Architecture In Helsinki
In Case We Die
Dopo due anni di silenzio torna la formazione ad otto australiana degli Architecture in Helsinki: la seconda prova in studio dei ragazzi è un autentico tripudio di idee e fantasia, un mare di spunti interessanti nel quale perdersi. AIH è un collettivo di amici con la casereccia passione per il pop in tutte le sue sfaccettature, in studio nessuno prevarica l'altro, non esistono leader, le idee di tutti contribuiscono in maniera determinante al risultato finale: questa genuina urgenza espressiva ci consegna un lavoro musicalmente articolato ma allo stesso tempo solare, dai solchi del disco fuoriesce un ottimismo travolgente, l'elemento che con ogni buona probabilità ha determinato la spinta propulsiva nel processo di svolgimento.
La lista degli strumenti impiegati per le sedute di registrazione è impressionante: vibrafono, xilofono, tuba, marimba, trombe trombette, flauti, sax, una pioggia di archi, percussioni a go go, oltre la solita mezza dozzina di synth-piano-organ, chitarre e basso. Splendida l'apertura con Neverevereverdid: in quattro minuti e cinquanta secondi ci sono continui cambi di tempo e di mood, addirittura lontani echi di coro soprano e tenore, un lunghissimo crescendo che sfocia in un liberatorio ritmo pogo-oriented radicato nel pop. Un inizio fulminante, ma tutto il disco non offre mai momenti di noia, una soluzione di continuità che scuote l'ascoltatore: dalle melodie isteriche di It's 5! al pop psichedelico in salsa honky tonk di Wishbone, passando per Frenchy I'm Faking, senza tralasciare il ritmo quasi ska punk del gioiello The Cemetery.
Prevedibilità zero, fischiettabilità ai massimi livelli, una produzione perfettamente bilanciata tra sperimentazione e fruibilità, roba da far impallidire i vari Bacharach, Brian Wilson e, perchè no, anche Lennon e McCartney, un lavoro che sfugge a paragoni ben definiti, proprio come un album di art pop dovrebbe fare.
Sicuramente fra i migliori tre dischi dell'anno. Dimenticavo il singolo, Do The Whirlwind, un irresistibile electrowave dal ritmo danzereccio nel quale sono stati capaci di infilare addirittura un sitar (!) (e dal quale è stato tratto anche un video). Ragazzi continuate così e ve ne saremo grati per lungo tempo.
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