere

E fai male, comunque. Opeth, Meshuggah...per citarne alcuni, possono non piacere, ma "vanno" ascoltati..

Ma il punto scusa è un altro. Non capisco il senso del tuo ragionamento. O sei un critico o un musicologo, per cui "devi" ascoltare qualcosa per poi commentare o recensire e allora il tuo discorso, pur con tutti i suoi molti limiti (qual è la necessità "propedeutica" dell'ascolto di Iron Maiden, Metallica o Black Sabbath, per parlare dei Nirvana?), ci può stare..Ma se così non è, allora perchè dovrei impormi di ascoltare qualcosa "necessariamente" perchè qualcuno lo definisce "patrimonio dell'umanità" o capolavoro? Se non amo il jazz, è ovvio che Kind of Blue possa non apprezzarlo quanto meriterebbe, stesso discorso per Pink Moon ed il folk...Io do il mio parere su Marley, ovviamente dopo averlo ascoltato, e dico che non mi piace (a prescindere dalla sua collocazione nei generi musicali...)

farmerjohn (ha votato 10 questo disco) alle 15:20 del 25 marzo 2011 ha scritto:

La frase "non mi piace" annulla ovviamente qualsiasi confronto perchè sempre legittima ma se si vuole impostare un confronto, a me interessa ad esempio, bisogna portare ragionamenti più dettagliati del "mi piace" "non mi piace". Io scrivo di musica (non per questo mi appello come musicologo o critico) perchè mi è sempre piaciuto andare alle radici e se avessi ascoltato i nirvana senza poi ascoltare i black sabbath ecc. non avrei apprezzato a pieno e soprattutto non avrei potuto scrivere di nirvana (almeno a mio parere). Conosco un tipo malato di reggae che reputa Marley tutt'altro che reggae, questo per dire quanto contano le etichette, un artista così importante per me prescinde qualsiasi genere e va ascoltato se si vuole apprezzare maggiormante la musica, poi ovvio che può non piacere. Per quanto riguarda gli opeth sono d'accordo, sono un gruppo importante (watershed è un gran disco) ma non posso mica elencarli tutti (e soprattutto conoscerli tutti). Gli amorphis ad esempio, sarai d'accordo, sono una band trascendibile.

farmerjohn (ha votato 10 questo disco) alle 15:22 del 25 marzo 2011 ha scritto:

tracendibile ??? scusa, volevo dire prescindibile

Roberto_Perissinotto alle 19:30 del 25 marzo 2011 ha scritto:

Non voglio alimentare la discussione, ma personalmente continuo a ritenere Bob Marley come una delle più pure ed emozionanti incarnazioni umane della Musica con la M maiuscola.

swansong alle 10:30 del 28 marzo 2011 ha scritto:

@farmerjohn...

Scusa se infierisco, ma dal tuo ultimo commento (sul "mi piace" "non mi piace" potrei pure essere d'accordo, ma alla fine, se non sei un critico, non è quello che conta?), traspare una tua poca dimestichezza con il metal e dintorni...per cui, lo dico col massimo rispetto e senza offesa credimi, torno a ribadire che di Nirvana puoi parlare finchè vuoi, ma non dirmi che c'entrano qualcosa coi Sabbath o, ancor meno, con gli Iron...avessi citato i Soundgarden di Badmotorfinger ancora ancora...poi mi citi gli Opeth di Watershed (il loro ultimo e trascurabilissimo lavoro) e mi dici che è un gran disco, io, invece, lo ritengo in assoluto il loro lavoro più insignificante. Gli Opeth che hanno "trasceso" il death metal per rileggerlo in chiave prog-folk, quelli che hanno veramente espresso qualcosa di nuovo, mai sentito prima sono quelli dei primi lavori (Morningrise o Still Life li hai mai ascoltati?). Infine, la chicca: Amorphis band prescindibile? Ennò dai! Possono non piacerti (e allora vedi che si finisce sempre lì?), ma prescindibili proprio no! Tralasciando i primi lavori, più "brutali", ma sempre molto interessanti, con l'arrivo di Pasi Koskinen alla voce nel 1996, hanno sfornato almeno 3 capolavori assoluti (Elegy, Tuonela e Am Universum) dove sono mirabilmente miscelati, a mio parere, tutti gli ingredienti per fare un gran disco rock - in questo caso proto psich-folk-hard-rock-metal, non saprei come descriverlo altrimenti, se non consigliare a chiunque di ascoltarli - e cioè ottimi musicisti, e grandi melodie! Fondamentali, altro che prescindibili!

NathanAdler77, autore, alle 18:10 del 28 marzo 2011 ha scritto:

Opeth e Meshuggah in una rece di "Natty Dread" sarebbe stato troppo anche x Bob dopo una dura giornata di sontuosi big-joint...

Marley è universale, ragazzi. E' come la mozzarella di bufala, va oltre i generi e le classificazioni.

swansong alle 19:04 del 28 marzo 2011 ha scritto:

Opeth e Meshuggah in una rece di "Natty Dread" sarebbe stato troppo anche x Bob dopo una dura giornata di sontuosi big-joint...

In effetti..

Sul concetto di universalità legato a Marley, però, avrei dei dubbi..per me, di universale, nella sua proposta, c'è solo la ganja..e godo di più a mangiarmi un mozzarella di bufala d.o.p. che ad ascoltarmi un disco per intero di Bob, ma non vorrei tediare oltre..

ozzy(d) alle 20:04 del 28 marzo 2011 ha scritto:

in tema di canne preferisco gli stones di "rip this joint", il reggae proprio non lo reggo!

unknown (ha votato 7 questo disco) alle 20:20 del 4 aprile 2011 ha scritto:

bob marley secondo me vale la pena conoscerlo

il reggae comunque penso che non si ascolta con fare tecnico

il reggae si vive si balla..mette allegria..

questo album e' un buon album ma i capolavori di

marley sono be altri...exodus...e uprising ..a pari merito

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 8 questo disco) alle 13:49 del 8 aprile 2011 ha scritto:

Lo preferisco live Bob Marley. Infatti quelli che ascolto più spesso sono Babylon by bus e l'altro Live!. Però questo e soprattutto Exodus sono ottimi dischi. Per quel che mi riguarda Bob Marley è il reggae. Con tutto il rispetto per Peter TOsh e gli altri, ma l'indiscusso re del reggae è stato Bob. Non a caso dopo la sua morte il reggae è cambiato, non è stato più lo stesso, si è contaminato, ha seguito altre strade, ma ha perso a mio avviso la sua vera essenza.