Lucio Battisti
La Sposa Occidentale
Come si fa a recensire La Sposa Occidentale senza perdersi?
Non credo sia possibile, perché i dischi bianchi sono una cattedrale nel deserto, forse una provocazione bella e buona, di certo una realtà tanto affascinante quanto indecifrabile.
Lucio era pura emozione e risulta inspiegabile come sia potuto arrivare a scrivere e interpretare musica che vuole essere tanto razionale, asettica e poco emozionante in senso classico (in questo, senso, la copertina è un indizio importante).
La Sposa Occidentale è interessante, spiazzante e fuori da ogni logica, questo sì, ma certo (per la quasi totalità degli avventori) non coinvolgente.
E non azzardo paragoni con 29 Settembre, ma neanche con i lavori immediatamente precedenti.
Il bello è che, esattamente come L'Apparenza, il lavoro pubblicato nel 1990 è solo un ulteriore, piccolo, tassello. Il blocco di partenza che prepara l'ennesima fuga solitaria. La celebrazione di sé stesso e al contempo la negazione di tutto ciò che quel nome e quel cognome rappresentano da una vita nell'immaginario collettivo.
Poco importa che un discreto successo di pubblico e di critica arrida alla title-track, perché è un fuoco di paglia. Questi non sono pezzi che possono passare in radio, e il fatto che li abbia concepiti e pubblicati l'autore radiofonico per eccellenza è quantomeno bizzarro.
Lucio sembra animato da una determinazione feroce che lo induce a portare a termine un progetto a suo modo folle e ai più incomprensibile, che consiste nella demolizione, a colpi di piccone, di tutti i dogmi e di tutti i canoni della canzone italiana.
La produzione di Walsh e l'egida della Cbs (per una volta, Battisti si allontana dal calore domestico leggasi Numero Uno) contribuiscono al processo di radicale e consapevole decostruzione.
Panella e Lucio fanno il resto.
Il primo si diverte a deformare la logica e la sintassi, parlando di amore e di relazioni umane controverse (il tema, sotto sotto, è sempre quello) con la stessa passione di un martello pneumatico. I suoi giochi di parole e i suoi non-sense si muovo a passi svelti verso la fantasia delirante, credo che Joyce ne sarebbe orgoglioso (ma qui c'è un disegno di fondo che esclude ogni stream: Panella si comporta come un pazzo lucidissimo).
Il secondo rinuncia quasi ovunque ad archi e arragiamenti sontuosi per dedicarsi al ritmo: funk, hip-hop, techno e house, new wave. Tutto riassemblato a piacimento in pezzi stranianti eppure ancora vitali e che, poco a poco, rivelano la propria insondabile, inafferrabile magia.
Ecco, sì, posso dire di essere fra le poche persone che, dopo un tot di ascolti, dopo l'enorme scetticismo iniziale, riescono a trovare in qualche modo non solo interessanti, ma anche (giusto un po') emozionanti queste canzoni (e in questo vado contro le stesse intenzioni dell'autore).
La Sposa Occidentale è in questo senso un piccolo capolavoro: vorrebbe freddarti eppure, incredibilmente, ti conquista. Il testo è fra i più divertenti e riusciti dell'intero catalogo panelliano: narra con ogni probabilità delle acrobazie e delle alchimie del protagonista, che non rinuncia all'idea di conquistare l'amata.
La sposa occidentale che sembra quasi ridere / E invece lei respira / Quasi piangere / Ma gira è forse il verso più celebre del lavoro e mi sembra giusto citarlo, perchè ne racchiude l'essenza lirica.
Tu Non Ti Pungi Più è animata da una discreta allegria, mentre gli incastri ritmici si fanno sempre più articolati e robotici.
Anche Timida Molto Audace, con i suoi ariosi schemi armonici, ha un'atmosfera quasi spensierata. Campati In Aria è invece caratterizzata da una ritmica costante in 4/4, scandita dai sintetizzatori, e si avvicina con decisione all'universo techno-pop. Pensandoci bene, chi azzardava esperimenti del genere ai tempi, in Italia?
Potrebbe Essere Sera è, con la title-track, il capolavoro del disco, perchè conserva un'anima e sovrappone immagini surreali e bislacche ("Potrebbe essere sera/ Potrebbe essere una sera// Alabastrina/ Con le sue venature/ Ed una serpentina) ad una melodia che in qualche modo riesce ancora a farsi ascoltare e memorizzare (sì, qua e là si intravede ancora un'anima chiaramente pop).
Intendiamoci, un lavoro del genere non è esattamente il disco da mettere in macchina il sabato sera per farsi due risate con gli amici, né è facile addentrarsi nei suoi meccanismi e nelle sue logiche prive di logica. Eppure, credo valga la pena cimentarsi con la sua impressionante energia cerebrale: se Lucio in passato ha saputo farsi amare, qui ci chiede solo stupore e ammirazione.
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