R Recensione

9/10

Legendary Pink Dots

Any Day Now

I britannici Legendary Pink Dots, fondati da Edward Ka-Spel all'inizio degli anni '80, sono uno dei molti progetti musicali di alto profilo creativo rimasti ampiamente sottovalutati e ignorati dal grande pubblico. Aldilà del fatto che la loro produzione discografica conta decine di titoli ed è stata piuttosto dispersiva (come accade in genere agli artisti che non devono fare i conti con vincoli contrattuali e con le classifiche), i Legendary Pink Dots hanno firmato alcuni album notevoli in cui confluiscono vari generi senza perlatro allaccirsi a nessun filone particolare.

"Any Day Now" è forse uno degli esempi più completi della loro musicalità e verte su temi che spaziano dalla psichedelia intimista al kraut-rock, dal synthpop decadente alla musica da cabaret, inanellando una serie di brani che pur con vari registri riesce ad arrivare ad una coerenza stilistica inattesa. Disco uscito nel 1987 - in sordina e notato solo da attenti appassionati - questo capolavoro della canzone ombrosa ed evocativa sfiora atmosfere sicuramente legate alla forma mentis di molti musicisti, con un approccio canoro che ricorda ora Barrett ora Ian Curtis, ma un substrato sonoro che non lascia in magazzino alcuno strumento. Dai sintetizzatori alle trombe, dalla chitarra con l'overdrive al pianoforte, Ka-Spel e soci spaziano con abilità nell'universo timbrico di orchestre e gruppi rock, dando vita ad un lungo racconto intriso di emozioni alterne e sentori apocalittici.

Tipica caratteristica della loro stesura l'inserimento in mezzo a quasi ogni brano di un intermezzo che sospende la tensione e il ritmo, creando una sorta di stato di riflessione emotiva. Ma tipica anche l'enfasi drammatica con cui i testi emergono dal magma sonoro, dando l'impressione anche in chi non li traduce dall'inglese che i legendary non siano propriamente votati ad una solare aspettativa di miglioramento del mondo.

Tra un bagliore esoterico e l'altro, l'album prende vita con il recitativo elettronico di "Casting the Runes" per proseguire con la jazzata ballad "A Strichnine Kiss" e il trasognato pianoforte di "Laguna Beach", che sembra voler spezzare per un attimo l'oscurità con un anelito onirico di esotico abbandono. Quindi la contrappuntata lunaparkeska "The Gallery" - con stridenti violini e un cantato imperiosamente brechtiano - e la tragica "Neon Mariners", martellante di synth-bass e percussioni metalliche alla Depeche Mode che si ispira ad un incidente di navigazione realmente accaduto.

Al giro di boa dell'allora lato B troviamo l'ansiogena "True Love" - con una vorticosa miscellanea di elettronica, cori e chitarre filtrate - il brevissimo beffardo divertissment "The Peculiar Fun Fair" - con pianola pestata in stile cinema muto - e la gloriosa suite in più movimenti "Waiting For The Clouds", autentico manifesto della band e delle capacità alchemiche di Ka-Spell. Quest'ultimo brano, lungo oltre 10 minuti, non lascia indifferente neppure l'ascoltatore più distratto, evocando atmosfere profetiche penetranti con il suo canto malinconico e ineluttabile, i suoi pianoforti chiaroscurali, il suo incedere crepuscolare fino all'intermezzo di matrice più kraut-psichedelica in cui al tema di una tromba solista segue un'elaborazione in chiave fusion-rock del tema stesso; fino al funereo epilogo che esprime la visione di un futuro più vicino di quanto si pensi.

A chiudere "Cloud Zero", pezzo quasi eslcusivamente pianistico-vocale in cui le atmosfere del brano precedente riaffiorano con taglio minimalista e si stendono cupe su quel futuro prima descritto con allucinata lucidità.

"Any Day Now" riesce così a centrare un obbiettivo spesso perseguito dai Legendary Pink Dots e di difficile messa a fuoco in altri dischi. Mescolando passione ed esperienza in una fase cruciale della musica contemporanea, in cui il cosiddetto periodo post-punk stava dando modo di rimettere in gioco una miriade di genere vecchi e nuovi - pur imponendo una cifra stilistica di cui difficilmente ci dimenticheremo, ovvero gli anni '80 dei Duran e di Fame, dei dark e del rullante fracassone - il progetto di Ka-Spel buttava un occhio al futuro ed uno al passato equilibrando l'humus su cui cantare cupe e grottesche percezioni; senza curarsi troppo del fatto che allora il prog-rock non faceva gola e che le trombe emozionavano solo i fan di Tina Turner.

Non a caso, questo è un lavoro che è durato nel tempo e che gode di ottimi riscontri a distanza di vent'anni tra i cultori dei generi più diversi. Questa variegata compattezza di scorci musicali, unita agli ingredienti esoterico-romanzeschi delle liriche e alla padronanza degli arrangiamenti, soddisfa il palato e invita al riascolto: cosa che ultimamente ben pochi album sembrano in grado di fare.

Disco da procurarsi assolutamente.

Peccato - ribadisco - che i Legendary Pink Dots siano rimasti un fenomeno di nicchia e inevitabilmente invischiato nella prolissità produttiva che ha diluito i suoi momenti più incisivi.

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