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R Recensione

8/10

Andrea Laszlo De Simone

Uomo Donna

"E' più che altro un atto di feroce egoismo, un po’ come può essere l’amore in alcuni casi" - Andrea Laszlo De Simone

Ci sono facce che non si dimenticano, e la faccia di questo ragazzo io la ricordo bene. Cantava seduto su una sedia di plastica, in non so quale anfratto torinese (poteva essere Porta Palazzo, ma chissà), e percuoteva una custodia rigida per chitarra. Con lui c'era una specie di Bob Geldof che suonava e cantava. Erano bravi, ma l'unica cosa che ricordo davvero è quello sguardo curioso che osservava tutto al di sopra di un bizzarro baffo turco. Quello sguardo e quel baffo sono oggi protagonisti, probabilmente inconsapevoli, di uno degli eventi più inattesi e speciali occorsi alla musica italiana in tempi recenti. Proveremo a spiegare il perchè consci di non avere né gli strumenti né i baffi necessari.

"Uomo Donna" è il frutto di un lungo lavoro iniziato nel 2014 insieme ad alcuni amici (il Bob Geldof di cui sopra, che in realtà è il fido Anthony SassoDamir Nefat, Filippo Cornaglia, Daniele C., Zevi Bordovach) e pubblicato oggi da Andrea Laszlo De Simone. Una band travestita da cantautore, per sua stessa ammissione. Ed è - insieme a quella autografa riportata in alto - la definizione migliore per questi 77 minuti di musica e parole, nell'accezione più tradizionale possibile. Andrea è infatti autore vero, caratterizzato dalla ricerca costante di compenetrazione tra testo e resa musicale, caratteristica questa che lo differenzia da tutto ciò che oggi è considerato cantautorato. E qui ci dilunghiamo: se è vero che la parola "indie" non si può più usare (perchè rischi di essere perculato anche se ti chiami Manuel Agnelli); sarebbe opportuno salvaguardare "cantautore", anche solo per rispetto della nostra tradizione. Perché - ma pensa un po' - il termine "cantautore" nasce in Italia per descrivere la musica di chi mette in musica la propria vita o quella degli altri (come il Domenico Modugno di "Vecchio Frack" e "Lu pesce spada") e prende forma nella tradizione - ma ripensa un po' - torinese dei "Cantacronache". Perché almeno l'idea del cantautore che racconta qualcosa teniamocela stretta, e teniamola distante da chi declama aggiornamenti di stato di derivazione social network su basi elettroniche da quattro soldi.

Teniamoci stretto Andrea Laszlo De Simone, che negli otto minuti di "Sogno l'Amore" prende il titolo dalla tradizione di Massimo Ranieri e la melodia - pura e classica - proprio da quella di Domenico Modugno, molto più che una sensazione sia nella linea vocale che nell'intonazione. Subito dietro, ma per niente nascosto, c'è ovviamente Lucio Battisti: nel controcanto disperato della stessa "Sogno l'Amore", nell'andamento funk di "Solo un Uomo" e nelle derive "prog" di "Uomo Donna". Perché dalla copertina fino all'ultima nota di questo disco c'è profumo di fiori, di anni '70 e di libertà; talmente evidente e sfacciato che qualcuno si sta già chiedendo se ce ne fosse bisogno. E' la risposta è sì, non solo perchè - fatta salva la colorazione vintage data dalla registrazione in presa diretta - non ci sono artifici "passatistici" in queste 12 tracce, ma soprattutto perchè quella immensa tradizione è qui aggiornata dalla lezione rock di venti anni dopo ("Vieni a Salvarmi" è una botta degna dei Verdena più psichedelici), dalle ultime istanze del cantautorato nostrano (la felice indipendenza di IOSONOUNCANE in "Gli Uomini Hanno Fame", i rimandi alla tradizione romana recente di "Fiore Mio"), dal carisma sofisticato di Franco Battiato e dei suoi epigoni e dalle intuizioni migliori del rock internazionale (la risposta a "How to Disappear completely" dei Radiohead affidata esplicitamente a "Sparite Tutti"). 

E poi sentivamo il bisogno di un concept sull'amore cantato da uno in grado di ripetere "Ti amo - amore - mi manchi" senza sembrare banale ma, al contrario, mostrandosi semplicemente per quello che è: un fenomeno. 

Comprate il suo disco e ascoltatelo con l'egoismo che solo l'amore vero può generare.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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nebraska82 (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:30 del 23 giugno 2017 ha scritto:

Piaciuto anche a me che non sono proprio un fanatico dell'ital-indie, forse un filo troppo lunghi i brani ma i conti tornano. Ottima recensione.

Marco_Biasio alle 14:21 del primo luglio 2017 ha scritto:

Il disco è davvero molto lungo e corposo (quasi un guanto di sfida schiaffato in faccia all'ascoltatore tutto playlist e mixtape di oggi), ma c'è una cura negli arrangiamenti e nelle digressioni strumentali (sentori storici di library e soundtrack music) che tengono incollati all'ascolto. Lo metabolizzerò per bene, ma mi sembra realmente un disco degno di nota. Fabio eccellente come sempre.