R Recensione

7/10

Liars

Liars

Questa dovrebbe essere una recensione sull'ultimo, omonimo , album dei Liars: ma non è possibile parlare di "Liars" senza evidenziare l'evoluzione musicale che il gruppo ha subito dal suo primo album fino ad oggi.

Andiamo con ordine.

Esplosi nel 2001 a New York con l'album d'esordio "They threw us all in a trench and stuck a monument on top" ed un organico di 5 elementi, i Liars sono figli di quella generazione di gruppi funk-punk, new-wave che stava invadendo il panorama musicale di inizio secolo, con forti richiami a pionieri storici del genere come i Gang of Four and Minutemen (provate ad scoltate il pezzo per eccellenza del disco "Mr your on fire Mr", per farvi un'idea).

MA pensare che la creatura Liars sia alla sua forma definitiva di sound è al quanto prematuro, la mutazione è viscerale continua ed inarrestabile.

Nel 2004, dopo vari cambi di formazione, Angus Andrew, Aaron Hemphill e Julian Gross, riappropriatosi del nome Liars, sfornano il loro secondo lavoro "They were wrong so we drowned" totalmente antitetico al primo. "They were wrong ..." suona tribale e diabolico, dall'impatto violento, centrato su ritmi pagani ed oscuri rendendo l'insieme di una atmosfera apocalittica. Questo tribalismo viene però interiorizzato ancora di più diventando più lento e psichedelico nell'album capolavoro dei Liars "Drum's not dead" (mute 2006). Un lavoro in cui ancora una volta è la batteria a ricoprire il ruolo di protagonista incontrastata del loro sound. Il suono diventa più compatto più lento, l'impatto è meno violento e più meditato, un album in cui la voce diventa più matura e più studiata. Voci fantasmatiche e sotto tono che marcano attraverso cantilene ossessive, cori voodoo e litanie, melodie blues, folk-punk. Un percursionismo accompagnato da suoni metallici, visioni dark, tocchi dissonanti di organo e chitarre effettate.

Adesso, abbandonate queste atmosfere spettrali e ipnotiche i Liars tornaro in scena con il loro quarto album "Liars" (Mute 2007). Allora cosa aspettarsi dalla creatura Liars?

"Liars" è la nuova carta di identità del gruppo per come si presenta oggi. Insolito e inconsueto è anche chiamare il loro quarto lavoro con il nome del gruppo, di solito solo i debutti sono tali. Registrato tra Los Angeles e Berlino, ascoltando "Liars" si pensa subito ad un ritorno al passato e più precisamente al primo album. Abbandonate le componente funk in questo nuovo lavoro i Liars suonano più rock e wave nel senso più puro dei termini. Messa da parte la batteria, Angus e soci, sfoggiano chitarrone hard-rock ("Cycle Time"), cavalcate rock agli Stooges (Plaster casts of Everything) dal groove pesante e di grande impatto, puro funky alla Beck con cadenze pop e inneschi elettro-dub (houseclouds, sicuramente il brano più pop melodico del disco), restituendo così un immediatezza ad un lavoro un pò meno meditato e studiato.

Centrato sull'idea di canzone e alla ricerca continua della melodia come componente fondamentale (ascoltate: Protection, houseclouds, Sailing to Byzantium), si affaccciano anche bordate di sperimentazioni rumoristiche: Sailing to Byzantium svisa tra suoni rarefatti, melodie dai toni sfuggenti, rumori di sottofondo; Leather Prowler si rivivono le atmosfere del precedente album; Clear Island è un ritorno al punk-funk di "They threw us all ..." ma più acido e psicadelico; Pure Unevil è un gioco di industrial sound. Qualcosa del passato è rimasto ma è veramente poco di fronte all'immensità dei precedenti album, si ascolti pure the dumb in the rain dove un flebile suono psichedelico scorre semplice e lento. In particolare alcuni pezzi si possono anche ascoltare i Jesus and Mary chain (Freak out) oppure i Spacemen 3 (what would they know). A differenza dei precedenti album, un senso di inafferrabilità aleggia tra le tracce di questo cd, se volessimo trovare un filo comune in questi nuovi brani non c'è. Forse si può pensare ad un cambio di direzione per incrementare le vendite o diventare le nuove superstars e quindi accaparrarsi un più ampio consenso di pubblico? Niente di tutto ciò...questi brani sono semplicemente una summa di quanto seminato fino ad oggi, una sintesi del loro sound, la vera anima liars che li contradistingue.

A questo punto cosa dire, l'ennesima mutazione è avvenuta, il disco non suona assolutamente male. Certamente meno affascinante dei precedenti con nulla di nuovo, ma ricco di spunti per ascoltare con interesse spruzzate di prelibatezze musicali.

Ovviamente un buon disco ma nulla di paragonabile ai precedenti.

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 12 voti.

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Alessandro Pascale (ha votato 9 questo disco) alle 15:07 del 20 agosto 2007 ha scritto:

Mi sembra che sei stato alla fine un pò ingeneroso verso una delle migliori uscite dell'anno. A me sembra l'ennesima genialata di disco che conferma l'estrema versatilità di un gruppo mai domo, in costante volontà di sperimentazione. Per me il capolavoro rimane il secondo they were wrong (che considero pietra miliare del decennio) ma questo non sfigura affatto di fronte agli altri due dischi, anch'essi devastanti.

Suicida (ha votato 6 questo disco) alle 11:24 del 12 ottobre 2007 ha scritto:

Quoto più o meno il voto dato al disco (non è certo il più bello e originale del 2007!), anche se avrei dato 4 stelline; in ogni caso non sono d' accordo con la maggior parte delle citazioni se si escludono i Jesus and Mary chain, che sono troppo evidenti!

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 19:23 del 28 dicembre 2009 ha scritto:

un frullato delle più disparate sonorità (new-wave,psych-rock,pop,synth-pop/rock,noise ecc),nel quale si perdono molto spesso le coordinate:quando le si ritrovano, è solo per un breve istante, perché destinate a venir risucchiate dalla frammentazione insita nei brani.è, in breve, il punto caratteristico (nonché convincente)di quest' album.proposta fascinosa.miei brani preferiti:l'industrial psichedelico di "leather prowler" e il groove sintetico e paranoico di "sailing to byzantium". 7,5