Mi Ami
Watersports
Bisogna farsene una ragione. Non sempre si raccoglie proporzionalmente a quanto si è seminato. Pensate alla Touch & Go, ad esempio. Etichetta storica (e con un catalogo invidiabile) che ha appena chiuso bottega, o quasi. Un segno dei tempi, dicono. Sarà, ma ad osservare le ultime pubblicazioni dell’etichetta statunitense il rammarico è enorme: i figliocci di Pitchfork Crystal Antlers (gente di cui sentiremo parlare a lungo), i promettenti Sholi e questi Mi Ami, prodotto Quarterstick per il quale la Touch & Go si adopera nel nuovo ruolo di distributore/cassa di risonanza.
Non proprio dei novellini i Mi Ami, che nascono dal sodalizio tra il batterista Damon Palermo e gli ex-Black Eyes Daniel Martin-McCormick e Jacob Long. E proprio dalle sonorità dalla band di provenienza prende il via questo nuovo progetto: post punk sferzato no-wave; asciutto, violento e cieco. Ma c’è del nuovo: abbandonati alcuni tratti caratteristici dei Black Eyes e del genere cui facevano esplicito riferimento (l’uso del sax, qui praticamente abbandonato, così come certi riferimenti noise), i Mi Ami puntano dritti verso sonorità punk funk, interamente basate su contrapposizioni diametrali illustrate dalla dicotomia bianco (punk) / nero (funk).
In quest’ottica devono leggersi la lotta intestina tra il basso dub e la sezione ritmica afro-beat da una parte e la voce lacerata e nervosa sorretta da chitarre ruvide dall’altra (“Echononecho” improbabile quanto efficace punto d’incontro tra il Pop Group e Fela Kuti); così come la danza tribale squassata dal muro chitarre di “The Man in Your House” o il debordante assalto post-punk della programmatica “New Guitar”, che sul finale si trasforma in un trascinante (e, perché no, ballabile) funk bianco. Colonna portante nell’estetica sonora del trio di San Francisco è sicuramente il ritmo: non solo quello afro-funk di cui si è già detto, ma anche quello più marcatamente math-rock e percussivo di “Pressure”, brano in cui si mette in evidenza l’isterica interpretazione vocale di un Martin-McCormick in evidente stato di grazia.
Feroci, selvaggi e fuori controllo come i migliori Liars, caotici come i Black Dice e martellanti come i primi Rapture. Una combinazione talmente devastante da spedire “Watersports” dritto tra i migliori dischi di questo girone d’andata 2009.
Anche perché il tutto è pervaso, in maniera sinistra e sottilmente terrificante, da un senso generale tanto vicino al free-jazz degli anni '60 come alla disco music, al punto da riportare alla mente le prime irrispettose incursioni dell’uomo bianco nella savana africana, quando, armato di telecamera e fucile di precisione, rompeva il naturale fluire delle abitudini locali scorrazzando rumorosamente e con invadenza tra antichi villaggi abitati da sguardi fieri e pacifici. Quello strappo culturale violento e sconvolgente che abbiamo conosciuto guardando “Cannibal Holocaust”. Per intenderci, se la world music è la colonna sonora di Quark, i Mi Ami sembrano la sonorizzazione degli “Shockumentaries” di Jacopetti e Prosperi.
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