Marta Sui Tubi
Sushi e Coca
Avete mai visto sante a voi devote diventare troie due minuti dopo aver conosciuto il vostro miglior amico ubriaco?
Abbandonata la Eclectic Circus i Marta sui tubi giungono alla loro terza fatica discografica. Lo fanno con la loro neo-creata etichetta Tamburi Usati (anagramma del loro nome).
Non sono più il gruppo minimale di Muscoli e dei – esordio del 2003. Oltre al batterista Ivan Paolini, già presente nel loro secondo album, si aggiunge il tastierista Paolo Pischedda (piano e organo hammond). L’insieme si fa così più compatto e denso, prestando il fianco a un continuo di suggestioni anche inquietanti, per accostamento. Perché, tra i più reconditi angoli della propria mente, si sarebbe tentati di citare tanto gli Area, quanto gli Articolo31, un mix di Negramaro e Vibrazioni, con accenti noti anche ai Têtes de Bois. Come capirete è una bella accozzaglia.
Citati da qualcuno come i nuovi Area sono in realtà ben lontani da quella genialità, anche se, per spezzare una lancia a loro favore, è pur vero che siamo in anni ben differenti dalla vitalità (sociale quanto musicale) che circondava Demetrio Stratos.
Riescono a presentare la loro indubbia genialità di fondo con presunta improvvisazione, senza dimenticare di strizzare l’occhio all’ascoltatore meno esoterico. Una sorta di caos di musica già sentita, mescolata su ritmi non inediti, ma alla stesso tempo mai proposti. Da segnalare l’ottima partecipazione (in Pensieri a sonagli) del Trio cane – violino, viola e violoncello, e non solo per il nome del complesso.
Registrato nelle Officine Meccaniche di Mauro Pagani e sotto l’ala delle edizioni Warner Chappel Music si distende in un condensato adrenalinico che non lascia un secondo di noia, senza silenzi e in un roteante giro di confusione armonica.
Per capire l’assurdità di Sushi e coca dovrete per forza ascoltarvelo. Dovendone consigliarne l’acquisto sarebbe meglio dirottare i soldi sul loro esordio, quando erano unicamente i due di Marsala trasferiti a Bologna (Giovanni Gulino, alla voce e Carmelo Pipitone, alla chitarra).
Come si può capire anche dalla title-track il gruppo è oggi (dai tempi del loro secondo cd C’è gente che deve dormire) in quel di Milano, e forse nella caotica città lombarda hanno preso il gusto di abbandonare l’essenzialità d’inizio. Facile trovare, sul web, commenti di alcuni fan della prima ora che lamentano la mancanza di momenti di intimità.
Ottima l’iniziativa del gruppo di eseguire live dei testi alternativi a Sushi e coca, accettando gli scritti inviati da chi abita nelle città dove vanno a suonare (tour 2008, in collaborazione con MTV).
Alla fine resta un senso di confusione. Sono geniali o no?
Per adesso non credo si possa parlare di maestria assoluta, ma di semplice capacità. Per essere Italia 2008 non c’è da lamentarsi, ma solo tirare un sospiro di sollievo.
Il disco convince ma non persuade. Il testo La spesa 2 (racconto di Giovanni Gulino stampato nel booklet) è emblematico dell’idea che ci si può fare di Sushi e coca. Diverso dal 90% di ciò che gira, è troppo curato, troppo voluto. Raccontare la coda alla cassa in toni quasi epici è apprezzabile, ma concludere con una massima assoluta sulla vita è un’imposizione.
Darsi all’immaginazione è sempre bene, curare la spontaneità più che giusto, ma non bisogna mai forzare le idee, si rischia di farle diventare una scatola enorme con pochi contenuti.
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