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R Recensione

5,5/10

Meg

Imperfezione

L'imperfezione come stile di vita. Abbandonare quella razionalità che ci attanaglia e vivere di istinti. Lasciare la mente in standby e seguire il cuore. Spingerci in ciò che ci piace, ciò che ci muove.

Questo il concetto che sta alla base del terzo album solista di Maria Di Donna, Meg, ex voce dei 99 Posse che è però stata capace di crearsi una linea propria. Anche fatta di elettronica, anche fatta schiettezza e ironia.

Concerto per” apre il disco: suoni lattiginosi, evocativi, lontani. Napoli nell'aria, mi verrebbe di ribattezzarla Napoli 2.0. Una città nuova, ricoperta di modernità e spensieratezza. Il brano è carico, variegato, con un arrangiamento sontuoso e – a tratti – ingombrante. Siamo però lì: troppo simile al pezzo che ha anticipato “Volta” di Björk: “Earth Intruders”. Si potrebbe pensare a un omaggio, in caso contrario potremmo parlare di trasposizione in italiano del sopracitato brano björkiano. Il pezzo è identico anche nella coda: rumori metropolitani entrano prepotentemente nelle note che ancora corrono. È pero divertente, luminoso: concentra tutto ciò che sentiremo nel resto dell'album.

Il confine tra me e te” abbiamo già avuto modo di metabolizzarla nell'arco dei mesi scorsi: brano minimale, ballad autentica, voce della partenopea in primo piano. Non mancano però intromissioni elettroniche quasi a voler rendere meno prevedibile il finale e appesantirlo, in senso positivo questa volta. In coda si cambia registro, tripudio di sintetizzatori e voce, sempre dolce, sempre ben ancorata.

La divertente “Imperfezione” rimanda a “Medulla” (“Triumph of a Heart”?). Ironica come del resto lo è la clip che accompagna il pezzo.

Occhi d'oro” è la track più personale ascoltata finora: ma chiaro, la cifra musicale è la medesima vista nelle precedenti tracce: ancora l'unione. Ancora la città sullo sfondo. Napoli? New York? Sono uguali (sì, ok, non esageriamo) quando si è nel posto in cui si sta bene dimentichiamo le paure, restando mano nella mano con quella persona che vogliamo lì. Sentirsi unici anche quando si è piccoli, quando si vive in “un mondo in miniatura” ed essere assolutamente parte della vita.

Qualche rimando alla musica trance per “Illumina la notte” e l'elettronica aspra degli anni '90.

Skaters”: dove abbiamo già ascoltato la melodia? In Imperfezione”? Il confine tra me e te”? Ora sembra quasi un gioco. Le note si ripetono e gli strumenti utilizzati anche. E con questa torniamo nuovamente a “Volta”. La melodia si muove su metriche irregolari e la voce quasi sussurrata; gli archi sovrastano i synth e i synth sovrastano gli archi. Qui come un promemoria ribadisce di voler rinnegare quella terribile razionalità (e ora di smettere i vestiti che non vanno più) e lasciarsi andare. Anche la voce è diversa: più sottile, quasi incerta. Non più ancorata a terra, forse più autentica e sembra quasi si prenda meno sul serio. Sta cantando per se stessa, nella sua stanza. E il suo cielo.

Parentesi” suona veloce. Corre spedita tra suoni che rimandano agli anni ottanta. Si immedesima nei giovani di oggi e prova a capire se il loro paese, l'Italia, possa offrirgli davvero quello di cui hanno bisogno. E quegli stessi ragazzi partono con i loro bagagli a mano, pochi vestiti e un cuore più grande del solito e hanno una terribile voglia di tornare a casa pari alla voglia di non farlo mai più.

Anche “Promemoria” l'abbiamo già ascoltata nei mesi scorsi e la precedente canzone ne fa da ponte. È la traccia che ci ha avvicinato in questo nuovo percorso di Meg: anche qui l'arrangiamento è molto scarno, forse più personale rispetto alle altre. Più pura. Interessante. Non di facile assimilazione. Si rimane sospesi, la sua voce è sospesa. Autentica.

Si finisce con “Estate”, cover di Bruno Martino datata 1960. Già presentata precedentemente, è stata qui stravolta e spogliata dei sintetizzatori e ricoperta di strumenti a fiato rendendola forse un po' troppo pesante e ostica all'ascolto. Meglio l'elettronica ingombrante della precedente versione.

In conclusione, tolte le tracce precedentemente presentate come singoli (“Promemoria”, Il confine tra me e te” ed “Estate”) rimangono i sei pezzi inediti: poche per un ritorno dopo una pausa discografica durata sette anni. E ancora, poco in confronto a quanto costruito negli anni dalla napoletana. Produzione molto buona – affidata a Mario Conte – e ci inorgoglisce ascoltare un'artista col coraggio di mettersi in discussione e proporre qualcosa di non facile impatto, non necessariamente appetibile per il mercato discografico.

Fatta questa premessa Meg ci perdonerà per i continui rimandi a Björk, ma forse è anche vero che non ci potremmo aspettare nulla di molto diverso da quanto ascoltato.

Il voto sarebbe un sette, mi ripeto, per la produzione buona, quattro invece essendo un po' oggettivi e rendendosi conto che a livello di contenuti c'è qualcosa di già ascoltato e ormai archiviato. Quindi media...

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fabfabfab alle 12:58 del 3 maggio 2015 ha scritto:

Porella lei è brava secondo me. E che - come giustamente segnala Nicol - sto spettro di Bjork è diventato troppo evidente.