R Recensione

7/10

Matmos

Supreme Balloon

Tutto qui?”. Devono aver pensato qualcosa del genere quelli della Matador Records di fronte a questo nuovo disco dei Matmos. Abituati com’erano alle stranezze della coppia (di fatto), i proprietari dell’etichetta statunitense devono esserci rimasti un po’ male. Dal 2001 (anno del passaggio su Matador dalla Vague Terrain records) hanno pubblicato le opere di M. C. (Martin) Schmidt e Drew Daniel, trovandosi ogni volta tra le mani splendide commistioni di Musique Concrète, tecnologia concettuale-espressionista e pura ricerca sonora.

Hanno diffuso brani suonati interamente con i laser per correggere la miopia, campionamenti del rumore del grasso durante una liposuzione e pezzi suonati grattando la cuccia del gatto (rispettivamente (“L.A.S.I.K.”, “California Rhinoplasty” e  “For Felix dall’album “A chance to cut is a chance to cure”- 2001). Hanno pubblicato un concept album sulla guerra civile, incredibile connubio tra american-country ed elettronica (“The Civil War” – 2003) e un mastodonte di sperimentalismo tecnologico, ricco di citazioni e lucida follia (“The rose has teeth in the mouth of a beast– 2006).

Non sono mai stati una semplice “electronic band”, i Matmos. Almeno fino ad oggi. Perché “Supreme Balloon” è un disco di musica elettronica. La priorità che il duo ha sempre dato alla componente “arty” e sperimentale si sposta decisamente sull’amalgama sonoro, sulla sensibilità melodica. La rivoluzione dei rivoluzionari di nascita è una non-rivoluzione. E allora, ecco un disco fatto totalmente di synth. Arp, Korg, Roland, Waldorf, Moog… .Niente voci, niente microfoni, niente campionamenti bizzarri, niente strumenti acustici. Il rischio è che la non-rivoluzione si trasformi in involuzione.

Il management Matador potrà dormire sonni tranquilli. Sebbene possa considerarsi un episodio minore nella discografia dei Matmos, “Supreme Balloon” è un disco sopraffino, ancora una volta. L’impressione è che il duo di San Francisco si diverta un mondo, tra gli accenni bossa-nova (e i Mouse on Mars di “Niun Niggun” dietro l’angolo) di “Rainbow flag”, la marcia videogame di “Polychords” (Daft Punk + Junior Boys ?), il puro suono-Matmos di “Exciter lamp” (sembra di sentire un mandolino ma, ricordate, solo synth) e una breve cover del compositore barocco Francois Couperin (“Les Folies Françaises”). Questo il contorno. Il piatto principale è la title-track: 24 minuti tra electro-kraut e prog lisergico proveniente dallo spazio, interamente basato su un pattern di tabla ottenuto dal “Taal mala”, una drum machine indiana. Infine, i commensali: da Marshall Allen della Sun Ra Arkestra (a proposito di spazio) che suona l’oscillatore a fiato in “Mister mouth” a Jay Lesser, da Keith Fullerton Whitman alla pianista Sarah Cahill, fino alla bonus track (solo su vinile e I-tunes) “Hashish Master”, improvvisazione di sua maestà Terry Riley. Al sintetizzatore, naturalmente.

Alla faccia dell’episodio minore.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 4 voti.
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PV64 7/10

C Commenti

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TheManMachine (ha votato 6 questo disco) alle 9:04 del 25 agosto 2008 ha scritto:

Fabio, le tue recensioni sono sempre piacevolissime da leggere. Poi ci sono i momenti clou, impagabili, come questo: "campionamenti del rumore del grasso durante una liposuzione e pezzi suonati grattando la cuccia del gatto". Fantastico! Questi nuovi Matmos li avevo ascoltati poco dopo l'uscita, effettivamente mi sono parsi un po' stanchi, ma "Les Folies Françaises" è un gran pezzo. Interessante anche la title track.

Fufi Saintz (ha votato 3 questo disco) alle 14:26 del 25 agosto 2008 ha scritto:

Per me

Per me, funziona così, almeno per quanto riguarda gli artisti che valgono - e tra essi ci sono comunque i Matmos: c'è un'idea, e poi c'è la sua realizzazione. Ma tra le due cose, dovrebbe esserci equilibrio.

Per me (lo scrivo un'altra volta), loro sono pesantemente sbilanciati verso l'idea. La realizzazione non è poi così piacevole da ascoltare. Non sono diverenti, neanche un po' (campionare la ciccia che cola o la lettiera del gatto vi fa ridere? davvero??). Basta leggere una recensione per capirli (anzi, probabilmente si DEVE, sennò non si capisce quasi nulla, a meno che non si nasca geni), poi ascoltarli è abbastanza secondario.

Per me (terza volta), è un limite. Alla fine, voglio qualcosa che sia comunque bello da ascoltare PRIMA di studiarlo.

Recensione puntuale e precisa, comunque.

fabfabfab, autore, alle 15:21 del 25 agosto 2008 ha scritto:

RE: Per me

Ottoma riflessione, Fufi (non ti spiace se ti chiamo così, vero?). Effettivamente certa musica non piace in quanto armonia sonora che stimola i sensi, ma semplicemente in quanto idea. Se poi ti soffermi sul dato puramente musicale ti ritrovi a domandarti: "Bravi, curiosi, ma che c***o state facendo?". Questo vale per molta della musica nota come glitch (mi vengono in mente di The Books, ad esempio) ma anche per certa elettronica (non ho mai visto gente ballare Aphex Twin, tantomeno canticchiare i suoi pezzi).

Probabilmente l'idea è solo quella dell'esperimento. Se la musica è "sperimentale" allora ciò che conta è l'idea, più che il suo sviluppo musicale. Questo vale per i Matmos, per Fennesz, per Aphex Twin ... ma potremmo applicarlo anche nei confronti del primo Battiato o di certi dischi di Bjork ... Poi ci sono gli sperimentalisti puri, i ricercatori. Terry Riley stesso, se vuoi, l' italiano Maurizio Bianchi, o misconosciuti artisti che estrapolano suoni e rumori dalle cose più strampalate. Che poi queste ricerche producano suoni e rumori anzichè musica, dipende dalla sensibilità di chi ascolta.

Ottimo spunto, comunque.

Se vuoi ridere un po', cerca le opere di tale Chris Watson (che, se non sbaglio, era membro dei Cabaret Voltaire). Io ho un disco nel quale sto malato aveva infilato dei microfoni dentro la carcassa di una zebra, registrando per un lungo periodo i suoni della decomposizione e degli altri animali che si cibavano di lei ...

PV64 (ha votato 7 questo disco) alle 19:22 del 31 agosto 2008 ha scritto:

Anche a me

...questo disco ha un po' deluso. Troppo GAP con le produzioni precedenti.