Roky Erickson & Okkervil River
True Love Cast Out All Evil
Se non sapete minimamente chi sia Roky Erickson avete sbagliato sito.
Prego digitare sulla barra di comando l’indirizzo: www.xfactor.it/petizioneperfinanziareunsoggiornoasanpatrignanopermorgan.it
O magari siete scivolati tra queste righe tratti in inganno da quei fastidiosi banner che appaiono dal nulla, proprio nel momento più bello, mentre trepidate che il vostro processore scarichi tonnellate di kilobyte per comporre i pixels delle tette della Arcuri. “Sei il nostro fantamiliardonesimo visitatore! Per te in premio una botta di cultura musicale offerta dal sito per feticisti del pentagramma deturpato di Storia Della Musica!”.
Anziché scivolare con la fantasia sulla pelle levigata da Photoshop della avvenente e abbondante soubrette, vi tocca sorbirvi il faccione barbuto e sgualcito del povero Roky.
Ed ora si apra il sipario sull’orrendo spettacolo della vita!!
Al culmine della sua carriera, Roky Erickson era il traghettatore del carrozzone garage/psichedelico/lisergico dei 13th Floor Elevators (il corrispettivo italiano di “i gatti neri che attraversano la strada”), pionieri del lato più acido e psichedelico del garage rock.
In una notte come tante, assieme a Tommy Hall (mente pensante, autore e artigiano sonoro dei 13th col suo inconfondibile Jug elettrificato) e Clementine Hall (moglie di Tommy, e membro aggiunto al gruppo), il buon Roky, intrappolato nell’occhio del ciclone di un trip, si alzò di scatto esclamando di voler tornare a casa fra le braccia della madre. Incurante delle pressioni dei suoi due compagni, se ne andò sostenendo che la madre non avrebbe creato alcun tipo di problemi.
Ma non andò esattamente così.
Da sempre la madre di Roky aveva un attaccamento morboso nei confronti del figlio, che spesso e volentieri oltrepassava il confine del semplice e naturale amore materno, arrivando a sostenere addirittura che fosse lei “l’unica vera donna di tutta la sua vita”. Giunto a casa dunque, la madre ignara delle sostanze che al momento regnavano sul corpo e la mente del giovane figlio, e credendolo pazzo, lo fece prelevare da due infermieri per sottoporlo alle cure psichiatriche in voga a quei tempi; vale a dire una sana dose di Elettroshock, per giunta somministrata mentre Roky era ancora sotto l’effetto degli allucinogeni.
Un’esperienza devastante che lasciò un solco indelebile per il resto della vita di Roky Erickson, e che lo introdusse in un viavai continuo dentro e fuori gli ospedali psichiatrici. Cresciuto tra una madre sovrabbondante di attenzioni (Roky era di dominio ed esclusiva materna) ed un padre che barbaramente seviziava i suoi fratelli (sessualmente e non), il destino lo portò rinchiuso inevitabilmente in un ospedale psichiatrico di massima sicurezza, fino a quando, con l’aiuto dei suoi fedeli compagni di band, fu liberato e trasportato a casa di Clementine Hall.
L’unica e breve soluzione ai suoi deliri schizofrenici erano dei bagni nell’oceano; solo le onde ghiacciate dell’oceano riuscivano ad accarezzare per un attimo la sua mente, lasciandola riposare per pochi attimi.
Ma lo stato mentale di Roky peggiorava di giorno in giorno, fino a culminare in minacce di morte verso Clementine, che decise di liberarsene esausta dei costanti pericoli per la sua vita e per quella del suo piccolo figlio.
Da qui in poi Roky brancolò nel buio, fino allo scorso anno, quando durante il South By Southwest (in poche parole, il paese dei balocchi per ogni indie-rocker che si rispetti si materializza una volta all’anno in quel di Austin) incontrò il collettivo folk-rock del paese, Okkervil River, da cui nacque un sodalizio culminato con l’album True Love Cast Out All Evil.
Ormai lontanissimo dalle scorribande psichedeliche, sotto la barba incolta e lo sguardo smarrito e infantile di Roky si nasconde uno scarno e semplice animo folk acustico, ampliato ed elettrificato con perizia e classe assoluta dall’ensemble americano, che modella la materia folk onesta, sincera e commovente di Roky senza invadenza e con eleganza da vendere.
Questo è il compendio di un uomo che mette a nudo la propria coscienza, sublimandola in 12 tracce di folk-rock grezzo, levigato e dipinto dalle mani sapienti degli Okkervil River.
Passando per il gospel solitario di Ain’t Blues So Sad, le atmosfere pastorali che bruciano di calore famigliare di Be and Bring Me Home, il sorriso beffardo di Bring Back The Past e la ballata di pianoforte e voce Please Judge, si arriva a sigillare una vita di sofferenze e soprusi con la M-A-G-N-I-F-I-C-A ballata folk-rock Goodbye Sweet Dreams: calda, malinconica e toccante come il sole al tramonto, deflagra inesorabile contro le barriere del cuore.
Una collezione di brani splendenti di eterna luce salvifica.
Tweet