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R Recensione

7/10

Two Gallants

We Are Undone

I Due Galanti di Joyciana memoria tornano a spaccare il mondo.

What The Toll Tells” è fra le maggiori certezze alt-country-rock dello scorso decennio (gustatevi la relativa, somma recensione, cui mi appello in toto).

E il prosieguo della carriera (confesso, ho approfondito molto meno) si è rivelato all'altezza: il duo (e ancora si fatica a credere che questo pandemonio sia il prodotto di due soli musicisti) di San Francisco, la città alternative per eccellenza, non ha sbagliato un colpo. “We Are Undone”, pubblicato nel gennaio del 2015, non fa eccezione: la splendida voce “sovraeccitata” di Stephens, con la sua chitarra fuoco e fiamme, accompagnata dal drumming ipercinetico e articolato di Vogel, sono ancora una forza della natura.

I loro brani sono eccellenti per l'intrinseco dinamismo: i due giustappongono sezioni quasi old-country psichedelico e brusche vampate di noie-rock che aprono il cielo in due. E non tirano mai il fiato: anche “We Are Undone” è inverosimilmente saturo e sprizza scintille da ogni accordo, da ogni melodia.

Dal punto di vista stilitico, si ritorna dalle parti del capolavoro del 2006: Stephens scrive ballate di country sfibrato, che si aprono in digressioni lunghe e agghiaccianti di rock deturpato, carico di noise, legato a doppio filo con la tradizione grunge della West Cost (Mudhoney su tutti).

E' un po' come sentire i Grant Lee Buffalo che rifanno i Nirvana (o qualcosa del genere), anche perché dal punto di vista vocale Stephens mi ricorda proprio un incrocio fra Grant Lee Philipps e Cobain, magari entrambi velati di blues.

L'ispirazione melodica è notevole: “Fool Like Us” o la solenne “Invitation to a Funeral”, arrangiata con il pianoforte, confezionano ritornelli notevoli, fra i più brillanti della loro carriera.

Se la prima parte del lavoro è virata alt-rock e più abrasiva, da “My Man Go” (da cuore in gola) in poi è tutto un susseguirsi di ballate radicate nella tradizione country e blues, spettrali e ruvide, con la chitarra che zampilla accordi scintillanti (la west coast psichedelica) e la voce che squarta la sua naturale “dolcezza” in un'agonia prolungata.

In due parole: un discone da non perdere per tutti coloro che amano la proposta un po' lacerata, ma ariosa e naturalmente "epica", dei Galantuomini.

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