R Recensione

8/10

Matt Elliott

Howling songs

The Kübler-Ross model first introduced by Elisabeth Kübler-Ross in her 1969 book "On Death and Dying", describes, in five discrete stages, a process by which people allegedly deal with grief and tragedy, especially when diagnosed with a terminal illness. The stages are known as the Five Stages of Grief.

The stages are:

Denial:

Example - "I feel fine."; "This can't be happening, not to me!"

Anger:

Example - "Why me? It's not fair!" "NO! NO! How can this happen!"

Bargaining:

Example - "Just let me live to see my children graduate."; "I'll do anything, can't you stretch it out? A few more years."

Depression:

Example - "I'm so sad, why bother with anything?"; "I'm going to die . . . What's the point?"

Acceptance:

Example - "It's going to be OK."; "I can't fight it, I may as well prepare for it." “

(da Wikipedia)

Tristi canzoni alcoliche che annegano in giorni annacquati che hanno perso il loro sapore. Canzoni del fallimento, della resa, mentre si attende a denti stretti la fine. Canzoni “ululanti” (o “urlanti” se volete), canzoni di chi si è portato oltre quella maledetta fine

È Howling Songs, terzo capitolo della saga (post) folk di Matt Elliott (sono ormai lontani i tempi dell’oscuro laboratorio sonoro dei Third Eye Foundation), dopo il capitolo delle Drinking Songs e quello delle Failing Songs. Pare si voglia finalmente scuotere l’animo dell’ascoltatore quando sopraggiungono gli a loro modo terrificanti spasmi elettrici di The Kübler-Ross Model, a sovrapporsi alla dolente chitarra zingara dell’afflitto ma anche indomito Matt.

Tali spasmi divengono invasate movenze danzerecce in stile balcanico in Something About Ghosts, per poi abbandonare gli arti spossati di un Elliott più che mai cadaverico in How Much In Blood?, un’illusorio cammino verso una sorta di pace cimiteriale, illusorio perché già con la dannata A Broken Flamenco i toni si riaccendono di nuovo attraverso sovrapposizioni e intrecci alquanto convulsi e isterici.  

Due episodi languidissimi come Berlin & Bisenthal e I Name This Ship The Tragedy, Bless Her & All Who Sail With Her (Uno dei titoli più tristi della storia) giungiamo al punto più "basso" dell’opera (nel senso infernale del termine), ossia Howling Song, allucinato brano che praticamente consiste in un continuo lamento di anime ubriache disperse in una tempesta di malumori e incubi.

A questo punto appare consolatorio è il dolce romanticismo di Song For A Failed Relationship, come anche la svagatezza inattesa di Bomb The Stock Exchange (anche se la coda finale svelerà come in vari altri episodi dell’album un’indole caotica, vedi lo spargersi inarrestabile di un tappeto di –a dir la verità soffici- distorsioni, i sibili del violino e l’ingarbugliarsi delle chitarre).

Howling Songs. All’inferno e ritorno. In un altro inferno, contro cui però stavolta poter ruggire.

V Voti

Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 7 voti.
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rael 6/10
target 8/10
REBBY 6/10

C Commenti

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Roberto Maniglio (ha votato 9 questo disco) alle 21:55 del 29 gennaio 2009 ha scritto:

Il miglior album di Matt Elliott

target (ha votato 8 questo disco) alle 18:11 del 2 febbraio 2009 ha scritto:

"How much in blood" è la canzone contestataria più esangue che abbia mai ascoltato. E' come se un tisico partecipasse a una manifestazione anarchica davanti a Wall Street e sventolasse, invece di cartelli o bandiere, un fazzoletto pieno del sangue che ha tossito. Tutto tremendamente affascinante, comunque, sugli standard di Elliott.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 9:20 del 13 febbraio 2009 ha scritto:

L'album più triste (in senso letterale, non dispregiativo) che mi sia capitato di ascoltare

di recente. Il mio scarso inglese purtroppo non

mi permette di apprezzarne i testi. Scelgo l'ultima song (Bomb the stock exchange).