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R Recensione

6,5/10

Pietro Berselli

Orfeo L'Ha Fatto Apposta

L’esperienza dei Sotterranei, sorta spontaneamente nell’underground patavino qualche anno fa e di cui avevamo cercato di rendere conto in presa diretta, si è radicalmente trasformata: quasi tutti i gruppi che avevano dato vita a quella splendida galassia si sono nel frattempo sciolti e lo stesso collettivo si è riorganizzato attorno a forme più strutturate e convenzionali, meno amatoriali (un’agenzia di booking, una piccola etichetta discografica). Pietro Berselli, videomaker bresciano trasferitosi per motivi di studio all’ombra del Santo e, nel mentre, riscopertosi cantautore colto, è sempre stato la figura d’unione tra pubblico e giovani musicisti: pertanto, per inquadrare correttamente gli esiti del suo non banale esordio è requisito indispensabile conoscere l’ambiente in cui si è generato e che, peraltro, ha contribuito fattivamente alla sua realizzazione (nella backing band a supporto sono presenti, tra gli altri, ex membri di Gramlines e Vox Delitto).

Il background classico di Berselli suggerisce il concept che ispira i passi di “Orfeo L’Ha Fatto Apposta”: la trasposizione del mito di Orfeo ed Euridice in una contemporaneità ovattata, color seppia, tra dissezioni di fugaci incontri a feste comuni (“Quanti Anni Hai?”), frustrazioni personali (“Diluire”), ingiallite rimembranze proustiane (“In Diretta”) e relazioni ambivalenti (“Cordiali Saluti”, di gran lunga la migliore, è quella che, fra tutte, richiama in maniera più esplicita il sottotesto comune). La scrittura, raffinata sia negli arrangiamenti che nelle armonizzazioni, mette in evidenza melodie vocali ariose e, a tratti, non semplici, ma controllate alla perfezione (gli onirismi di “Niobe” stanno tra il Moltheni de “I Segreti Del Corallo” e l’Alessandro Grazian di “Armi”). Particolare ed insolita è la cura devoluta all’interplay strumentale, che disegna interessanti arabeschi tra post rock “gentile”, spigolature wave e rievocazioni delle migliori pagine del recente cantautorato tricolore (gli ultimi Marlene Kuntz spuntano anche tra le textures di “Brindisi”): tant’è che – nemmeno troppo paradossalmente – gli episodi migliori sono proprio quelli non cantati, fra i trilli barocchi di “Sintetizzatore”, gli evocativi riverberi à la Nicker Hill Orchestra di “Mediterraneo Di Notte” e i drone in crescendo di “Leggero”.

La materia prima, oltre ad essere molto interessante, vive di una certa originalità e di una spontanea sincerità che troppo spesso i giovani songwriter hanno fretta – a torto – di uccidere in culla. Qualche pomposo frangente pecca ancora di troppa ambizione (il recital capovilliano ad effetto di “Diluire” e le intense vibrazioni corali di “In Diretta” suonano un po’ fuori posto), ma il tempo per limare le imperfezioni non manca di certo. Nel disco, prodotto da Tommaso Mantelli, compaiono, in nuove vesti, tre pezzi (“Quanti Anni Hai?”, “Brindisi”, “Debole (Senza Regole)”) già contenuti nell’EP preparatorio “Debole (Senza Regole)” di due anni fa.

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