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R Recensione

9/10

El-P

I'll Sleep When You're Dead

Uno dei grandi meriti del peer-to-peer, è quello di aver definitivamente avvicinato attitudini e ascolti fino a quel momento difficilmente compatibili: nella prima metà dei Novanta, e via via andando indietro, non era affatto semplice trovare chi ascoltasse trasversalmente rock, hip hop, techno - per quanto, a differenza della nostra, la stampa internazionale non sia mai stata recalcitrante a riguardo (si veda anzi un NME disposto a premiare per due anni di fila i Public Enemy). Oggi come oggi però la mescolanza è assoluta, e il confine è diventato praticamente invisibile.

I generi che hanno maggiormente assorbito gli effetti di questa trasformazione sono quelli che prima della deflagrazione informatica risultavano immersi più di altri nel proprio contesto: hip hop in testa. Con questo non si intende affermare che il vecchio rap fosse conservatore (tanti album storici risultano a tutt'oggi fantasiosi e sopra le righe), fatto sta che dischi dalle strutture simili a quelle di cLOUDDEAD, Dalek, El-P e molti altri, negli anni Novanta non sarebbero stati possibili (anche perché, a scanso di equivoci, in quel momento l'hip hop esplorava altre strade: si sta facendo un discorso di cambiamento formale, non di dislivello qualitativo).

Non è quindi un caso che "I'll Sleep When You're Dead" sia zeppo di featuring tratti dall'universo indie-rock (artisti dal background piuttosto distante, sia fra loro, sia da El-P), all'insegna di tentativi sperimentali e brani dallo sviluppo composito, opposto al semplice flusso rap.

I pezzi cambiano spesso struttura senza alcun preavviso, e quando non lo fanno, riescono comunque a far perdere l'orientamento grazie al frastuono degli innumerevoli sample. Gli arrangiamenti inglobano voci effettate, psichedelia, soul, industrial e ambient (diversi i momenti tenuti sul filo del rasoio da tastiere con retrogusto cosmico).

Apre le danze un sample da "Fuoco cammina con me" di David Lynch: introduzione esplicativa delle atmosfere che si andranno a incontrare. I Mars Volta trasformano così il finale di "Tasmanian Pain Coaster" in una versione dark dei Funkadelic; "Flyentology" ospita Trent Reznor alla voce mentre i beats trasfigurano l'old school mediante visioni cyber; "Run The Numbers", con Aesop Rock a scandire feroce, è sorretta da beep electro e sample jazzati (sorprendente il finale: uno strato di synth gracchiantti proiettati verso il centro dell'universo). In "Poisenville Kids No Wins" tocca a Cat Power tenere banco: quasi irriconoscibile, sfoggia un canto pregno di negritudine, prima di scomparire in "Reprise", apocalittico strumentale che conclude l'album.

Benché con simili premesse verrebbe da pensarlo, i testi non trattano di fantascienza, pur mantenendo una certa cupezza: da una parte le vite rovinate, la strada e quant'altro già caro all'hip hop di un tempo, dall'altra il sentore distopico che l'America post-11 settembre sta ancora smaltendo. Fino all'epico vertice emotivo di "The Overly Dramatic Truth", disperata esplorazione interiore in cui un rapporto sessuale diventa pretesto per fare a pezzi la propria autostima, già minata da un mondo circostante evidentemente troppo crudo.

"I can't stop unless you're dead

it's so simple, open head

I will knit my savage thread

help me help you, walk away

leave this un-amazing grace

you don't know you from pure disgrace

you still think I'm here to save

I'm not even really here

I can't give what I can't take."

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 3 voti.
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Teo 10/10

C Commenti

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ozzy(d) (ha votato 8 questo disco) alle 17:33 del 6 dicembre 2010 ha scritto:

Gran bel disco.