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R Recensione

8,5/10

IOSONOUNCANE

Die

È come se, nel preciso momento in cui stai per morire, la vita ti facesse l’ultimo regalo: lasciarsi toccare. Rendersi corporea, tangibile, tanto da poterla stringere, mordere, persino stordire. Invece tu ti limiti a guardarla, per la prima e ultima volta, e a respirarla, finché puoi, finché ti è concesso. Molto psichedelico, a vederlo da dentro, eccome. Die è questo: un viaggio lisergico all’interno di un istante lunghissimo e rivelatore.

Cinque anni di silenzio pressoché assoluto separano l’esordio di IOSONOUNCANE da questa seconda prova. Cinque anni che paiono cinquecento, alla luce della diversità midollare dei due dischi: La Macarena Su Roma (recuperatelo: debutto allucinante), alienato affresco contemporaneo di una società in rovina, ci aveva fatto conoscere il talento folle di Jacopo Incani, il suo irridente canto strascicato, le invettive al contrario, la sua elettronica giocattolosa e le chitarre puntute; Die ce lo restituisce su un piedistallo altissimo, creatore – e creato a sua volta – di un monumento rigoglioso e tentacolare, mistico ma oltremodo terreno. Una sorta di concept (orrida definizione) sulla vita che va via e su quella che resta, atavica come radice millenaria, ma puntata verso il cielo. C’è una bellezza violenta in questi solchi, una specie di grazia deforme che atterrisce e gratifica, attraverso un’unica lunga suite in sei episodi per trentotto sbalorditivi minuti, cesellati minuziosamente, curati allo spasimo in ogni singolo frammento, destrutturati e ricomposti secondo una logica schizoide ma oscenamente lucida.

Tecnicismi a parte, esplicitati in una precisione chirurgica nel disegno delle rigogliosissime trame (consiglio: spegnete il computer e alzate il volume di un riproduttore fedele di suoni) e in un colossale lavoro di simbiosi nelle aderenze con gli strumenti tradizionali – flicorno baritono, chitarra sarda preparata, per citare i più inusuali – e con la voce mostruosa di Incani, Die rimane fascinoso e magnetico dall’inizio alla fine, mantenendo registri prodigiosamente alti con punte di assoluta, abbacinante magia. Le liriche prendono la forma di una lunga elegia i cui versi, col pretesto di una narrazione semplice, la storia di un uomo in mare e della sua donna che ne teme la morte, raccontano invece della difficile simbiosi individuo – terra – universo, dell’armonia tiranna e violenta scaturita dal rincorrersi di albe e tramonti che invecchiano la carne, del sole (citato ventinove volte) che scava rughe e asciuga la terra, del mare e del suo sale che corrode il legno e l’anima: in definitiva, del disperato, struggente e bellissimo alternarsi di vivere e morire (Die in sardo e latino vuol dire giorno, in inglese è morire).

I movimenti: “Tanca” è epicità preistorica, marcia magniloquente, acuta e violenta nella sua disperazione ragionata, autolesionista, complice nel sangue. La morte come sanificazione, la paura di essa come pavida riverenza. “Stormi” è un’estate al mare di coretti e chitarre, una metamorfosi di cantautorato bit, prog italiano, psichedelia, e una voce bellissima che pare rincorrere qualcosa, rincorrersi, raggiungersi, a volte. “Buio” è celestiale, ammantata di fiorellini iridescenti e sfiati di stelle: Incani pare un Battisti immaginifico, il controcanto di sirene ammalia e sdilinquisce. “Carne” è declino ineluttabile e meraviglioso sospinto dal vento e dalla salsedine, è quel senso di assolutezza compiuta e incontrollabile proprio della vecchiaia di chi ha vissuto, per davvero. “Paesaggio” è liquida, squarciata da un’alba e inondata di trombe. “Mandria” è fragore terracqueo, mantra polveroso, sferragliare di campanacci: i Flaming Lips denudati in una campagna sarda battuta dal vento e dalla falce.

Die tutto è, infine, un capolavoro di ossigeno e silicio. Risveglio, ascesi, decadenza, sonno, in un susseguirsi di albe e tramonti che avrà il suo termine, un giorno, o una notte. Non prima che la nostra carne si faccia terra e che la terra si faccia universo, in quell’ultimissimo istante rivelatore in cui la vita resta sospesa in attesa di svanire. E si lascia toccare.

V Voti

Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 27 voti.
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gramsci 7,5/10
gull 8/10
creep 7/10
fabfabfab 7,5/10
B-B-B 8,5/10
micnicmic 8,5/10
NDP88 6,5/10
Cas 7/10
Lelling 8,5/10
zagor 7,5/10
motek 8,5/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:59 del primo aprile 2015 ha scritto:

8,5? Porcocane! Ascolto subbbito!

Jacopo Santoro (ha votato 8 questo disco) alle 23:12 del 2 aprile 2015 ha scritto:

Ho pensato immediatamente una cosa, fin dalle primissime note: questo è il Battisti di "Anima Latina" che compone coi mezzi di quarant'anni dopo, senza invero scimmiottare. C'è lo stesso respiro prog con alternanza di tempi all'interno dello stesso brano; un utilizzo simile di chitarre (in "Paesaggio" assai palese, anche in "Stormi") e fiati; la voce "dentro", bassa nel missaggio così che la musica prevalga e la voce si disperda tra le mirabili intuizioni percussive e il vortice psichedelico dei suoni; un'elettronica diversa perché l'elettronica stessa si è evoluta, ma riscontro i medesimi princìpi basilari nel suo utilizzo; le linee vocali, anche, sono quelle battistiane del '74, malgrado Iosonouncane alteri la voce stessa e appaia più "schizofrenico".

Un disco notevolissimo, singolare (e quando si usa il vocabolo singolare per gli album italiani è ogni volta un miracolo). Un lavoro meticolosissimo, ipnotico, moderno, internazionale. Un'opera vera, lisergica, freschissima, quasi mai pleonastica nell'usufruire di innumerevoli dettagli sonori così scadendo nell'inutile barocco, scevra di etichette (per dire: in "Mandria" ci sono i migliori Moderat, eppure non dovrebbe essere un disco anche "cantautorale? Pazzesco).

La bella recensione di Daniele prende le mosse dall'interpretazione del titolo e da qualche contenuto basandosi sull'idea di morte ("Die" all'inglese), ma in sardo "die" è, seguendo il latino, semplicemente "giorno": penso che Iosonouncane abbia scelto tale nome anche per questo doppio senso. Eppure quello del mio omonimo Incani non è un semplice giorno: è un cielo spalancato, in cui esplode il sole e sparge intorno scintillanti schegge di luce.

Tra i dischi dell'anno. Ma non solo della penisola italiota: è potentissimo e pertanto sconfinato.

Jacopo Santoro (ha votato 8 questo disco) alle 23:24 del 2 aprile 2015 ha scritto:

Ho dimenticato di dire che un altro riferimento importante è il Dalla più psichedelico e sperimentale. Ma Jacopo Incani è soprattutto se stesso.

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 11:13 del 4 aprile 2015 ha scritto:

Quoto Jacopo: un artista di personalità, con una visione propria, cosa rarissima dalle nostre parti. Qualche affinità con il Battisti world-psichedelico l'ho notata anche io, anche se qui c'è meno concentrazione sulla melodia. In generale, ennesimo discone dell'anno: nonostante la lunghezza, i brani funzionano tutti a meraviglia, o quasi. Recensione splendida.

gull (ha votato 8 questo disco) alle 0:51 del 7 aprile 2015 ha scritto:

Grandissimo ritorno anche per me. Mi piacciono gli artisti che non ripetono una formula vincente ed hanno il coraggio di fare tutt'altro. Ogni volta che lo riascolto scopro qualcosa di nuovo, capisco meglio un passaggio o riesco a decifrare meglio le parole. Solo con i grandi dischi succede, e questo lo è senza alcun dubbio per me.

AndreaKant (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:05 del 18 maggio 2015 ha scritto:

Una vera bomba!!

fabfabfab (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:53 del 23 maggio 2015 ha scritto:

A parte che è nato a Buggerru e già mi sta simpatico solo per questo. Il disco è bello e si smarca dal prototipo del cantautorato giovane italiano. In alcuni pezzi poi si sente sullo sfondo un suono che sembra un campionamento dei tenores sardi tradizionali. Ad esempio in "Tanca", che sempre in sardo significa "chiudi". Comunque, benedetto dal Dio (o dal Die) dell'ispirazione.

B-B-B (ha votato 8,5 questo disco) alle 18:15 del primo giugno 2015 ha scritto:

Discone!

Bella recensione

forever007 (ha votato 9,5 questo disco) alle 19:56 del 19 giugno 2015 ha scritto:

E' meraviglioso il connubio tra ciò che effettivamente si fa chiamare canzone (Stormi ne è l'esempio lampante e potrebbe essere la canzone dell'estate) e ciò che invece va oltre a questo stilema classico, non solo per l'alternanza tra melodia ed elettronica, o tra cantato e strumentale, ma proprio per la volontà di raffigurare, invece di farlo attraverso il pennello lui lo fa con un microfono, uno studio di registrazione e tanti strumenti diversi. Spettacolo puro, una spanna sopra tutti quest'anno.

Cas (ha votato 7 questo disco) alle 11:44 del 25 agosto 2015 ha scritto:

Se tutto l'album mantenesse la forza espressiva di "Stormi" e la complessità compositiva-collagistica di "Buio" avremmo di fronte un capolavoro. Peccato che, secondo me, non tutto è sempre a fuoco: le strutture di Incani non riescono ancora a creare equilibri veri e propri tra parti strumentali (o troppo opprimenti o inconcludenti - come in "Mandria"-) e liriche (oscurate da una materia sonica un pò ingombrante. Rimane però un lavoro affascinante e ambizioso, forse una delle poche vere rivelazioni nel pop "alternativo" italico degli ultimi anni.

robcon1971 alle 11:57 del primo ottobre 2015 ha scritto:

Concordo su tutta la linea.

Truffautwins (ha votato 9 questo disco) alle 2:02 del 21 settembre 2015 ha scritto:

Trema la mano a chi insegue il sole! A Iosonouncane non mi pare sia tremata. Notevolissimo lavoro.

Paolo Nuzzi (ha votato 8,5 questo disco) alle 9:28 del 7 gennaio 2016 ha scritto:

E' un disco che trabocca di idee, sviluppate benissimo, cesellate in composizioni superbe ed arrangiamenti mai invadenti, testi interessantissimi e mai banali. Davvero sembra l'Anima Latina del 2016 per come viene utilizzato lo spazio musicale. Disco superbo ed ottima recensione, bravissimo.

Tiaspark (ha votato 8 questo disco) alle 2:01 del 9 gennaio 2016 ha scritto:

Purtroppo l'ho scoperto solo ora (gennaio 2016). E' veramente incredibile questo disco. Anche secondo me (come dice qualcuno nei commenti di qualche mese fa), c'è ancora qualcosina da mettere a fuoco nelle strutture, ma "Stormi" o "Carne" sono perfette, bellissime, stupefacenti.

Tiaspark (ha votato 8 questo disco) alle 2:03 del 9 gennaio 2016 ha scritto:

Purtroppo l'ho scoperto solo ora (gennaio 2016). E' veramente incredibile questo disco. Anche secondo me (come dice qualcuno nei commenti di qualche mese fa), c'è ancora qualcosina da mettere a fuoco nelle strutture, ma "Stormi" o "Carne" sono perfette, bellissime, stupefacenti.

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 23:54 del 6 giugno 2016 ha scritto:

bello veramente, ero pieno di pregiudizi invece non è la solita lagna italo-indie....i paragoni con Battisti non sono affatto campati per aria. "stormi" è fantastica.

Totalblamblam (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:57 del 7 giugno 2016 ha scritto:

lo sto ascoltando incuriosito..a me è piaciuta più tanca...ora buio, pesto fica

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:51 del 7 settembre 2016 ha scritto:

non mi dispiace il trattamento dei verdena

fabfabfab (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:43 del 30 gennaio 2017 ha scritto:

Ragazzi, riascoltato ora. Che disco.

motek (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:34 del 13 maggio 2020 ha scritto:

tre anni dopo devo ripetere il commento di fab qui sopra: "Ragazzi, riascoltato ora. Che disco."

Aggiungo, felice di aver atteso fino a oggi per averne un'opinione completa e quindi votarlo per quello che considero il suo valore.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 17:46 del 5 agosto 2021 ha scritto:

Dopo aver visto il set di Ira dal vivo posso dirlo: meglio questo.