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R Recensione

8/10

Times New Viking

Dancer Equired

Deve esserci scritto da qualche parte nella grande storia dell'universo un piccolo ma fondamentale corollario alla legge di Murphy che, per i pochi che non lo sapessero, ci spiega nella sua semplicità (“Se una cosa può andar male, lo farà”) l'andamento del mondo. Tale corollario si può sostanzialmente riassumere nel motto “si nasce incendiari e si muore pompieri”, codicillo applicato spesso al mondo della politica (spiegando peraltro perfettamente il fatto che un partito come il PCI si sia trasformato in varie fasi fino all'attuale schifezza del PD), ma che ci torna utilissimo anche in campo musicale, per spiegare le “degenerazioni” moderate di certi gruppi e artisti.

I Times New Viking rientrano in questo discorso: una serie di album incendiari (tra cui ricordiamo "Present the Paisley Reich" e "Rip It Off") li hanno fatti emergere come una delle realtà più importanti del movimento shitgaze/weird punk, ossia di quell'underground americano che ha visto sorgere recentemente un bel po' di gruppetti dediti ad un punk minimale, violentissimo e disperatamente low-fi. Per molte persone tristi si tratta solo di “rumore”, ma noi sappiamo che Lester Bangs avrebbe apprezzato e sostenuto la scena a spada tratta se la legge di Murphy non fosse stata così fiscale a suo tempo.

Fatto sta che quel gruppo casinaro che conoscevamo non c'è più. Al loro posto ci sono tre ragazzi con gli stessi nomi e lo stesso aspetto fisico (probabilmente cloni) che suonano un delizioso indie-pop ripulito di ogni grezzume punk. Ai riff low-fi si è sostituito un leggero sottofondo shoegaze impreziosito da tastierine '60s da figli dei fiori psichedelici (particolarmente evidenti nell'opener "It's a Culture"). Predominante risulta la cura delle melodie, impreziosite da arrangiamenti sonori accuratissimi. Il risultato è un sound che si avvicina allo stile C-86: mostri sacri come Beat Happening, Pastels, Yo La Tengo, Guided By Voices e tanti altri che hanno rimodulato il verbo indie nei '90s come Pavement (sentire "Don't go to Liverpool" e la sublime "Want to Exist"), Built to Spill e via dicendo.

I pezzi variano tra sfumature più poeticamente dolci e a luci soffuse ("No Room to Live", "Ever Falling in Love", "Downtown Eastern Bloc", "No Good"), spregiuticati pop adolescenziali e spensierati ("New Vertical Dwellings") e scazzature più acide in stile Brian Jonestown Massacre ("Somebody's Slave"). Il piglio più accattivante e graffiante del gruppo torna fuori in brani come "Try Harder", "California Roll", "More Rumours", "Fuck Her Tears", in cui riemerge uno spirito ribelle e giovanil-cazzuto che se non rimanda al punk quanto meno ripropone scaglie di garage di buon livello, a tratti assai più simile a certe cose di Black Lips e Sleater-Kinney.

I Times New Viking suonano dunque lontani anni luce dagli anni passati eppure mai come ora sono stati così sfavillanti e perfetti. Dancer equired è un disco pop delizioso senza essere particolarmente originale e senza neanche avere delle hit particolarmente trascinanti e travolgenti. È l'insieme che ammalia. Una mezzoretta di musica senza sbandature o cali di tensione. Solo puro e cristallino indie-pop proposto in 14 canzoni tutte vigorose, piene di spunti ed in grado di variare emotivamente e ritmicamente quel tanto che serve. L'ultimo album pop che poteva lasciare queste sensazioni forse era l'esordio dei Pains of Being Pure at Hearts. Se è così la vita da pompieri musicali direi che poteva andarci sicuramente molto peggio...

 

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 3 voti.
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rael 7/10

C Commenti

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REBBY alle 18:20 del 17 novembre 2011 ha scritto:

c(*i_i*)ciao Alessandro ghgh

Sono una delle tristi persone che pensa che prima facessero troppo "rumore". Ammetto che qui andiam meglio, ma non sembrano davvero dei fenomeni eheh